Terze dosi, no al booster da un immunizzato su 10: ecco perché
Per la psicologa Graffigna è colpa della frustrazione e della disillusione, ovvero (a monte) della pessima comunicazione sulla pandemia: tipo quella dell’immunologo Abrignani
E, di colpo, per il Governo sulle terze dosi è scattato un campanello d’allarme: per ora piccolo, ma da non sottovalutare nella maniera più assoluta. Perché è indice di un disagio profondo che stavolta non riguarda i dubbiosi o i no vax, bensì gli immunizzati. E alla cui eziologia hanno contribuito anche le istituzioni, assieme ai loro manutengoli mediatici, incluse le cosiddette viro-star.
Lo scetticismo intorno alle terze dosi
Tra gli Italiani che hanno completato il ciclo vaccinale, uno su tre è scettico sull’ulteriore richiamo, e uno su dieci non ha proprio intenzione di farlo. Una statistica che potrebbe essere spiegata con un crescente senso di frustrazione. Questo, almeno, è ciò che pensa la psicologa Guendalina Graffigna che, intervistata da La Repubblica, ha puntato l’indice contro la (pessima) comunicazione sul SARS-CoV-2.
«Ci era stata ventilata un’uscita immediata dalla pandemia qualora ci fossimo vaccinati. Questo sta effettivamente avvenendo, ma con qualche ritardo. È normale, i miracoli non esistono, ma sarebbe stato meglio chiarirlo fin dall’inizio». Anche perché «non è la prima volta che ci viene prospettata l’uscita dal tunnel. E troppe volte siamo stati disillusi».
A queste considerazioni si può aggiungere anche la confusione ingenerata dalle contraddizioni tra gli “esperti”, compresi gli stessi enti sanitari. Con l’Ema che ha dato il via libera al booster per gli over 18, laddove l’Oms auspica invece una moratoria internazionale delle terze dosi.
La pessima comunicazione sulla pandemia
Nemmeno la sovraesposizione di virologi et similia contribuisce a dissipare le perplessità, come dimostra la sconcertante dichiarazione rilasciata al Corsera dall’immunologo Sergio Abrignani, membro del Cts. Secondo cui la nuova iniezione potrebbe «innescare una memoria di lungo termine che consenta di fare altri richiami non prima di 5-10 anni». Ipotesi non suffragata da nessun dato e, oltretutto, scientificamente delirante, visto che tra un lustro e una decade c’è un abisso.
Tanto per ribadire che politici, medici e rappresentanti dell’informazione spesso sembrano vivere sotto una campana di vetro – e di dimensioni globali. Come se, per esempio, per il 60% dei Francesi il “quarto potere” non desse un’importanza eccessiva al Covid-19, come riferivamo di recente.
A monte, infatti c’è sempre la narrazione mediatica unica che, con la sua libido per l’allarmismo, sta producendo un’esasperazione sempre più generalizzata. Un effetto collaterale, potrebbe dire qualcuno. O una risposta immunitaria.