Spazzatura nello Spazio: quanti sono i rifiuti sulle nostre teste?
Ma come sono finiti nello Spazio centinaia di milioni di frammenti di detriti e rifiuti e perché sarebbe importante fare pulizia?
Non ci bastava inquinare il pianeta: da circa una quindicina d’anni abbiamo iniziato a riempire di spazzatura anche lo spazio, dove volano resti di satelliti, razzi ausiliari e armi antisatellite. Ma come sono finiti lì centinaia di milioni di frammenti di detriti e perché sarebbe importante fare pulizia?
Il report della Nasa sulla spazzatura nello spazio
Secondo i calcoli degli esperti della Nasa, il satellite Rhessi, si è schiantato sulla Terra il 20 aprile scorso. Al momento in cui scriviamo mancano ancora dati ufficiali sul luogo dello schianto e sull’orario. Rhessi (Reuven Ramaty High Energy Solar Spectroscopic Imager) è un satellite che serve a catturare l’energia solare per inviarla sulla Terra. Pesava 300 kg, che in teoria sarebbero andati dissolti nell’impatto con l’atmosfera terrestre. Per gli ingegneri di Cape Canaveral “il rischio di danni per chiunque sia sulla Terra è basso, approssimativamente pari a 1 su 2.467” se la cosa vi può tranquillizzare.
La notizia della sua caduta invece ha tenuto tutti col fiato sospeso. Si era addirittura pensato che fosse dovuto a lui un bagliore che ha illuminato il cielo di Kiev in Ucraina, attorno alle 22 del 19 aprile. Purtroppo quelli che cadono sull’Ucraina non sono residuati di satelliti.
La notizia comunque è stata smentita da Jonathan McDowell, astrofisico dell’Università di Harvard e dello Smithsonian Center for Astrophysics, specializzato proprio nell’analisi delle orbite della cosiddetta “spazzatura spaziale”. In buona sostanza non è caduto sull’Ucraina e nemmeno sull’Italia, come qualcuno temeva. Forse i frammenti sono affondati nel Pacifico o nell’Atlantico.
Quanti sono i detriti spaziali sulle nostre teste?
Vi siete mai chiesti quale fine fanno i satelliti, una volta esaurita la loro funzione? La risposta è a dir poco disarmante: rimangono in orbita fino alla “decomposizione“, ovvero alla riduzione in frammenti e detriti. Esattamente non sappiamo quanti siano. Quelli catalogati sono circa 9.000, ma ce ne sono di piccolissimi che non superano il centimetro. Quindi come frammenti potrebbero essere molti di più. Stiamo parlando della spazzatura spaziale, frutto dei residui dei tantissimi lanci (6.220, fonte ESA luglio 2022) operati negli anni, a partire dal 1957, con lo Sputnik russo.
Questi detriti vengono osservati, monitorati, controllati, per quanto possibile, per prevenirne la pericolosità, in caso di caduta sulla terra dei pezzi più grandi, ma anche perché possono costituire un problema per le prossime missioni spaziali. In particolare per quelle astronavi che debbono raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale, attraversando l’atmosfera superiore, ovvero la fascia compresa tra i 90 e 500 km di altitudine.
Spazzatura, ma chi è che inquina lo spazio?
Sono le super potenze a inquinare i cieli. Quelli che decidono le sorti dell’umanità, in un modo o in un altro. Secondo l’Orbital Debris Quarterly News della NASA, la maggior parte della spazzatura spaziale arrivava da Russia, Stati Uniti d’America e Cina. Le stime degli esperti parlano di decine di migliaia, forse centinaia di milioni, di oggetti di dimensioni minuscole, dai 10 fino a 1 cm e in base al modello Master dell’ESA (1996), addirittura parecchi oggetti tra 0,1 mm e 1 cm.
Anche se questi frammenti sono di dimensioni ridotte, bisogna tenere presente che l’eventuale scontro avrebbe luogo a una velocità relativa elevatissima: circa 10 km/s, nel caso di una collisione in orbita bassa. A questa velocità, una particella di solo 1 grammo equivale a un’automobile lanciata in corsa: l’effetto è un danno terribile. Anche secondo la Space Force statunitense, a novembre 2021, attorno al nostro pianeta orbitavano oltre 19.000 rifiuti spaziali identificabili, in più a centinaia di milioni di frammenti non identificabili.
I moduli spaziali hanno protezioni da collisioni certe
I moduli della Nasa e del Laboratorio europeo Columbus, vengono ricoperti di uno stato di alluminio di diversi millimetri, proprio per reggere agli scontri con questi detriti piccolissimi. Sono scaglie di vernice, frammenti di circuiti elettronici, di acciaio, di titanio. Tutti oggetti minuscoli ma che possono causare danni gravi.
Curiosità: tra questi troviamo anche un guanto perso dall’astronauta Edward White, la macchina fotografica persa da Michael Collins, i sacchi dell’immondizia della Stazione Spaziale Mir, una chiave inglese e persino uno spazzolino da denti perduto in una delle varie missioni.
Per la Stazione Spaziale Internazionale occorrerà prestare attenzione ai detriti più grandi, che d’altra parte sono anche i più osservati e tenuti sotto controllo.
Dei quasi 9.000 oggetti catalogati, il 22% sono satelliti non più funzionanti. Il 17% sono stadi propulsivi di razzi, rilasciati nella fase finale di un lancio. Il 13% è costituito da elementi di costruzione: bulloni, coperture termiche, componenti di metallo ma anche semplicemente scaglie di vernice staccate dalla superficie esterna dei moduli.
Poi c’è un 43% di frammenti dovuti ad almeno 150 esplosioni e ad alcune collisioni, anche se abbastanza rare, ma che possono sempre avvenire tra oggetti che volano senza una rotta.
Collisioni che provocano minuscoli detriti
Il primo grande accumulo di residui risale al 2007, quando il satellite meteorologico cinese FengYun-1C è stato intenzionalmente distrutto in un test di armi antisatellite. Ha poi contribuito ad aumentare la spazzatura spaziale una collisione tra due satelliti, Iridium-33 e Kosmos-2251, avvenuta il 10 febbraio 2009 a 789 chilomentri di altezza sopra la Siberia settentrionale.
La velocità d’impatto relativa è stata di circa 11,7 chilometri al secondo, approssimativamente 42.120 chilometri orari. Entrambi i satelliti sono andati distrutti. La collisione ha prodotto una considerevole mole di detriti, si parla di 1.700, che costituiscono un rischio ulteriore per i velivoli spaziali.
Un altro test di armi antisatellite, condotto dalla Russia nel 2021, ha disintegrato Kosmos-1408, di oltre due tonnellate di peso. Ognuno di questi eventi ha contribuito a inquinare lo spazio con milioni di frammenti di ferro e altri metalli.
Il 22 gennaio 2013 un altro satellite cinese si è scontrato con il nano-satellite russo Blits, di 7,5 kg, impiegato per esperimenti di riflessione di raggi laser. La collisione tra il detrito cinese e il satellite russo avrebbe fatto cambiare orbita e velocità di rotazione e assetto ai due oggetti con relativo rilascio di frammenti.
Nel 2020, nel cuore della pandemia, i resti di un razzo cinese di 25 tonnellate: Long March 5-B caddero su un villaggio della Costa d’Avorio, mancano però informazioni ufficiali sull’entità dei danni provocati.
Come si risolverà il problema della spazzatura nello spazio?
Se le super potenze, fregandosene dei problemi dell’umanità, continueranno a lanciare oggetti nello spazio, certamente sarà difficile risolvere il problema.
Tra il 2020 e il 2021 sono stati lanciati più satelliti e sonde spaziali che nel decennio 2010-2019.
A dicembre 2021 orbitavano attorno alla Terra quasi 5.000 satelliti.
Il problema consiste anche nel fatto che i satelliti coprono funzioni diversissime e tutte fondamentali, delle quali è impossibile fare a meno.
Operano nelle telecomunicazioni, nello spionaggio militare, nella gestione e controllo dei territori per scopi agricoli, analisi dei bacini idrografici per combattere siccità e inondazioni, servono a monitorare le attività sismiche e dei vulcani, per le rilevazioni meteorologiche, per il controllo degli oceani.
Ogni Paese potrebbe riprendersi i propri scarti
Un primo passo è stato fatto dagli USA, che hanno annunciato lo stop ai test delle armi antisatellite. Almeno per smettere di creare nuova spazzatura spaziale.
Tuttavia mettere un freno alla creazione di nuovi rifiuti spaziali è molto difficile, bisognerebbe mettere d’accordo i maggiori inquinatori, che attualmente sono impegnati in altre diatribe qui sulla Terra.
Ugualmente complesso è rimuovere i rifiuti esistenti. Secondo l’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) “questo processo si scontra con difficoltà tecnologiche, economiche e geopolitiche. Progettare e lanciare dei dispositivi di rimozion dei detriti spaziali è infatti non solo molto costoso e rischioso (in caso di insuccesso non faremmo altro che creare altra spazzatura spaziale), ma anche delicato dal punto di vista geopolitico, poiché i detriti potrebbero finire nelle mani sbagliate di un nemico, che potrebbe ottenere dati sensibili.” Secondo la OECD, ogni paese dovrebbe impegnarsi a rimuovere i propri detriti e quelli dei suoi alleati.
Nella pratica l’ESA, che però è responsabile solo del 3% dei detriti esistenti, fa rientrare i satelliti al termine della loro vita operativa, causandone la distruzione. Oppure fa in modo di spingerli verso orbite lontane, in modo da liberare la strada ad altri satelliti. Ma ci sono paesi che non hanno intenzione di prendere neanche queste banali misure di sicurezza.
Per quanto riguarda l’aspetto “politico” e legale della questione, l’ESA ha intenzione di spingere in sede ONU per l’approvazione di un accordo che riconosca il problema dei detriti spaziali come un problema dell’intera umanità per porre delle regole da rispettare.
Nel futuro prossimo si prevedono più collisioni
Sempre la OECD attraverso diversi studi prevede che nei prossimi anni il rischio di collisioni tra rifiuti spaziali e satelliti aumenterà considerevolmente.
Nei prossimi 20 anni, a fronte di una presenza di circa 1.000 satelliti, a 1.200 km di altitudine, il rischio che uno di questi a banda larga e del peso di 200 kg si possa scontrare con un frammento tra 1 e 10 cm, aumenterà di otto volte, passando dall’11% al 90%.
Il rischio reale non è tanto quello che possano caderci sulla testa. È una probabilità molto remota. I satelliti che vengono fatti rientrare sono programmati per distruggersi al rientro, in genere sono diretti sugli oceani. Il vero problema sarà attraversare indenni con le navicelle spaziali la fascia in cui si accumulano i detriti più piccoli ma ugualmente distruttivi.
Ogni missione futura dovrà fare i conti con questo problema, che ci siamo creati da soli. Facciamo le cose senza pensare alle conseguenze.
Lo stesso atteggiamento che abbiamo sulla Terra quando sporchiamo una strada, un giardino, una spiaggia, un parco pubblico. È più comodo buttare l’immondizia che preoccuparsi di come sarà quel luogo fra qualche mese, o qualche anno; probabilmente sommerso da cartacce, bicchieri, piatti e bottiglie di plastica, fazzoletti, resti di un panino, cicche di sigarette.
L’uomo conquista lo spazio ma resta sempre il solito. E nello spazio non ci sarà un termovalorizzatore, almeno per un bel po’ di anni.