Stato di emergenza, controllo dei cittadini e l’esigenza di un ordine mondiale
Lo stato di emergenza e la crisi della società acuita dal Covid può favorire i poteri dominanti della globalizzazione
Lo stato di emergenza e la crisi della società acuita dal Covid può favorire i poteri dominanti della globalizzazione. Perciò è necessaria una critica seria che ne riveli i piani e la contrasti.
L’ordine mondiale dei tecnocrati e delle élites
Nella trasmissione In Onda, su Italia 7 di circa un anno fa, appena dopo la nascita del governo Conte, ci fu un intervento del giornalista Massimo Giannini che scioccò un po’ gli altri partecipanti, ma forse sfuggì alla massa dei telespettatori. Si discuteva sui motivi per cui, dopo la caduta del governo formato da 5 Stelle e Lega provocata da Salvini con la sua richiesta di avere “pieni poteri”, si fosse poi formato un nuovo governo presieduto ancora da Conte con l’alleanza tra 5 Stelle e PD.
Giannini, attuale direttore de La Stampa, sosteneva che il Partito Democratico aveva sfruttato l’occasione favorevole che si era venuta a creare. Inoltre, cosa ancor più importante, c’era l’esigenza di garantire un ordine mondiale, per il quale la posizione populista e antieuropea di Salvini non era accettabile.
La funzione della sinistra nella globalizzazione
Un ordine mondiale esiste, aggiungeva il giornalista: è quello costituito dai tecnocrati e dalle società che hanno in mano le redini della finanza globale. Qualunque sia il giudizio che si può dare su di essi, costoro hanno l’esigenza che si formino governi che garantiscano il loro controllo. Ciò spiegava anche l’immediato, quasi entusiastico, endorsement fatto dal Presidente americano Trump (uomo d’impresa, non dimentichiamolo) al governo Conte.globalizzazione
Ripensare oggi un simile discorso può aiutarci a comprendere meglio la funzione della politica nella crisi della società, aggravata dal problema della pandemia.
Esiste o no un ordine mondiale imposto dai burocrati?
Infatti, si dà per scontato che esista un ordine mondiale globale, imposto e manovrato da tecnocrati ed élites politiche che determinano la formazione di governi ad esse favorevoli. Governi tecnici, come fu quello di Mario Monti, o politici come l’attuale. Sempre con l’appoggio della sinistra storica, o con la presa in carico diretta da parte di essa.
Pertanto, risulta importante riflettere sul discorso svolto un anno fa da Giannini, che è un giornalista di valore. Appartenente al ceto intellettuale di quella stessa sinistra che egli analizza criticamente nei suoi discorsi, senza però contestarne le scelte valoriali.
La sinistra storica ha scelto la globalizzazione
In questo senso, quel discorso è una prova del nove del pensiero di chi afferma che la sinistra storica italiana, come quella americana dei Democratici (tipo Clinton ), ha scelto, già da molto tempo, di sostenere gli interessi della Globalizzazione, quindi dei mercati e della finanza internazionale.
Con questa scelta, la sinistra si rende serva e complice di quegli interessi; peggio, vorrebbe far intendere, con un’opera di mistificazione intellettuale, che gli effetti della politica globalista andrebbero a vantaggio di tutti, migliorando le condizioni di vita.
Tecnologia e neoliberismo
Cosa quanto mai lontana dalla realtà, se la si esamini senza il filtro deformante del cosiddetto pensiero unico, prodotto ideologico dell’ultraliberismo, fondamento della suddetta politica. Questo pensiero, la filosofia dei mercati nel tempo dell’imperio della tecnica, vorrebbe superare di gran lunga “le magnifiche sorti e progressive” promesse dal positivismo ottocentesco.
Infatti, la tecnica oggi permette la produzione di una quantità enorme di beni di consumo sempre più vari e soddisfacenti dei desideri artificiali che essa stessa crea ed alimenta.
Stato di emergenza e bisogni primari
Siamo andati molto oltre il consumismo degli anni ’70, conseguenza del boom economico favorito dalla ricostruzione del paese dalla distruzione provocata dalla guerra. Oggi, i bisogni secondari o artificiali, alimentati da una pubblicità pervasiva e martellante, sono diventati più importanti di quelli primari nell’immaginario di massa. Conta molto più l’apparire che l’essere. Ognuno vorrebbe apparire più giovane, più bello, più felice: cose che la tecnica si mostra in grado di garantire, con tutti i suoi prodotti di cura e manipolazione della natura.
Anche per questo motivo le società tecnologicamente all’avanguardia fanno profitti sempre più elevati, insieme alle banche ed alla finanza speculativa.
Economia, produzione e lavoro
Da tutto questo segue la necessità di risollevare l’economia depressa dalla crisi Covid, come richiedono al governo i rappresentanti degli imprenditori: investimenti a fondo perduto da parte dello Stato, riduzione drastica della tassazione sugli stessi e sui redditi d’impresa.
Tutto ciò con la giustificazione che così facendo si creerebbero nuovi posti di lavoro, invece di spendere inutilmente denaro pubblico nell’assistenzialismo. Purtroppo non è così, come la storia ha già dimostrato: ad ogni progresso tecnico, i posti di lavoro produttivo sono diminuiti. Oggi, con lo sviluppo prodigioso della robotica e dell’informatica, è sempre meno richiesta non solo la mano dell’uomo, ma anche la mente.
Intelligenza artificiale e smart working
Già da adesso bastano poche persone, dotate delle conoscenze necessarie, per gestire interi cicli produttivi. In prospettiva, con lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale si prevede che anche la progettazione sarà compito della macchina.
Anche nel settore pubblico, in parte a causa delle pressanti richieste di sburocratizzazione a favore dell’impresa, ma ancor più per gli effetti dell’informatizzazione dei servizi, il lavoro potrà essere svolto con molto meno personale, anche più qualificato, e in parte con il telelavoro o smart working.
Sembra quindi che il lavoro, inteso come prestazione d’opera retribuita e contrattualizzata, sia destinato a mutare profondamente, anzi pure a mancare, lasciando agli individui più tempo libero. Quest’ultimo è già da tempo oggetto di mercato: si pensi a tutte le attività sviluppate per impegnarlo e trarne profitti, nel campo ludico e turistico.
D’altra parte, sarebbe necessario riflettere su chi o cosa costituisca il mercato globale, di chi sia la proprietà delle ricchezze che il pianeta ci mette a disposizione e di come esse siano manipolate e controllate. Cioè, cominciare a pensare che le fonti materiali della produzione, ma soprattutto le conoscenze che ne permettono l’elaborazione tecnica siano da considerare patrimonio collettivo accumulatosi nel corso della storia, in modo quasi mai pacifico.
Globalizzazione e controllo diffuso
Al contrario, nella realtà, finanza, produzione e distribuzione mondiale di prodotti e beni sono nelle mani di poche persone che dirigono multinazionali che hanno un patrimonio superiore a quello di più stati. La politica globalista si attua concretamente nella direzione economica di questi soggetti e nella lotta per il predominio tra grandi stati come USA, Cina, Giappone, India e la potenza del mondo arabo.
Essa ha il bisogno della repressione dei conflitti sociali e politici ( come quello tra Hong Kong e Cina) e del controllo del comportamento degli individui.
Il rinnovo dello stato di emergenza
Qui torniamo alla funzione svolta da forze e governi della sinistra. Nel nostro caso, a quella del Governo Conte 2, nel quale il PD aspira ormai all’egemonia, favorito dalle contraddizioni che lacerano il M5S.
Da ciò deriva l’uso politico dell’emergenza imposta dalla pandemia, al di là delle necessità reali, che non si possono negare. Il rinnovo continuo dello stato di allarme ha lo scopo sotteso di indurre gli individui all’acquisizione passiva di abitudini e stili di vita, conformi ad una direzione esterna meno soggetta a critiche serie. A parte le grossolane dichiarazioni dell’opposizione e gli insulti propalati in abbondanza sui social, che non hanno effetto alcuno.
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