Si scrive Metro C, si legge danno erariale
Il M5S Roma presenta un esposto alla Procura per possibile danno erariale. Tutta la storia della metro C
“Presunto danno erariale derivante dall’accordo del 9.9.2013, definito mero ‘Atto Attuativo della Delibera CIPE n. 127 dell'11 settembre 2012 e conseguente adeguamento del contratto del 12 ottobre 2006’ ”. Recita così l’intestazione dell’esposto alla Procura della Repubblica, in merito alla neverending story che riguarda la metro C. Firmatari dell’sposto sono i 4 consiglieri capitolini del Movimento 5 Stelle Roma – Marcello De Vito, Enrico Stefàno, Virginia Raggi e Daniele Frongia. L’esposto ripercorre tutte le tappe relative alla realizzazione della tratta C della metropolitana di Roma. Siamo al 14 ottobre 2014, e la prima tratta della metro C Pantano-Centocelle, avrebbe dovuto essere già in funzione. Invece, tutto tace. Facciamo quindi un passo indietro.
PRIMI PASSI VERSO LA METRO C. Siamo nel 2001, e il CIPE approva il Programma Infrastrutture Strategiche, all’interno del quale vengono inserite delle opere infrastrutturali ritenute indispensabili per l’ammodernamento del Paese. Tra queste, anche la metro C. Nel 2003 la Giunta Comunale dispone la “realizzazione del tracciato fondamentale della Linea C”, e cioè quello individuato “nelle tratte da T2 a T6”, con relativo affidamento ad un Contraente Generale. Con una memoria di Giunta del 7 ottobre viene istituita una struttura organizzativa ad hoc cui ‘accentrare le responsabilità connesse al supporto per la realizzazione dei lavori’: questo soggetto è la SOM Srl (Servizi Operativi per la Mobilità), una società di secondo livello, che poi, con un cambio di denominazione sociale, diventa la più nota Metropolitane Srl.
Dopo che il Consiglio Comunale, nel gennaio del 2005, approva lo “schema di Convenzione per la regolamentazione dei rapporti tra Comune di Roma e Roma Metropolitane”, viene indetta, proprio da Roma Metroplitane, la gara per l’affidamento ad un Contraente Generale per la realizzazione della tratta da Monte Compatri/Pantano a Clodio/Mazzini. Si aggiudica la gara, nel febbraio 2006, il raggruppamento temporaneo di imprese ATI Astaldi, cui fanno parte la Astaldi Spa, quale mandataria, e le mandanti Vianini Lavori Spa, Consorzio Cooperative Costruzioni e Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari Spa. Tutte queste imprese costituiscono la Società di progetto Metro C S.c.p.A., che assume il ruolo di Contraente Generale. Nell’ottobre del 2006, quindi, Roma Metropolitane sottoscrive con Metro C Scpa il contratto di affidamento per la realizzazione della tratta C.
LE COSE INIZIANO A COMPLICARSI. Il Contraente Generale notifica, nell'ottobre del 2007, una domanda di arbitrato, in pendenza del quale viene però concordato tra Roma Metropolitane e Metro C un adeguamento del contratto (verbale d’accordo del 12 giugno 2008): è previsto che la prima fase attuativa della realizzazione della metro c sia suddivisa in 3 fasi, con relativi termini: Monte Compatri/Pantano – Centocelle: 31 dicembre 2011; Centocelle/Lodi: 31 ottobre 2012; Lodi/S. Giovanni: da definire dopo l'approvazione della ‘Variante S. Giovanni’. Quest’ultima variante verrà approvata nel luglio del 2009.
Un anno dopo, Metro C chiede a Roma Metropolitane di avvalersi di un secondo accordo bonario. Si arriva quindi alla trasmissione di un Nuovo Programma Lavori, relativo alla Prima Fase strategica, con relativa richiesta di una nuova determinazione delle date di ultimazione delle tre sottofasi, tutte differite di un anno. Il Cda di Roma Metropolitane accetta “solo parzialmente” il Nuovo Programma Lavori e Metro C, allora, integra la domanda arbitrale con nuove riserve. A questo punto, Roma Metropolitane costituisce un Comitato paritetico, sotto la supervisione di un Magistrato della Corte dei Conti, che valuti le controversie insorte durante l’esecuzione dei lavori.
Il Comitato porta a termine il suo lavoro, e Roma Metropolitane elabora con Metro C un secondo Atto di Transazione, approvato poi con deliberazione dell’8 settembre 2011 dal cda di Roma Metropolitane: il Contraente Generale rinuncia alle pretese oggetto di alcune delle riserve e viene concordato il pagamento forfettario di un importo complessivo di 230 mln.
L’Atto viene poi trasmesso al Ministero dei Trasporti, che si rivolge all'Avvocatura Generale dello Stato, la quale riconosce al Ministero il potere-dovere di valutare lo schema di accordo. Entra nuovamente in campo il CIPE, che, con deliberazione n.127 dell’11 dicembre 2012, approva l’Atto e fissa la copertura economica dello stesso: Roma Capitale: quota di euro 157.932.734,96; Stato: quota di euro 81.154.982,35; Regione Lazio: quota di euro 13.912.282,69.
A questo punto, l’assessore pro tempore alla Mobilità e Trasporti, Antonio Aurigemma, vista la “più completa autonomia” di Roma Metropolitane, decide di assumersi la responsabilità di verificare e controllare qualunque atto o attività inerenti la gestione del contenzioso, che avessero dovuto essere intrapresi nel futuro. Da questo momento in poi, non si muove foglia che l’Assessorato alla Mobilità non voglia.
Cambia la maggioranza e interviene l’assessore Guido Improta, che però “ha nuovamente affidato a Roma Metropolitane la valutazione dell’ipotesi transattiva attraverso l’esecuzione di una due diligence, da parte di ‘soggetti di acclarata professionalità e indipendenza’, non potendo l’Assessorato stesso ‘procedere a valutazioni di carattere tecnico-specialistico, né essendo istituzionalmente a ciò deputato’ ".
L'ACCORDO INCRIMINATO. Roma Metropolitane e Metro C, quindi, “autonomamente e senza l'assenso preventivo degli enti cofinanziatori, hanno stipulato in data 9 settembre 2013 un ulteriore accordo, il terzo, definito ‘Atto Attuativo della Delibera CIPE n. 127 dell'11 settembre 2012 e conseguente adeguamento del contratto del 12 ottobre 2006’ " – l’atto incriminato e oggetto dell’esposto alla Procura della Repubblica da parte del M5S Roma.
La Giunta Comunale, quindi, chiede un parere all’Avvocatura di Roma in merito all’Atto. Il parere, da esprimere entro 3 giorni, arriva ma non è esaustivo: l’Avvocatura sostiene di aver avuto poco tempo per completare “una attenta attività istruttoria”. Questo atteggiamento, viene condannato anche dall’allora assessore al Bilancio e Razionalizzazione della Spesa, Daniela Morgante, che condanna “l’irregolarità degli atti prodotti” e “in particolare del parere della stessa Avvocatura a sostegno di un pagamento a favore di terzi privati ‘di ben 224 milioni di euro, importo non oggetto né del bando di gara né della relativa aggiudicazione’ ”.
L’assessore al Bilancio, infatti, rileva come spetti a Metro C, in qualità di Contraente Generale, assumersi “l’intera alea della realizzazione di un’opera finale il cui progetto egli stesso ha contribuito a formare, assumendosene l’obbligo di realizzarla con i relativi oneri e rischi complessivi”. Al contrario, l’Accordo transattivo e l’Atto Attuativo alterano questo rapporto, “riversando sul committente pubblico buona parte dell’alea che invece competerebbe al Contraente Generale”. Non solo. L’Atto del 9 settembre 2013, adottato al di fuori della procedura di bonario accordo e attuativo del precedente Accordo transattivo e della delibera CIPE n. 127/2012, va “oltre quelle che sono le prestazioni canonizzate in detti atti precedenti, ‘aggiungendo’ ulteriori 90 milioni a favore di Metro C, milioni che non trovano alcuna corrispondenza negli atti precedenti”.
10 anni e più di storia controversa e solo nel 2013 il Segretario Generale ha deciso di istituire una ‘Commissione per la verifica della corretta gestione dei rapporti tra Roma Metropolitane e il Contraente generale, relativi alla realizzazione della Linea C della Metropolitana di Roma’, anche in considerazione del fatto, finalmente messo in luce, che Roma Capitale, in qualità di socio unico azionista della suddetta Società, ha l’obbligo di vigilanza sull’andamento generale della stessa.
DANNO ERARIALE? Tutto questo – unitamente al fatto che l'Atto ha ridefinito le obbligazioni del Contraente Generale, limitandole alla sola esecuzione dei lavori, e ha anche previsto il pagamento per i lavori già eseguiti in ciascuna fase funzionale, per un totale di Euro 65.370.495,23 euro – potrebbe, secondo il M5S Roma, far “ravvisare un potenziale danno alle risorse pubbliche, in contrasto sia con le leggi che regolano la contabilità dello Stato e sia il comportamento ‘del buon padre di famiglia’ che si richiede a chi determina e gestisce ingenti rilevanti opere e progetti finanziati con risorse pubbliche”. Senza considerare che le 45 varianti al progetto sono state approvate da Roma Metropolitane, mentre ci si chiede se queste non “presupponessero un atto di approvazione del Consiglio Comunale”.
Questi elementi, che sono già finiti in un’interrogazione in Campidoglio, datata 2 luglio 2014 a firma dello stesso M5S Roma, finiscono ora sui banchi della Procura della Repubblica, chiamata a verificare che “in relazione all’accordo del 9.9.2013 (…) sia o meno prefigurabile, a carico dei vertici della Società Roma Metropolitane, del Sindaco Ignazio Maria Marino, dell’Assessore Guido Improta, degli Avvocati (….) dell’Avvocatura estensori del parere richiamato in premessa e dei ‘soggetti di acclarata professionalità e indipendenza’, non noti, incaricati di svolgere la due diligence propedeutica all’accordo, qualsivoglia responsabilità amministrativa e/o per danno erariale".