Siria, sit-in a Roma per denunciare la complicità della Turchia
Fronte Europeo per la Siria e Comunità Siriana in Italia uniti per diffondere la verità sulla guerra in Siria
Questa mattina una quarantina di attivisti di “Fronte Europeo per la Siria” e “Comunità siriana in Italia” hanno dato vita ad un sit-in di protesta davanti all’Ambasciata di Turchia, in Via Palestro a Roma. Come spiega Ilaria De Candia, portavoce del Fronte, “il luogo non è stato per nulla casuale, abbiamo deciso di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla guerra in Siria denunciandone un aspetto affatto secondario, ovvero il comportamento complice della Turchia che sta palesemente finanziando i terroristi che combattono in Siria contro le truppe governative del Presidente Bashar Al-Assad”.
Il sit-in ha suscitato la curiosità dei passanti, molti di loro si sono fermati a domandare, attratti dalle bandiere siriane e dallo striscione recante la scritta ‘Save Kessab, Save Syria’. Kessab costituisce l’estremo lembo della Cilicia armena e, non essendo stata annessa alla Turchia, è l’unica località di quella regione ancora abitata da una maggioranza armena. “Dopo l’alba dello scorso 21 marzo, gli armeni di Kessab sono stati ancora una volta costretti ad abbandonare le proprie case, non è noto il numero delle vittime causato dall’assalto dei jihadisti che hanno potuto agire con il chiaro sostegno della Turchia – spiega De Candia, secondo cui – L’aggressione della Turchia alla città di Kessad, e quindi a tutta la Siria, non è tollerabile e alimenta la pericolosa spirale dell’odio etnico e religioso che il governo turco di Erdogan, incoraggiato dai suoi protettori occidentali, sta perpetrando in tutta la regione, per realizzare i propri piani di dominio, contravvenendo all’amicizia che lega i due popoli”.
La protesta di oggi è l’ultima di una lunga serie, sono infatti più di due anni che Fronte Europeo per la Siria e Comunità siriana in Italia si muovono compatte, in tutto il Paese, nel tentativo di fare chiarezza su quello che sta accadendo in Siria, diffondendo da sempre una versione non allineata a quella ‘ufficiale’. “Il mese scorso eravamo sotto l’Ambasciata dell’Arabia Saudita, oggi sotto quella Turca, noi vogliamo denunciare le ingerenze di Paesi che agiscono e finanziano per destabilizzare un paese sovrano quale è quello siriano”.
Quello che sostengono gli attivisti trova finalmente conferma, seppur tardiva, nelle dichiarazioni del premio Pulitzer Seymour Hersh, apparse ieri su Repubblica. Le affermazioni di Hersh, chiarendo le effettive responsabilità circa l’utilizzo delle armi chimiche in Siria, rimettono necessariamente in discussione anche il ‘dogma della guerra democratica’.
“Da più di due anni cerchiamo di smascherare le mistificazioni che i media quotidianamente perpetrano contro la Siria, nell’agosto del 2013, alla vigilia di quello che sembrava un bombardamento imminente, una delegazione del Fronte europeo era a Damasco, all’epoca tutta si millantava il fantomatico utilizzo di armi chimiche da parte delle truppe governative contro la popolazione, nulla di più falso” – ricorda De Candia. “Noi sin da subito ci eravamo indignati per queste menzogne, secondo il giornalista investigativo Hers l’attacco del 21 agosto nei sobborghi di Damasco non fu provocato dal governo siriano ma dai ribelli. Le accuse ad Assad servivano per provocare l’intervento americano nella guerra civile. Si trattava di un complotto in cui era coinvolta la Turchia di Erdogan: quando si dice ‘meglio tardi che mai’ ” – conclude De Candia.