Thomas Mann e Franz Kafka, l’aquila e il martin pescatore
Riflessione su due maestri assoluti della letteratura in lingua tedesca del Novecento
Come Goethe e Hölderlin nell’Ottocento, così Thomas Mann e Franz Kafka nel Novecento furono i maestri assoluti della letteratura in lingua tedesca. Eppure, non ha molto senso presentare queste istanze letterarie e filosofiche pure differenti, come i due corni di una contraddizione, aggressivamente portati ad escludersi l’un l’altro. Furono diversi e complementari, allo stesso modo in cui lo sono l’aquila e il martin pescatore.
Scuola di resistenza
Se Hölderlin e Kafka furono maestri assoluti di verità, e valga il giudizio di Heidegger e Adorno in questo senso, Goethe e Mann furono maestri di resistenza e sopravvivenza e non è poco, come si può ben intuire, in questi tempi. Inutile negare, che abbiamo bisogno tanto di chi ci permette di cogliere la verità, quanto di chi ci fornisce indicazioni su come sopravvivere alla terribile visione delle cose stesse.
A tale proposito, ci sia consentito lo spazio di un ricordo personale. Quando ci presentammo al capezzale di un’amica che aveva subito un grave incidente, con una piccola raccolta dei romanzi brevi di Thomas Mann, dicendole che era necessario imparare a volersi bene, non abbiamo rimpianto di non averle regalato “La metamorfosi” di Kafka, quando, mesi dopo, abbiamo saputo dell’inutilità del tentativo, perché la giovane vita aveva preso la strada dell’eterno.
Thomas Mann e Franz Kafka, diversi e complementari
Il dubbio può venire, caso mai, relativamente ai limiti della letteratura stessa. Ma non rispetto alla forza umanistica e costruttiva dell’opera di Mann, di colui che, nel 1938, mandò a dire ai nazisti che la Germania era lì dove era lui.
Kafka che non conosceva tale forza, quella di chi si pone sulla breccia di un movimento di resistenza mondiale, invitando i suoi connazionali a non cedere alla barbarie nel nome di Goethe e di Schiller, sapeva tuttavia dell’abisso e dell’abiezione che stava consegnando il mondo nelle mani del totalitarismo.
Il potere delle immagini
Così, tra le belle iniziative del mondo culturale, ci sono anche le biografie per immagini dei grandi scrittori. E anche qui, il cammino di Kafka e Mann procede parallelamente.
Da una parte abbiamo “Franz Kafka. Immagini della sua vita” (1983, ed. it. Adelphi) di Klaus Wagenbach; dall’altra “Thomas Mann. Una biografia per immagini. Saggio critico biografico di Cesare Cases e presentazione di Golo Mann” (1982, Studio Tesi).
La presentazione delle immagini è coerente con la loro opera e non potrebbe essere diversamente. Da una parte Kafka, il martin pescatore, l’uccello leggero e sovrano al cui sguardo nulla resiste; dall’altra Mann, la forza e la tenacia dell’aquila, con la necessaria volontà di semplificare, che il suo compito le impone.
Da una parte il radicalismo della verità di Kafka, uno sguardo impietoso e raggelante, degno di Schopenhauer e Leopardi. Dall’altra, la coscienza della crisi di Mann, ma smussata, filtrata, in nome delle improcrastinabili ragioni della sopravvivenza.
Ora, è perfettamente inutile, nonché sterile, chiedersi chi sia superiore o più grande, se l’aquila o il martin pescatore. Come sono inutili, sempre, questo tipo di paragoni, anche quando in ballo ci sono Platone e Aristotele, Michelangelo e Raffaello, Kant e Hegel, Mozart e Beethoven, Freud e Jung o, perché no, Pelé e Maradona.
Alla fine dei rispettivi libri, alcune immagini sono particolarmente toccanti e significative. Nel libro di Wagenbach, i genitori di Kafka al tramonto, sopravvissuti alla scomparsa del grande figlio. Una coppia di anziani sperduta, confusa, inconsapevole, che probabilmente non ha minimamente compreso né la grandezza del figlio, né l’avventura lunare in cui egli li ha trasportati.
Nel libro di Cases e G. Mann, una troneggiante Katja Mann, moglie di Thomas, in atteggiamento wagneriano, sembra voler ricordare a tutti – alla Germania, all’Europa, al mondo – tutto ciò che la cultura occidentale deve alla sua famiglia onorata, illustre, inimitabile.
Questione di scelte
C’è, ancora, nella differenza tra l’aquila e il martin pescatore, uno scarto che è anche un’opzione di civiltà. Nella scelta di essere aquile, come Mann, si avverte la volontà di essere tedeschi, seppure in senso completamente antitetico al delirio di potenza e morte del nazismo. Nella scelta di essere martin pescatore, come Kafka, c’è la lezione di riserbo e malinconia che proviene dalla Mitteleuropa. Oggi come ieri, tanto dell’uno come dell’altro, non è possibile fare a meno.