Sorpresa inflazione: Roma è tra le città d’Italia meno care. Possibile?
La Capitale resiste come città che ancora consente un livello di spesa più accettabile rispetto ad altre città, soprattutto del centro nord
Inflazione: la vita costa sempre di più in Italia ma in proporzione quasi ovunque più che a Roma. La Capitale resiste come città che ancora consente un livello di spesa più accettabile rispetto ad altre città, soprattutto del centro nord.
Uno spettro si aggira per l’Italia, anzi è tornato tra noi, dopo tempi in cui sembrava sparito: l’inflazione. Un aumento generalizzato del prezzo dei beni di prima e di seconda necessità e di servizi. Aumentando il costo dell’energia aumenta tutto quello che con l’energia si produce e si vende. L’inflazione riduce il valore della moneta. Quello che potevo comprare anni fa con 100 € adesso è molto meno. Tutti ce ne accorgiamo quando andiamo al supermercato a fare la spesa.
Se l’inflazione perdura so anche che domani comprerò ancora meno. Quindi il denaro vale ogni giorno un poco di meno e di conseguenza gli immobili, varranno sempre di più. Gli economisti ci dicono che una inflazione bassa, con una sostanziale stabilità dei prezzi o un loro aumento molto lento e prevedibile, sono sintomi di un’economia sana. Lo capisco ma mi è sempre sembrata una fregatura. Di fatto guadagnerò sempre meno perché gli stipendi non seguono l’inflazione.
Inflazione a Roma: il paniere viene continuamente aggiornato con beni e servizi attuali
L’inflazione viene misurata ogni anno analizzando il valore dei prezzi al consumo, una media dei prezzi di beni e servizi chiamato paniere. Un po’ come una cesta della spesa. Un meccanismo che nasce nel 1928 con 59 prodotti e via via ne aggiunge di nuovi. Solo che dentro non si saranno solo alimentari ma anche altri beni e servizi, per esempio il prezzo del pane, del latte, della carne bovina, delle uova, con il prezzo della benzina, il costo dei telefoni cellulari, di Internet, dei farmaci e così via.
Ad ogni epoca ci sono voci differenti. I beni e servizi vengono costantemente aggiornati. Dal 1999 il paniere conta 1.772 diversi beni e servizi. Qualcuno esce e qualcun altro entra. Dal 2022 per esempio sono entrati nel paniere la friggitrice ad aria, i tamponi del Covid, la psicoterapia individuale e sono usciti i compact disk.
Le cause nelle chiusure delle attività per la Pandemia e nei costi per la Guerra in Ucraina
In Italia, è l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) che ha il compito di aggiornare il paniere, stimare gli indici dei prezzi e calcolare mensilmente l’inflazione. Vengono prodotti tre diversi indici dei prezzi al consumo, quello nazionale per tutta la collettività, quello per le famiglie di operai e impiegati e l’indice dei prezzi al consumo armonizzato a livello europeo, per poter confrontare l’inflazione italiana con quella degli altri paesi della stessa area. Le cause dell’inflazione sono molteplici ma recentemente le abbiamo addossate ai problemi lasciati dalla Pandemia e alla Guerra in Ucraina.
Spese eccessive della comunità per far fronte a emergenze sanitarie e militari hanno determinato incrementi nei costi energetici, nei costi sanitari e la situazione di chiusura delle città prima e quella dovuta al restringimento delle attività dei mercati a causa del conflitto poi, hanno decretato problemi nelle nostre economie. Aumento dei costi si traduce con aumento dei prezzi e significa automaticamente inflazione e perdita del valore del denaro. Per questo motivo la vita è diventata più costosa nelle nostre città. E nemmeno sappiamo quando tornerà, se tornerà, ai livelli precedenti.
Le cause dell’inflazione: molta domanda e poca offerta
Può accadere che dietro l’aumento dell’inflazione coesistano diversi fattori, sia di domanda sia di offerta. Ad esempio, la crescita elevata dei prezzi nella fase di ripresa post-pandemia, si può spiegare con un incremento della domanda dei consumi. Dopo tanto tempo di fermo casalingo la voglia di uscire e comprare o godersi la vita, anche se solo con i sussidi ricevuti, ha di fatto lievitato i prezzi. Ma ci può essere anche una diminuzione dell’offerta, dovuta alle chiusure delle imprese per il Covid. Tanti beni non si sono prodotti e non sono stati distribuiti sui mercati. Nel lungo periodo l’inflazione può essere dovuta a un eccesso di moneta in circolazione rispetto ai beni e servizi prodotti: troppi soldi fanno alzare i prezzi perché cresce la domanda dei pochi beni rimasti in vendita.
Inflazione, la classifica delle 10 città più care d’Italia
In base ai dati dell’inflazione di marzo, resi noti dall’Istat, l’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica completa di tutte le città più care d’Italia, in termini di aumento del costo della vita. Non solo, quindi, delle città capoluoghi di regione o dei comuni con più di 150 mila abitanti. In testa alla graduatoria, Bolzano. Seconda Milano. Sul gradino più basso del podio Siena e Grosseto. Roma non è tra le prime 10 ma abbastanza più indietro e questo è un bene per la capitale perché significa che è città più vivibile da questo punto di vista, di altre.
In generale ultimamente si registra un leggero ribasso delle bollette di luce e gas, mentre i prodotti alimentari, i beni più acquistati dalle famiglie, continuano a crescere a ritmi vertiginosi.
La media nazionale vede i prezzi lievitare del 7,6%: le regioni più colpite dall’inflazione sono la Liguria, la Lombardia e l’Umbria, mentre quelle che hanno fatto registrare gli aumenti più contenuti sulla spesa annua di una famiglia media sono la Basilicata, la Puglia e il Molise.
Le prime 5 città più care d’Italia: Milano, Genova, Bolzano, Siena e Grosseto
Milano occupa la prima posizione nella classifica delle città più care d’Italia: l’inflazione tendenziale del Capoluogo della Lombardia, tra le migliori città europee per investire in immobili, è pari al 7,9% che si traduce in un aumento di 2.145 sulla spesa annuale di una famiglia media.
Genova è la seconda città più cara d’Italia: qui l’inflazione porta a un aumento dei prezzi del 9,5% (record nazionale) con un incremento di spesa pari a 2.071 euro all’anno secondo i dati di maggio 2023 forniti dall’Istat.
Bolzano è dove si registrano aumenti dei prezzi del 7,7% che portano una famiglia media a spendere 2.046 euro annui in più.
Siena, insieme a Grosseto condivide il quarto posto nella graduatoria delle città più care in Italia, secondo i dati Istat qui l’inflazione è pari all’8,7% e 1.961 euro di spesa in più su base annuale per una famiglia media.
La Toscana piazza anche Grosseto nella quarta posizione con gli stessi dati di Siena e Firenze subito dopo. La città che vanta due dei musei più visitati al mondo, è sesta nella classifica relativa all’inflazione in Italia: con l’8,4%.
Le città più care d’Italia dal sesto al decimo posto e le meno care
Ravenna è la settima città più cara d’Italia, l’inflazione incide per l’8,1% nella città romagnola, con un incremento di spesa annuale per le famiglie pari a 1.957 euro.
Ottava posizione per Mantova, dove l’inflazione tendenziale causa un aumento del 7,7% e costa alle famiglie 1.955 euro in più all’anno.
Varese occupa la nona posizione nella classifica con il 7,4% in più e una spesa aggiuntiva per una famiglia media di 1.951 euro su base annuale.
Al decimo posto troviamo Bologna: l’inflazione tendenziale del Capoluogo dell’Emilia Romagna è pari al 7,8% con un aumento di 1.946 euro all’anno sulla spesa di una famiglia media.
Dove l’inflazione ha colpito di meno
Sull’altro fronte della classifica, la città più virtuosa d’Italia in termini di spesa aggiuntiva più bassa è Potenza, con l’inflazione minore del Paese (+4,8%) e dove in media si spendono “solo” 948 euro in più. Al secondo posto Reggio Calabria ex aequo con Catanzaro (+5,9%, +1.102 euro per entrambe). Terza nella classifica al contrario Campobasso (+6,8%, +1.245 euro). Seguono, tra le città meno care: Caserta (+6,6%, +1.284 euro), Bari (+7,5%, +1.301 euro), Caltanissetta (+6,9%, +1.316 euro), poi Ancona (+6,7%, +1.332 euro) e Napoli (+6,6%, +1.335 euro). Chiude la classifica delle meno care Trapani: +7,2%, 1.373 euro.
Queste classifiche ci raccontano la solita fotografia dell’Italia, divisa con un nord che può impoverirsi più del sud perché ha più da perdere, mentre il centro si barcamena e il sud continua nella sua discesa verso gli inferi di una povertà sempre maggiore. Chi più ha, più perde, è una regola dell’inflazione. Chi meno ha meno perde ma non per questo sta bene o sta meglio. Se Roma può permettersi di essere colpita meno di altre dal processo del rincaro dei prezzi non per questo può permettersi di dormire tra due cuscini. I rincari si fanno sentire in tutta Italia e le famiglie devono affrontare uno degli inverni più duri di sempre. Il lavoro non aumenta, i costi si, le prospettive di miglioramento non si vedono.
Abbattere i costi dei carburanti che causano gli aumenti e rimpinguare gli stipendi più bassi d’Europa
Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori analizzando i dati esposti, in proposito ha commentato: “Anche considerando il minor salasso annuo, quello di Macerata, nessuna famiglia in Italia ha guadagnato in un anno 1.036 euro in più. Gli italiani, insomma, si stanno pesantemente impoverendo e questo avrà effetti nefasti sui consumi e sulla ripresa economica del Paese. Per questo è importante che il Governo oggi intervenga con misure serie per calmierare i prezzi e il primo provvedimento da prendere è quello di ridurre i prezzi dei carburanti che incidono su tutta la merce trasportata e ricadono sui consumatori finali, abbattendo le accise di benzina e gasolio di almeno 50 centesimi“
Aggiungerei che calmierare i prezzi non è una misura sufficiente. Occorre che nelle tasche degli italiani entrino più soldi dai compensi di lavoro e che si rende necessario studiare tutte le possibilità per istituire un salario minimo dignitoso per tutti e fare in modo che questi dannati stipendi più bassi d’Europa ricomincino a crescere, anche se la loro crescita non fermerà l’inflazione. Da altri profitti, sicuramente eccessivi, lo Stato dovrebbe cogliere quegli introiti che mancano all’appello.