Sport e politica, se ora la UEFA deroga al divieto di commistione…
L’organo del calcio europeo censura le maglie dell’Ucraina, ma appoggia (in parte) le pretestuose iniziative anti-ungheresi. E l’Italia inginocchiata a metà suscita le polemiche sbagliate
Se pensavate che sport e politica fossero due mondi separati, distanti e perfino contrapposti, non preoccupatevi: siete in buona compagnia. Per anni infatti la UEFA ha frignato rivendicando l’autonomia e l’indipendenza del calcio continentale dai Governi. Salvo fare ora una parziale retromarcia per inchinarsi (in senso letterale) al politically correct. Davanti a cui, a quanto pare, non esistono principî cui non si possa derogare.
Il vecchio regime della UEFA
In principio (di Euro 2020) erano state le maglie dell’Ucraina, che presentavano due controversi riferimenti grafici alla Crimea. Un territorio annesso unilateralmente dalla Russia nel 2014, con un atto non riconosciuto dalla maggior parte della comunità internazionale.
Il massimo organo del football europeo aveva fatto sapere che lo slogan “Gloria agli eroi” era «chiaramente di natura politica», e pertanto doveva essere ritirato. Anche se alla fine, a scanso di incidenti diplomatici, si era ripiegato sulla semplice copertura della scritta.
Fin qui eravamo ancora nel vecchio regime (è il caso di dirlo), e dunque la “censura” rientrava perfettamente nel modus operandi dell’ente di Nyon. Così come il divieto di illuminare di arcobaleno l’Allianz Arena di Monaco di Baviera in occasione di Germania-Ungheria, come chiesto dal sindaco monacense Dieter Reiter. Il quale intendeva così protestare contro una recente legge magiara che vieta l’indottrinamento gender dei minori – e che naturalmente è stata bollata come discriminatoria. «La UEFA» aveva però ricordato in quell’occasione il numero uno Aleksander Čeferin, «è un’organizzazione politicamente e religiosamente neutrale».
Le deroghe alle commistioni tra sport e politica
Un criterio nuovamente in linea con le primigenie regole dell’istituzione, che però ci ha messo 24 ore a rimangiarselo – quantomeno nella sua essenza. Cinguettando che «per la UEFA l’arcobaleno non è un simbolo politico», che come minimo è una valutazione opinabile.
Basti pensare che i tifosi del Tottenham si sono rivoltati contro il possibile ingaggio di Gennaro Gattuso per (tra l’altro) delle dichiarazioni spacciate per omofobe. Per Ringhio infatti «il matrimonio in chiesa deve essere tra uomo e donna», che almeno fino all’approvazione del liberticida ddl Zan sarebbe ancora un’opinione legittima.
Proprio come è legittima la scelta di mezza nazionale italiana di non inginocchiarsi prima del match col Galles in segno di solidarietà verso Black Lives Matter. Anzi, è doverosa, essendo BLM un movimento che ha pochissimo a che vedere col razzismo e moltissimo col vandalismo, il marxismo e i deliri anti-cristiani. Però in Italia si polemizza sui sei Azzurri che non si sono piegati al politicamente corretto: come ha fatto Enrico “stai sereno” Letta, segretario del Pd.
Il che in fondo è solo un ulteriore e inequivocabile segno dell’atavica libido per il bersaglio sbagliato. Oltre a essere l’ennesima conferma che evidentemente, per parafrasare George Orwell, tutte le ingerenze sono uguali, ma alcune sono meno ingerenze di altre.