Semi-lockdown, l’ipocrisia della maggioranza incapace di governare la crisi
Renzi attacca l’ultimo Dpcm scatenando l’ira del Pd: “Non è serio stare in Cdm e fare opposizione”. Ma la sensazione è che manchi (ancora) una strategia di lungo respiro
Che il semi-lockdown instaurato con l’ultimo Dpcm del 24 ottobre avrebbe scatenato proteste e rivolte era facilmente prevedibile. Meno scontato era che le prese di distanza provenissero anche dall’interno della stessa maggioranza rosso-gialla. Che deve decidere cosa vuol fare da grande, attuando una strategia di lungo respiro che consenta di governare l’emergenza, senza limitarsi a inseguirla.
Semi-lockdown, il j’accuse di Italia Viva
«Chiudere di nuovo le scuole è una ferita devastante. Servono i tamponi rapidi a scuola, non i banchi a rotelle. Servono le aziende private per i trasporti, non complicate regole sulla didattica a distanza. Servono più posti in terapia intensiva, più personale sanitario e un sistema di tracciamento degno di questo nome, non generiche raccomandazioni ai cittadini. Serve far funzionare in modo efficiente e sicuro la macchina dei test, non chiudere i teatri e i ristoranti che rispettano le regole, perché questo crea un effetto a catena in tanti settori».
Diagnosi quasi impeccabile. Il problema è che l’ha fatta, nella sua ultima Enews, l’ex Premier Matteo Renzi, leader di Italia Viva, cioè uno dei partiti che sostengono il Conte-bis. Aggiungendo che il Governo dovrebbe spiegare «quali sono i dati scientifici e le analisi sui quali si prendono le decisioni: i dati scientifici, non le emozioni di un singolo Ministro».
Non è stata l’unica frecciata che l’altro Matteo ha rivolto all’esecutivo. «Va bene rinunciare a molte libertà per il virus. Ma chiudere i luoghi di cultura e di sport è, invece, un errore: è più facile contagiarsi sulla metropolitana che a teatro. E la chiusura dei ristoranti alle 18 è tecnicamente inspiegabile, sembra un provvedimento preso senza alcuna base scientifica. A cena il Covid fa più male che a pranzo? E per chi si era attrezzato valgono le stesse regole? Ci rendiamo conto del danno economico devastante?»
Infine, la richiesta al bi-Premier Giuseppe Conte affinché «cambi il DPCM, nella parte su ristoratori, luoghi di cultura e attività sportiva». Come del resto aveva già esortato il renzianissimo Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova.
Le reazioni nella maggioranza
Il durissimo j’accuse di Iv ha subito scatenato l’ira del Pd, il partito che più di tutti ha spinto per inasprire le restrizioni. E che non intende accettare il ruolo del villain quando la decisione di varare il Dpcm è stata, come da prassi, collegiale.
«Vedo molti distinguo da esponenti di Governo, da forze di maggioranza, con iniziative politiche che ritengo incomprensibili» ha contrattaccato il segretario Nicola Zingaretti. «Penso che non siano mai stati seri quei partiti che la sera siedono ai tavoli del Governo e la mattina organizzano l’opposizione rispetto alle decisioni prese la sera precedente. Stare con i piedi in due staffe lo reputo eticamente intollerabile».
Ha invece predicato calma Vito Crimi, reggente del M5S. «Al di là delle singole idee o posizioni, è indispensabile mettere da parte ciò che divide e lavorare alle soluzioni di cui il Paese ha bisogno».
Esigenza che del resto avevamo sottolineato anche noi, continuando a sottoscriverla. E che porta con sé (almeno) due corollari. Il primo, espresso anche dall’ex Rottamatore, è che «serve un piano, una visione, una strategia. Non rincorrere gli eventi, ma prevederli». Il secondo è che la maggioranza rosso-gialla deve avere il coraggio delle proprie azioni. Semi-lockdown o non semi-lockdown.
Semi-lockdown, la maggioranza abbia il coraggio delle sue azioni
Queste due istanze devono andare di pari passo, perché finora uno dei grandi – enormi – problemi nella gestione della pandemia è stata la brevimiranza. Molte, troppe decisioni sono cioè sembrate delle toppe finalizzate a tamponare (è il caso di dirlo) la crisi da coronavirus, ma non a superarla definitivamente.
Perché, per dire, in otto mesi il Governo e la sua pletora di esperti assoldati tra Cts e task-force non hanno saputo rafforzare le terapie intensive? Anche se tutti sapevano che una seconda ondata autunnale era probabilissima? Perché non sono stati in grado di approntare un piano per la riapertura delle scuole che andasse oltre la ridicola trovata dei banchi a rotelle? E perché hanno trascurato il problema dei problemi, l’inevitabile ingolfamento dei mezzi pubblici, limitandosi all’altra pagliacciata dei monopattini? Quando si potevano investire (non “spendere”) i soldi dei contribuenti per noleggiare le vetture delle aziende di trasporto privato?
Per non parlare delle lacrime di coccodrillo di chi ora dichiara che «dovevamo prendere misure diverse» la scorsa estate, quando invece si finanziava il bonus vacanze. O di qualche Governatore che adesso scrive via social che «servono misure severe ovunque», ma tre mesi fa invitava a villeggiare nella sua Regione.
Intanto però si chiudono attività di ristorazione, palestre e piscine anche se si sono adeguate – a loro spese – agli standard clinici imposti dal SARS-CoV-2. Si serrano i luoghi della cultura nonostante in quattro mesi ci sia stato un solo contagiato a fronte di 347.262 spettatori totali.
Il tutto perché «dovevamo ridurre la mobilità». Parola del Ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, che forse non ha sentito ciò che ha detto. Visto che, in pratica, ha ammesso – spocchiosamente, oltretutto – che l’esecutivo rischia di condannare alla fame interi comparti per l’incapacità di potenziare il trasporto urbano.
Proteste e rivolte
Nessuna sorpresa, poi, che intere città scendano in piazza, considerato che lo stesso Giuseppi ha affermato che, «se fossi dall’altra parte, anche io proverei rabbia». E stiano attenti, i megafoni del pandemicamente corretto, a liquidare questo disagio sociale come “semplice” manifestazione di estremismo. Ci sono anche i facinorosi, che ne approfittano as usual per abbandonarsi a una violenza mai tollerabile. Ma la stragrande maggioranza di chi protesta chiede solo di poter lavorare – dunque vivere. La reductio ad Ducem è patetica in condizioni normali, figuriamoci in emergenza.
Un appello alla maggioranza, quindi: smettete di litigare e rimboccatevi le maniche per il bene degli Italiani. Difendete i provvedimenti che avete adottato, se siete convinti della loro efficacia, oppure abbiate il fegato di cambiarli.
La pazienza è al limite
Vale soprattutto per i renziani, visto che fino a prova contraria fanno parte del Governo. Delle due l’una: o lasciano da parte l’ipocrisia e avallano il semi-lockdown, o fanno saltare il banco. Tertium non datur, se non che “un bel tacer non fu mai scritto”. E non è un caso che si sia maliziosamente fatta notare la tempistica del rinnegamento del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il senatore fiorentino «ha aspettato 24 ore dall’uscita dell’ultimo dpcm: ha visto le proteste e il malcontento, e si è accodato». Fuori tempo massimo.
Occhio, dunque, con questi giochini, perché la pazienza dei cittadini è decisamente al limite. E, proprio come una corda, un’eccessiva tensione può farla spezzare da un momento all’altro. “Chi ha orecchi per intendere, intenda”.