Tevere, moria di pesci: habitat distrutto mentre Regione e Comune ignorano quintali di carcasse
Ennesima strage di fauna ittica nel fiume all’altezza della spiaggia Tiberis
Ancora una grave moria di pesci nelle acque del Tevere. Si tratta di quintali di esemplari di cefali, carpe, pesci siluro e altre specie. Ormai da una settimana i cadaveri degli animali galleggiano sulle rive del fiume Tevere causando miasmi insopportabili. Il danno non è solamente ambientale e faunistico ma anche sanitario, turistico quindi economico e di decoro urbano.
Come spiega Leonardo Tunesi biologo Marino a la Repubblica le carcasse sono solo il danno apparente ma sicuramente il fenomeno ha interessato anche piante acquatiche, microplancton e quindi un intero habitat fluviale, che impiegherà molto tempo per ripristinarsi.
Due giorni fa rimossi sono stati rimossi sei quintali di esemplari ittici morti anche a Fiumicino. E intanto prosegue lo scaricabarile tra Regione Lazio e comune di Roma su chi debba ripulire le acque, mentre Ama chiarisce che la rimozione in questo caso non è prevista nel contratto di servizio.
Moria di pesci nel Tevere: i precedenti durante l’estate del 2020
Un episodio analogo si era verificato all’inizio di giugno del 2020 sempre nella zona Marconi si trattava in quel caso di barbi, tiberini e cefali, vicenda che si è poi replicata a luglio dello stesso anno.
Le indagini dell’Arpa hanno rilevato la presenza in acqua di nicotinoidi, pesticidi utilizzati in agricoltura soprattutto per le colture di mais che si trovano a nord della capitale.
Come riporta RomaToday anche in quell’occasione la strage avviene dopo un forte temporale. Infatti si ipotizzò che la pioggia trasportasse in acqua gli inquinanti presenti sulle strade. Da notare che anche nella giornata di martedì 24 agosto, due giorni prima dell’emergere dei cadaveri, si è verificato un forte temporale nella capitale.
Secondo le dichiarazioni che aveva rilasciato a la Repubblica Marco Lupo, direttore Arpa, le abbondanti precipitazioni di qualche giorno prima avevano causato una “contaminazione fecale”. Ossia l’acqua dei fossi lungo gli argini si sarebbe riversata nel Tevere provocando l’aumento improvviso dell’apporto organico, riducendo l’ossigeno in acqua e causando così la morte per soffocamento dei pesci.