Sit in per Emanuela Orlandi, 40 anni di silenzio. Ma non è la sola
Il caso Orlandi, invece di un rapimento, potrebbe essere inserito in una vicenda legata alla sparizione di molte minorenni, tutte nello stesso periodo
Il prossimo 25 giugno, Pietro, fratello di Emanuela Orlandi ha organizzato un sit in per mantenere alta l’attenzione sulla scomparsa di sua sorella.
il caso potrebbe non essere isolato. In un documento della questura di Roma del 1983, vengono elencate 177 sparizioni di ragazze minorenni avvenute tra quell’anno e l’anno precedente. Il Giornale ha riportato il 30 gennaio le dichiarazioni rilasciate a più riprese da Giancarlo Capaldo, ex magistrato (e procuratore aggiunto del Tribunale di Roma all’epoca dei fatti). Emergono nuove concrete ipotesi di indagini su questi e su altri casi di sparizioni verificatisi nello stesso arco temporale.
Parliamo di 177 ragazze minorenni. Il documento, di cui IlGiornale.it è entrato in possesso, risale al settembre 1983.
Redatto dalla divisione di Polizia giudiziaria della Questura di Roma, il documento fu consegnato direttamente nelle mani di Domenico Sica, che all’epoca indagava con i giudici istruttori Ferdinando Imposimato e Rosario Priore sulla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Si parlò anche di tratta delle “bianche”
Delle 177 ragazze, 39 sparirono a Roma e dintorni. A sostenerlo, in appoggio ai dubbi di Giancarlo Capaldo, uno studio scientifico, richiesto dall’avvocato di Perugia, Valter Biscotti ed elaborato da due criminologi Franco Posa, direttore scientifico dell’Istituto Neurointelligence, e Jessica Leone, sua collaboratrice.
La ricerca ha svelato che tra maggio e giugno del 1983 nella capitale ci fu una “altissima concentrazione” di ragazze scomparse con un’età media di 15-16 anni. Le scomparse avvennero nella stessa area dove si persero le tracce delle più note Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.
Era un’epoca in cui giravano molte voci, o leggende, sul dilagare dell’eroina per mano di gang di criminali senza scrupoli. Su una fantomatica tratta delle bianche verso paesi arabi. A un certo punto potrebbe essere che gli investigatori abbiano cominciato a preoccuparsi seriamente della sorte di tante, troppe ragazze scomparse e a cercare collegamenti tra le singole vicende.
Fatto sta che su quei nomi non si indagò a fondo, almeno secondo quanto asserisce Capaldo, e forse bisognava farlo. Il numero è verosimilmente notevole. A distanza di tanti anni è ovviamente molto complicato venire a capo di un problema del genere, a meno che non si individui, per indizi scaturiti di recente, qualcosa che colleghi queste sparizioni tra loro.
Altrimenti si resta nel campo delle illazioni e di ipotesi da serie televisiva.
Emanuela Orlandi, riflettori accesi e nuove piste
Da un po’ di tempo si è tornati a parlare sui media della fine di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana scomparsa a soli 15 anni dal centro di Roma il 22 giugno del 1983. Sono passati quasi quarant’anni da quel giorno ma nessuno ha ancora la risposta definitiva.
Ogni tanto emerge una traccia. L’ultima, un nastro di una telefonata che rimanda al papa Giovanni Paolo II e a delle sue uscite segrete notturne, di cui nulla si sapeva. La notizia gettò ombre sul ruolo di Karol Woytila per questa scomparsa.
Il giudice Otello Lupacchini ha dichiarato che l’autore dell’audio è tale Marcello Neroni, uno compromesso con la Banda della Magliana conosciuto come spia. Dunque in contatto con i delinquenti e con i Servizi Segreti.
Nell’audio Neroni parla della sepoltura del boss della Banda Enrico de Pedis nella Basilica di Sant’Apollinare e accusa il Papa: ”Woytila.. (censura) pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava all’interno del Vaticano.”
Secondo Neroni il segretario di Stato Agostino Casaroli avrebbe deciso di intervenire. Disse che ” “Essendo lui esperto del carcere perché faceva il cappellano in riformatorio, s’è rivolto ai cappellani del carcere. I cappellani del carcere uno era calabrese e un altro un furbacchione”.
E ancora “Un certo Luigi, un certo Padre Pietro, non hanno fatto altro che chiamare De Pedis e gli hanno detto sta succedendo questo. Ci puoi dare una mano?”
Il nastro è arrivato come una bomba a riaccendere il caso
La notizia è esplosa come una bomba. Nessuno l’avrebbe ritenuta degna di considerazione se non per il fatto che sono successi troppi i casi di pedofilia tra le fila di eminenti ecclesiastici. Troppe sono ancora le ombre che avvolgono dal 1983 il caso Orlandi, il Vaticano, Ali Agca, i Servizi Segreti. Gli scandali dello IOR e della P2 in cui vennero coinvolti banchieri ed esponenti della Banda della Magliana, tra cui il De Pedis.
Intanto l’onorevole del Partito democratico Roberto Morassut ha chiesto l’istituzione di una Commissione di inchiesta bicamerale sui casi riguardanti la scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori e l’omicidio di Simonetta Cesaroni.
Nella relazione introduttiva non si ipotizza un’unica mano dietro la sparizione e uccisione delle tre ragazze romane. Ma c’è anche chi collega l’uccisione e la sparizione di queste due ad altre 19 ragazze scomparse nell’estate dello stesso anno 1983. Come si vede escono fuori numeri diversi, 177, 39, 19, 12… gettati in pasto al pubblico da una stampa in cerca “tardiva” di soluzioni a casi per lo più insolubili.
Emanuela Orlandi e le dodici vittime: un solo killer?
Alcuni nomi delle ragazze scomparse sono stati pubblicati. Un libro ipotizza un’unica mano, quello di un serial killer, dietro questi gialli.
Se consideriamo tante prove già acquisite sui due nomi principali (di scomparse di cui non è stata mai accertata la morte) e le approfondite indagini sul delitto di via Poma, riguardante la povera Simonetta Cesaroni, mi sembra una tesi azzardata e forse anche un tentativo di depistaggio relativo ai fatti più conclamati.
L’ipotesi del libro-inchiesta del magistrato Otello Lupacchini (quello del nastro che accusa Woytila) e del giornalista Rai Max Parisi “Dodici donne un solo assassino” sarebbe questa. Il numero stavolta è 12, dieci uccise e due scomparse, e sarebbero le seguenti: Mirella Gregori, Rosa Martucci, Augusta Confaloni, Bruna Vattese, Tea Stroppa, Lucia Rosa, Fernanda Durante, Katy Skerl, Cinzia Travaglia, Marcella Giannitti, Giuditta Pennino e infine Simonetta Cesaroni.
Chi ci sarebbe dietro tutti questi gialli insoluti? Nella quarta di copertina del libro inchiesta si “svela l’esistenza di un serial killer responsabile degli omicidi e delle sparizioni. Tutti i fatti di sangue rimasti insoluti, accaduti tra il 1982 e il 1990. L’ultima vittima si chiamava Simonetta Cesaroni‘.
Le ragazze adescate con la scusa di un lavoro
La tesi degli autori è che questo ipotetico killer adescasse le ragazze con una scusa, forse un lavoro piacevole come promozionare profumi della Avon in una sfilata delle Sorelle Fontana.
Le indagini della Polizia di allora portarono alla conclusione che si trattasse di un goffo tentativo da parte di un personaggio squalificato per rimorchiare ragazze (minorenni?).
Tramite una ragazza che aveva avuto il solito approccio dei profumi il Sisde riuscì a catturarlo ma l’uomo, sui 30 anni, figlio di un noto industriale, venne rilasciato per mancanza di prove. Sappiamo solo che le iniziali e finali del suo cognome erano CE e questo basterebbe per coinvolgerlo nel delitto Cesaroni. Vicino alla vittima venne trovato un biglietto con su scritto “CE DEAD OK”, che potrebbe significare tanto Cesaroni morta, quanto il cognome del killer.
Nel libro si ipotizza anche che vi sono analogie tra le pugnalate inferte a Simonetta con quelle trovate sul corpo di Fernanda Durante, anch’essa uccisa con un coltello. Non ho letto il libro e rimando a quel testo chi volesse approfondire ma resto scettico sul fatto che si possano collegare le scomparse delle due 15enni con gli omicidi delle altre e della Cesaroni che di anni ne aveva 21, quando venne uccisa nel 1990 e lontano da quel 1983 di cui si parla per le altre assassinate.
Il caso Mirella Gregori e perché viene associato a Emanuela Orlandi
Mirella Gregori è invece l’altra ragazza scomparsa misteriosamente il 7 maggio del 1983, un mese prima di Emanuela Orlandi e quasi sua coetanea. Mirella viveva con i genitori sulla Nomentana, non era cittadina vaticana come Emanuela.
Il giorno della scomparsa torna a casa alle 14, qualcuno la chiama al citofono e dice di essere Alessandro, un amico. Di fatto Mirella esce dicendo che va ad un appuntamento a Porta Pia con un compagno di classe. Questi nega alla Polizia di averla mai incontrata.
Da quel momento Mirella sparisce. Con chi aveva l’appuntamento? Le ricerche iniziarono subito da parte della famiglia e del fidanzato con un suo amico, che evidentemente era ignaro circa le amicizie di Mirella. Questo caso è stato sempre associato a Emanuela Orlandi dopo tre mesi di indagini.
La madre di Mirella riconosce in una foto sui giornali i possibili rapitori di Emanuela. Due brutti ceffi che erano entrati nel bar dei Gregori pochi giorni prima della scomparsa di Mirella e secondo la madre “avevano fatto un cenno verso mia figlia.” C’è anche un’altra strana connessione.
In una intervista a Vanity Fair Maria Antonietta, sorella di Mirella, ha dichiarato sul possibile collegamento tra i due casi: “Chissà, potrebbe anche esserci, magari quella foto del Papa Wojtyła è un indizio. Avevano visto Mirella parlare con la guardia del corpo del Papa, che abitava vicino da noi. Ma da qui a vederci dei nessi tra le due storie ce ne vuole. Magari la pista è tutt’altra: non dimentichiamoci che allora si parlava ancora della tratta delle bianche, un traffico criminale di donne da avviare alla prostituzione in Paesi stranieri”.
Anche a Chi l’ha visto? le ragazze venivano citate assieme
Il primo elemento che incatena il destino delle due ragazze è il Komunicato I, prevenuto nella redazione Ansa di Milano da parte del Turkesh, il fronte turco anticristiano, il 4 agosto del 1983 che in cambio delle ragazze chiedeva la liberazione dell’attentatore del Papa Alì Agca.
Poi la telefonata, a settembre, al bar dei Gregori “Coppa d’oro” in via Volturno, da parte di presunti rapitori che elencano alla perfezione gli indumenti indossati dalla ragazza, biancheria compresa, al momento della scomparsa. “Maglieria Antonia, jeans Redin con cintura, maglietta intima di lana, scarpe con il tacco di colore nero lucido marca Saroyan di Roma”. Poi, più nulla.
Negli anni a seguire le due ragazze vennero accostate nei vari appelli del Papa Woytila ai loro rapitori, nelle frequentazioni della guardia del corpo papale Raoul Bonarelli, che conosceva Mirella e ad una sua amica confidò che la mano del rapitore era la stessa per i due casi, così come dichiarò un anonimo in una telefonata del 2011 a “Chi l’ha visto”.
Non posso al momento attuale né lasciare un recapito né il mio nome. Telefono a proposito del caso di Orlandi-Gregori, dove due scomparse sono opera della stessa mano. Un’esca interna al Vaticano nel caso Gregori, e un informatore sempre interno al Vaticano nel caso Orlandi. Basta che andiate a rivedere la storia e soprattutto cercate di riparlare con (…) amica di Mirella Gregori, lei sa chi è stata l’esca che l’ha fatta rapire. Ok? Vi richiamerò”.
Due ragazze che non si conoscevano legate da un insolito destino
Le due ragazze neanche si conoscevano, appartengono a famiglie e giri amicali distanti e diversi. Non c’è un solo momento in cui le loro strade si incontrano ma le due inchieste sono sempre state legate ed entrambe archiviate, prima nel ’97 dal giudice Adele Rando e poi nel 2016. Ora si riaccendono i fari su quegli episodi e si spera di riuscire a venirne a capo, anche con l’aiuto del Vaticano e di Papa Francesco.
“Sono fiduciosa, vedo un piccolo spiraglio”, racconta a FqMagazine Maria Antonietta Gregori di due anni più grande della sorella scomparsa. “Quando c’è stata la votazione, aver sentito parlare i deputati di mia sorella mi ha toccato nel profondo. Mirella è stata sempre un po’ messa da parte. La sua storia è stata sempre associata a quella di Emanuela. Ci sono alcuni punti in comune ma forse, grazie a questa commissione, qualcuno riuscirà a vedere da un’altra prospettiva la sua storia, vedendo elementi che non sono stati presi in considerazione. C’è talmente tanta confusione, troppe piste sbagliate. All’epoca non si è approfondita quella più semplice. Voglio la verità, che sia bella oppure no. Almeno saprei dove portarle un fiore. Lo devo ai miei genitori che non ci sono più. Spero quest’inchiesta parlamentare non rimanga sospesa come le nostre vite”.