Slot machine. Ok del Tar Lazio a ordinanza Raggi: che anzi va inasprita
Il provvedimento limita gli orari di funzionamento delle macchinette succhia-soldi. Un minimo di tutela per chi si lascia tentare
Ottima notizia, questa sentenza del TAR del Lazio che ha confermato l’ordinanza “no-slot” emessa dalla Sindaca Virginia Raggi nel giugno scorso.
Ottima per tutti tranne che per due categorie: la prima è quella, odiosa e meritevole di interventi ancora più duri, di chi usa il gioco d’azzardo per riempirsi le tasche sfruttando le debolezze altrui; la seconda è quella dei giocatori compulsivi, ossia delle vittime della suddetta brama di profitto, che almeno in alcune fasi della giornata continueranno a non poter dare libero sfogo alla loro mania, autodistruttiva per sé stessi e spesso con terribili conseguenze sulle loro famiglie.
L’ordinanza, infatti, aveva stabilito che l’uso delle cosiddette slot-machine avesse una serie di limitazioni. “L’orario di accensione – si leggeva nella sintesi diffusa dallo stesso Comune di Roma – è fissato tutti i giorni, festivi compresi, dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle ore 18.00 alle ore 23.00. Al di fuori di queste fasce orarie gli apparecchi, collocati in sale dedicate al gioco e in esercizi autorizzati, dovranno essere spenti, inaccessibili agli utenti, privati dell’alimentazione e scollegati dal sistema”.
Slot Machine: picchia ancora più duro, Raggi!
Giustissimo. Se vieni indotto in tentazione è più facile cedere, nel caso in cui ci si trovi ancora agli stadi iniziali. Oppure è più difficile resistere, qualora invece l’attrazione perversa del rischio sia già entrata in profondità. I dettagli sono importanti: quell’espressione, “inaccessibili agli utenti”, è sacrosanta. Almeno per un po’ il richiamo avvelenato deve essere rimosso, anziché pulsare senza sosta soffiando sul fuoco del desiderio di riprovarci.
Come dice il proverbio, l’occasione fa l’uomo ladro. Adattato a questo caso, diventa “l’occasione fa l’uomo derubato”. O depredato. Depredato inizialmente solo dei soldi che si perdono, gettone dopo gettone. Poi della volontà di smettere. Infine, troppo spesso, della propria dignità di uomini o di donne: che in teoria dovrebbero essere degli adulti e che invece si riducono a pupazzi in balia del brivido al quale non sanno più rinunciare. Tossici dell’azzardo che dilapidano tutti i soldi di cui dispongono, o che si procurano con mezzi anche illeciti. Fino a mettere a repentaglio, o addirittura compromettere definitivamente, le attività lavorative e i rapporti famigliari.
Senza girarci intorno: parliamo di una grave patologia sociale che andrebbe estirpata, o quantomeno scoraggiata, con misure draconiane. Al di là dei suoi meriti, anche come segnale di vigilanza e dell’intento di opporsi al dilagare del fenomeno, la succitata ordinanza prevede sanzioni ancora troppo lievi: “da un minimo di 150 euro a un massimo di 450, e, in caso di recidiva, con la sospensione dell’attività di gioco fino a 5 giorni”. Come minimo, bisognerebbe aggiungere uno zero. E magari due.
Così come si dovrebbe smetterla, in qualsiasi ambito normativo o mediatico, di definire “gioco” questo vizio spaventoso e quanto mai subdolo.