Stato di emergenza: cosa significa e quali sono le condizioni per dichiararlo
Vediamo perché la proroga fino al 15 ottobre dello stato di emergenza sanitaria, non convince…e poi, quante sono le emergenze in Italia?
Per il vocabolario Treccani, emergenza è una “circostanza imprevista”, un “momento critico che richiede un intervento immediato. Soprattutto nella locuzione stato di emergenza (espressione peraltro priva di un preciso significato giuridico nell’ordinamento italiano, che, in situazioni di tal genere, prevede invece lo stato di pericolo pubblico)”.
Proprio su quest’ultimo aspetto, martedì il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha puntualizzato come effettivamente “nella nostra Costituzione non si ragiona di stato di emergenza” ed è per questo motivo che “abbiamo costruito un percorso normativo ad hoc”.
Ma, ha precisato, “non dobbiamo confondere il fatto che non ci sia un percorso ad hoc nella nostra Costituzione” per lo stato di emergenza con il fatto che non si debba intervenire per “adottare misure e un iter nel segno della tempestività e dell’efficacia”. Quindi, sostiene Conte, “non si può concludere che è illegittimo lo stato di emergenza” perché “non è previsto dalla Costituzione”.
Ma il punto è un altro: è possibile parlare ancora di emergenza? Ci troviamo in una situazione che possiamo definire eccezionale ed emergenziale tant’è che richiede misure straordinarie e fuori dalla normalità? E’ il concetto stesso di emergenza ad essere messo in discussione. La sua portata e il suo ‘campo da gioco’, la possibilità o il rischio che se ne estenda in modo eccessivo e arbitrario il suo confine. E quindi la sua stessa natura, il significato che evoca, finanche il suo campo semantico.
Quante e quali sono le “emergenze”?
Conte martedì scorso ha ricordato come “dal 2014 ad oggi abbiamo dichiarato lo stato di emergenza 144 volte e lo abbiamo prorogato per 84 volte”. Ovvero 144 volte in sei anni, vuol dire 24 stati di emergenza l’anno, due ogni mese. Quasi che vivessimo in uno stato di emergenza senza soluzione di continuità. L’uso del termine emergenza diventa ordinario e non eccezionale.
Si parla di emergenza immigrazione come fosse un fenomeno imprevisto quando invece sono anni che conviviamo con l’arrivo sulle nostre coste di chi fugge da guerre, povertà, persecuzioni.
Si legge di emergenza scuola, oggi più che mai, ma non è certo un imprevisto il fatto che un edificio scolastico su quattro non sia stato costruito per essere una scuola, ma riadattato successivamente. Soprattutto in Campania, Emilia-Romagna, Umbria, Calabria, Lazio, Liguria e Puglia, come rileva un rapporto dell’ “Osservatorio Povertà educativa minorile #conibambini“. E se molti edifici hanno almeno 100 anni di vita e, quindi, richiederebbero interventi urgenti, non è certo il risultato di una situazione di emergenza,. Quanto, semmai, il frutto di una politica scolastica sbagliata a cominciare proprio dalle strutture.
E poi c’è l’emergenza mafia, l’emergenza droga, l’emergenza disoccupazione. Viviamo in uno stato di perenne emergenza a tal punto che possiamo definirla una nuova normalità.
Due grandi giuristi
Il tema dello stato di emergenza coinvolge oggi due grandi giuristi quali Gustavo Zagrebelsky e Sabino Cassese.
Per Zagrebelsky di cui Repubblica anticipa un estratto di un saggio che uscirà in autunno), occorre distinguere tra emergenza ed eccezione e “certamente viviamo in stato d’emergenza ma, sebbene usate come equivalenti, eccezione ed emergenza non sono la stessa cosa”. E “che oggi si sia di fronte a un’emergenza sanitaria a me pare indubitabile. Coloro che ne dubitano, o addirittura la negano, forse sono sotto un’influenza preconcetta”.
Le tesi di costoro si basano, scrive l’accademico, sui numeri che “fatte le debite proporzioni sulle popolazioni interessate dal virus, non sono più elevati. Anzi lo sono meno, dei numeri di ammalati e morti per altre malattie rispetto ai quali non esiste altrettanto allarme. Ma, così si ignora che nel nostro caso siamo in presenza di un’infezione altamente e facilmente trasmissibile”. Siamo ben lungi, quindi, da un ritorno alla normalità se tale consideriamo la normalità pre Covid-19. E se “all’emergenza si ricorre per rientrare quanto più presto è possibile nella normalità” e perdura “fino alla ripresa delle normali condizioni di vita (come dice la legge)”, le conclusioni di tale ragionamento sono piuttosto chiare.
Di altro avviso, Sabino Cassese che sul Corriere sostiene come “protrarre lo stato di emergenza costituisce una forzatura, sia illegittima, sia inopportuna. Illegittima perché dichiarare lo stato di emergenza quando un’emergenza non c’è, vuol dire adottare un atto amministrativo carente del suo presupposto. Inopportuna perché produce tensioni invece di invitare alla normalità, con gravi conseguenze per l’economia”. Ciò non significa certo “abbassare tutte le difese, non rispettare le normali regole di profilassi (non indossare le mascherine ove sia necessario). Negare che il pericolo di una recrudescenza esiste”. Ma è possibile affrontare il tempo almeno provando a tornare alla normalità senza abbassare le difese. “Sarebbe quindi il momento giusto per fermarsi, rispettare i consigli provenienti dal ministero della Salute, adoperarsi per metter in sicurezza scuole e posti di lavoro”.