Strage di lupi in Abruzzo: nove esemplari uccisi da bocconi avvelenati
Nel giro di una settimana è stato sterminato il branco di lupi che stanziava nella zona Olmo di Bobbi
Oggi la specie Canis lupus, comunemente conosciuta come lupo, è una specie protetta in Italia, lo è stata per la prima volta nel 1971, con il Decreto Ministeriale Natali, che ne vietò la caccia e l’uso di bocconi avvelenati. Nel 1976 il lupo divenne specie integralmente protetta.
Sembra una notizia ripresa dall’archivio del passato, ma non lo è: nove lupi sono stati trovati morti, quasi sicuramente a causa di bocconi avvelenati. Insieme ai nove canidi uccisi nella stessa area di 300 metri sono state scoperte le carogne di tre grifoni e due corvi imperiali (i rapaci si sono cibati dei cadaveri avvelenati).
È questo il bilancio dell’attività d’indagine dei Carabinieri Forestali e della Procura della Repubblica che ha aperto un’inchiesta sulle carcasse rinvenute nell’area di Cocullo, un comune di appena 211 abitanti della provincia dell’Aquila in Abruzzo.
Sterminato un branco di lupi in una settimana
Nel giro di una settimana, come conferma il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, è stato praticamente sterminato il branco di lupi che stanziava nella zona di Olmo di Bobbi. Una località nota per essere praticamente lo spartiacque tra la Valle del Giovenco, la Valle Subeacquana e la Valle Peligna.
Il caso dei lupi avvelenati era stato sollevato giovedì 17 maggio dalla deputata Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell’ambiente, che aveva annunciato che l’associazione presenterà denuncia contro gli ignoti responsabili dell’avvelenamento.
Le cause della strage devono essere ancora certificate dall‘Istituto Zooprofilattico di Abruzzo e Molise, dove sono state portate le carcasse degli animali morti, ma il rinvenimento nei giorni scorsi di alcuni bocconi intrisi di sostanze chimiche lascia pochi dubbi e apre scenari drammatici.
“Occorre adottare norme che vietino ogni e qualunque attività nelle aree interessate dalla presenza di esche e bocconi avvelenati, replicando cioè la norma già vigente per le aree percorse dal fuoco”, incalzano dal Parco chiedendo a Regione e comuni interessati di adottare i provvedimenti del caso. Sul rinvenuto di ben 14 carcasse di animali, nel giro di poco più di una settimana, gli accertamenti sono in corso.
Dopo avvelenamenti chiudere zona come per incendi
“Queste persone, e si tratta di criminali, vanno colpite indirettamente e vanno isolate adottando degli strumenti analoghi a quelli adottati, tipo la Legge 353, sugli incendi boschivi. Quando si verifica un episodio di avvelenamento in una zona, in un raggio da identificare, si vietano tutte le attività esattamente come accade con gli incendi boschivi.
La zona percorsa dal fuoco è interdetta a qualunque attività di pascolo, caccia, raccolta del tartufo ecc”. E’ la dura presa di posizione del direttore del Pnalm (Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise), Luciano Sammarone, dopo la conferma dell’avvelenamento di nove lupi e 3 grifoni in una zona limitrofa al Parco Nazionale in zona Cocullo.
In molti in queste ore hanno ipotizzato una relazione con gli allevatori che avrebbero preso in affitto i pascoli in quella zona poco frequentata a cavallo tra Pnalm e Sirente, e che non sarebbero del luogo ma provenienti dalla Puglia.
Direttore Parco Nazionale: colpire i criminali ma sconfiggere anche omertà locale
Sammarone, che è anche alto ufficiale dei carabinieri forestali in aspettativa, chiama però a raccolta anche le popolazioni del luogo perchè se è auspicabile che “vengano adottate delle misure efficaci in termini di repressione”, è altrettanto chiaro che “individuare il responsabile è una delle cose più difficili perché non c’è la pistola fumante.
Va individuato il prodotto, probabilmente chimico, anche quelli di libera vendita a cui potrebbe accedere chiunque e va trovato ovviamente il nesso di causalità. Per questa ragione è difficile beccare chi fa uso di esche avvelenate.
Quindi – è il suo ragionamento – ci deve essere anche una assunzione di responsabilità da parte delle comunità locali, della gente comune che spesso è quella che evidentemente poi tende a frenare, c’è una grande omertà, nessuno parla, nessuno dice nulla e quindi individuare i responsabili è sempre estremamente complicato. Mentre vanno buttati fuori dal territorio”.
“Miracolo che non siano stati coinvolti gli orsi”
“Il personale del Parco – prosegue Sammarone – fa un sacco di servizi in quella zona perché è frequentata dagli orsi, in termini di prevenzione abbiamo investito molte risorse ed è un vero miracolo che, per fortuna, non siano stati coinvolti orsi in questa strage, se no sarebbe stata veramente una catastrofe”.
Per questi eventi “nessuna motivazione regge perché chiaramente questo è un ritorno al passato, è un utilizzo da parte di una sparuta minoranza, per fortuna, di delinquenti legati a culture che non sono nemmeno le culture abruzzesi nel senso che ormai anche tra gli abruzzesi, gli allevatori abruzzesi, questo ricorso all’uso del veleno è praticamente quasi scomparso”, chiude il direttore del parco.
(ANSA).