Stretta di Natale, l’incoerenza di un Governo di falchi (ma non di aquile)
I rigoristi spingono perché tutta l’Italia diventi zona rossa dalla Vigilia all’Epifania, anche se i dati mostrano che non ve n’è alcuna necessità. E pure gli esperti sono perplessi
Alla fine, non così sorprendentemente, pare proprio che stretta di Natale sarà. Secondo indiscrezioni, infatti, l’ultima giravolta pseudo-clinica dell’esecutivo colorerà di rosso l’intera Penisola dalla Vigilia fino all’Epifania. Questo, almeno, è l’orientamento su cui stanno spingendo i falchi della maggioranza. Che, perseverando nella sconcertante schizofrenia di Governo, dimostrano chiaramente di non essere delle aquile.
Verso la stretta di Natale
«È tempo di scelte rigorose di Governo e Parlamento: solo regole più restrittive durante le festività potranno evitare una terza ondata di contagi». Così ha cinguettato Dario Franceschini, Ministro dem dei Beni culturali, auspicando quella stretta di Natale che dovrebbe rendere zona rossa tutta l’Italia.
Su-Dario è un esponente di quell’ala rigorista che comprende anche i titolari della Salute, il nomen omen Roberto Speranza, e degli Affari regionali, Francesco Boccia. E a cui si oppongono i fautori di una linea morbida che potrebbe prevedere gli arresti domiciliari “solo” nei festivi e prefestivi, oppure una grande zona arancione. Tra questi spicca il bi-Premier Giuseppe Conte, che per parte sua preferirebbe limitarsi a «qualche ritocchino». Idea condivisa da parte del M5S e, soprattutto, da Italia Viva, il micro-partito di Matteo Renzi che ha disertato la riunione con i capidelegazione della maggioranza.
«La posizione di Iv è chiara, ribadita nelle ultime ore anche da Renzi» ha spiegato una nota. «Sulle ulteriori misure da adottare il partito sosterrà lealmente la posizione del Governo, purché si decida tempestivamente e si diano ai cittadini regole chiare».
Ed è proprio questo il problema. Come infatti direbbe il grande Ennio Flaiano, vi sono “poche idee, ma confuse”.
Le perplessità degli esperti
«A questo punto sono confuso. Avevamo deciso di prendere una linea, cioè di basarci sui dati dell’Rt e sulla capienza degli ospedali, e invece mi accorgo da 72 ore, cioè da quando in Germania hanno deciso di chiudere tutto, che il nostro approccio non va bene». Così l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, aggiungendo che «la cosa peggiore è l’incoerenza».
Ancora peggio, in realtà, è forse la brevimiranza, questo “virus” che pare aver contagiato l’intero esecutivo rosso-giallo inducendolo a seguire unicamente una strategia dell’hic et nunc. Il cui zenit – o meglio, nadir – sarebbe proprio la pedissequa imitazione del modello tedesco.
Palazzo Chigi dimentica, però, che Berlino può permettersi il lockdown duro perché indennizza le attività fino al 90%, con ingenti risorse a fondo perduto. Non a caso, su pressione di Iv la mozione di maggioranza in Senato chiede che «si prevedano misure di ristoro proporzionate alle perdite di fatturato».
Bassetti, poi, ha rincarato la dose. «Se diciamo che dobbiamo seguire il metodo tedesco chiudendo tutto, è come se dicessimo che abbiamo fatto cretinate».
Considerazione che riguarderebbe in primis il Comitato tecnico scientifico, che ha invocato la stretta di Natale senza però entrare nel dettaglio dei provvedimenti. Anzi, spaccandosi, con alcuni componenti che inizialmente avevano rifiutato di firmare il verbale in quanto non aderente «alle proprie posizioni».
Peraltro, stante l’attuale italico viraggio al giallo il Cts non ci fa una gran figura in nessun caso. O, infatti, si è trattato di un mero atto politico che prescindeva dalla curva epidemiologica e dal parere degli scienziati. Oppure questi ultimi hanno clamorosamente fallito nel leggere e interpretare i famigerati 21 parametri introdotti proprio per cambiare il significato del nostro tricolore. E, se sono disorientati gli esperti, figuriamoci l’opinione pubblica.
La stretta di Natale è ingiustificata
Anche perché i dati parlano chiaro, e mostrano come la stretta di Natale, seppur improntata al “meglio prevenire che curare”, attualmente appare ingiustificata. Si pensi al rapporto positivi/tamponi, che qualche giorno fa aveva causato un rigurgito di allarmismo perché era salito all’11,6%. Passato il weekend, dove la crescita – come abbiamo argomentato – è fisiologica, è sceso dapprima al 9,1% e ora all’8,8%.
Anche il dato sui decessi, poi, va preso con le molle, come evidenzia il caso del 14-15 dicembre. Quando sono stati segnalati 846 morti perché in Veneto hanno contabilizzato tutti insieme anche quelli dei giorni precedenti.
Ora, se ragionassimo come Giuseppi e i suoi fratelli, potremmo anche trarne una conclusione provocatoria. Invece preferiamo far nostra l’esortazione del Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova. Secondo la quale si può optare per disposizioni «anche più restrittive di quelle attuali, se necessario, ma comprensibili».
Come non sarebbe, verosimilmente, un nuovo confinamento che saprebbe più che altro di sciockdown. E la dizione adoperata è tutto, tranne che casuale.