Strage di Fidene: “Lucida premeditazione”, chiesto ergastolo per Campiti
A due anni dai fatti, Campiti, attraverso dichiarazioni spontanee, ha rivolto dure critiche alle condizioni del carcere
Nell’aula Occorsio del Tribunale di Roma, i pm Alessandro Lia e Giovanni Musarò hanno ricostruito la strage di Fidene, avvenuta l’11 dicembre 2022, quando Claudio Campiti uccise quattro donne del consorzio Valleverde: Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. Vittime descritte come mamme, compagne e sorelle, il cui ricordo è ancora vivo tra i familiari presenti in aula. Per Campiti è stato chiesto l’ergastolo, mentre i vertici del poligono di tiro, B. A. e G. M., rischiano rispettivamente 4 anni e 1 mese, e 2 anni di reclusione.
L’accusa
L’accusa dipinge un quadro di lucida premeditazione da parte di Campiti, che avrebbe agito spinto da un desiderio di vendetta per presunte vessazioni subite dal consorzio. «Nelle foto trappole della sua abitazione – ha spiegato Lia – vediamo una persona non in preda all’ira, ma che si è già vestita con il suo giubbotto, prendendo zaini, medicine e abiti. Tutto lascia immaginare che quella persona non tornerà a Valleverde». Tra i suoi effetti personali, Campiti avrebbe inserito anche un costume da bagno. Di fronte alla domanda se meditasse una fuga, la sua risposta è stata sarcastica: «Pensavo di andare in carcere, si sta bene a Trastevere».
A due anni dai fatti, Campiti, attraverso dichiarazioni spontanee, ha rivolto dure critiche alle condizioni del carcere: «Puoi solo stare tutto il giorno sulla branda. Troppo freddo per vedere la televisione, troppo perfino per leggere un libro».
Le negligenze del poligono di tiro
Un altro aspetto rilevante del processo riguarda le mancanze dei vertici del poligono di tiro, per cui i ministeri degli Interni e della Difesa sono chiamati come responsabili civili. «Come può un soggetto senza porto d’armi percorrere 200 metri da solo e indisturbato?» ha chiesto Musarò. «Come è possibile che nel corso dei mesi abbia messo da parte 181 munizioni senza alcun problema?». La spiegazione la troviamo nella deposizione di Lucia Del Grosso: “Come sempre, le munizioni erano contenute in scatolette di cartone non sigillate”. Quel poligono era il far west».
La sentenza è attesa per febbraio, con la parola ora affidata alle difese e alle parti civili.