Teatro dell’Opera di Roma si replica l’opera “Benvenuto Cellini”
L’opera è ispirata alla figura di Benvenuto Cellini, un “bandito di genio” secondo Berlioz che, come molti altri romantici
Domenica 3 aprile ore 16.30 verrà replicata all’Opera di Roma, per la nuova regia di Terry Gilliam per il Benvenuto Cellini di Hector Louis Berlioz. Alla direzione dell’Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma il maestro Roberto Abbado. Dopo Londra, Amsterdam e Barcellona, il carnevalesco e visionario allestimento firmato dal regista ex Monty Python, e dalla co-regista Leah Hausman, arriva finalmente a Roma. Le scene sono firmate da Gilliam stesso con Aaron Marsden, da un’idea originale di Rae Smith. Benvenuto Cellini, composta da Berlioz tra il 1834 e il 1838 su libretto di Léon de Wailly e Henri Auguste Barbier, mancava nel cartellone del Costanzi dalla stagione 1994/1995, quando andò in scena l’unico altro allestimento visto sul palcoscenico del teatro capitolino, con la regia di Gigi Proietti.
Un unico cast darà voce ai personaggi principali: John Osborn, reduce dai successi di Londra, New York e Vienna, sarà l’orafo Benvenuto Cellini. Nicola Ulivieri interpreterà Giacomo Balducci, Mariangela Sicilia, giovane artista al suo debutto romano, ha la parte di sua figlia Teresa. Alessandro Luongo sarà Fieramosca, il rivale di Cellini. Marco Spotti Papa Clemente VII. Varduhi Abrahamyan vestirà i panni di Ascanio, Andrea Giovannini di Pompeo, Matteo Falcier di Francesco, Vladimir Reutov del taverniere e Graziano Dallavalle di Bernardino.
Il nuovo allestimento, in coproduzione con l’English National Opera e De Nationale Opera di Amsterdam vede la coreografia di Leah Hausman (co-regista), i costumi di Katrina Lindsay, le luci di Paule Constable e i video di Finn Ross. Regista assistente Natascha Metherell. Maestro del Coro Roberto Gabbiani.
L’opera è ispirata alla figura di Benvenuto Cellini, un “bandito di genio” secondo Berlioz che, come molti altri romantici, rimase affascinato dalla sua figura, così com’è descritta nell’Autobiografia del grande orafo e scultore italiano.
Tutto, nell’ideazione e nella trama del Cellini, è incentrato sull’idea di rappresentare il suo tormento e la sua crisi, che diventano metafora della creazione dell’opera d’arte in genere: ancora una volta, come quasi sempre nelle sue composizioni, Berlioz intende tradurre in suoni un tema “esterno”, sia esso un testo letterario oppure, come in quest’opera, un problema di estetica. Non a caso la figura dell’artista come genio, visto in una luce fortemente drammatica, era stato pochi anni prima al centro del più celebre lavoro di Berlioz, la Sinfonia fantastica (1830), fortemente autobiografica e intitolata “Episodio della vita di un artista”.
Nel Benvenuto Cellini il luogo dell’azione da Firenze è spostato a Roma e di conseguenza il committente della statua di Perseo, che lo scultore deve fondere, è il papa Clemente VII e non, come nella realtà, Cosimo de’ Medici. La ragione di questo cambiamento sta nel maggiore fascino che la città papale, per di più ritratta nel periodo del suo vorticoso carnevale, aveva sul pubblico francese. Proprio al carnevale è dedicata una delle pagine più smaglianti dell’opera, poi rielaborato nel 1844 da Berlioz e divenuto celebre come “ouverture caractéristique”, con il nome appunto di Carnevale Romano. Molte anche le invenzioni dei librettisti che arricchiscono la trama con elementi del tutto nuovi, come l’amore di Cellini per Teresa e la figura di Fieramosca, rivale dell’artista. Jacopo Balducci e Ascanio sono invece due personaggi effettivamente esistiti all’epoca di Cellini (e il secondo, operaio di fiducia dell’artista, è anche protagonista di un romanzo omonimo di Dumas).
Nato come “opéra-comique”, e dunque con una struttura più leggera e con i dialoghi parlati, il Benvenuto Cellini conobbe una lunga elaborazione: fu modificato già in vista della presentazione, che doveva essere molto più complessa e sontuosa, prevista all’Opéra di Parigi. Molte peripezie accompagnarono le prime esecuzioni: al battesimo nel settembre del 1838 seguirono tre sole repliche, con pubblico scarso e molte polemiche; rimaneggiata dall’autore e con un nuovo tenore nel ruolo del protagonista, l’opera fu ripresa, sempre all’Opéra, nel gennaio dell’anno successivo, con esito ancora incerto. Il successo venne solo con l’esecuzione diretta a Weimar nel 1852 da Liszt, che aveva proposto a Berlioz significative modifiche.
TEATRO DELL’OPERA DI ROMA