The Stone Roses, da Manchester, è il disco della quarantena di oggi
The Stone Roses è l’album d’esordio degli omonimi Stone Roses. Parliamo del 1989, quando Manchester diventò per un breve periodo, Madchester
The Stone Roses è il disco della quarantena di oggi, album d’esordio degli omonimi Stone Roses. Parliamo della fine degli anni ’80, il 1989, quando Manchester diventò per un breve periodo, Madchester. Con gli Stone Roses arriva la terza rivoluzione da Manchester, che segue quelle messe in atto dai Joy Division prima e dagli Smiths poi. A differenza delle precedenti dove l’esistenzialismo senza ritorno dei primi e quello da cameretta dei secondi, qui siamo davanti a tutt’altra rivoluzione. I germi della house music che arrivano dall’altra parte dell’oceano, si mescolano con il revival del ’60s beat. Complice l’esplosione della “summer of love” mancuniana, grazie al contributo di manager lungimiranti come Tony Wilson. E anche di locali divenuti poi leggendari come l’Hacienda, gli Stone Roses lasciano un segno indelebile sulla scena “Madchester”.
Un album che abbatte le barriere
Una scena destinata ad abbattere le barriere tra rock e dance e a influenzare profondamente la musica inglese degli anni successivi. Tanto per far degli esempi non a caso senza “madchester” non staremo qui oggi a parlare ancora di Oasis o Radiohead. Ci vuole una bella faccia come il culo nonché un ego spropositato per mettere due canzoni dal titolo I wanna be adored e I am the resurrection ad aprire e chiudere l’album, ma tant’è, gli Stone Roses hanno il vento in poppa e in quella “summer of love” possono permettersi tutto e il contrario di tutto, anche di andare a spacciare alla fine dei loro concerti invece di mettersi dietro il banchetto del merchandising nel locale dove hanno appena finito di suonare.
La fantastica copertina di Stone Roses
Oltre a queste due canzoni in mezzo al disco troviamo altri gioielli pop come made of Stone, She bang the drums, Don’t stop. A dare lustro al lavoro anche la copertina del disco, realizzata dal chitarrista John Squire, ispirata a un lavoro di Jackson Pollock e che fu inserita dal mensile Q Magazine tra le 100 copertine più belle di tutti i tempi.
L’unica pecca del disco è la mancanza in scaletta di Fools gold successivamente uscita come singolo e che più di ogni altra canzone rende chiaro il concetto che quando si parla “Madchester” si parla di Jimi Hendrix che va in discoteca.