Trasporti in sciopero, Serbassi del Fast Confsal: “Costretti a fermarci, non abbiamo alternative”
“Se non sarà possibile più scioperare – afferma Serbassi – allora il messaggio è chiaro: il lavoro varrà sempre meno e chi lavora avrà sempre meno voce in capitolo”
![Treno, Frecciarossa](https://www.romait.it/wp-content/uploads/2024/08/Treno-1024x576.jpg)
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione del segretario generale della Fast Confsal, Pietro Serbassi, in occasione della proclamazione dello sciopero nazionale di 8 ore del trasporto pubblico per il prossimo 23 febbraio.
La lettera di Pietro Serbassi
Lo sciopero è il fulcro di ogni battaglia sindacale, l’ultima arma rimasta nelle mani dei lavoratori per difendere i propri diritti e contrastare un sistema che, negli ultimi decenni, ha visto un progressivo erosione delle tutele e una stagnazione dei salari. E nel settore dei trasporti pubblici e ferroviari, questa lotta assume un valore ancora più cruciale.
A far scattare l’ennesima protesta, questa volta, è stata la delibera 20/25 del 3 febbraio 2025 della Commissione di Garanzia, che ha modificato unilateralmente le fasce di garanzia nei giorni festivi per il Gruppo FS, imponendo nuove limitazioni al diritto di sciopero. Una decisione che ha portato FAST-Confsal, ORSA e UGL Ferrovie a proclamare un sciopero nazionale di otto ore per il 23 febbraio, nel tentativo di respingere quello che viene visto come un nuovo attacco alla libertà sindacale.
Ma dietro questo braccio di ferro tra sindacati, aziende e istituzioni, si nasconde un problema ben più profondo: la sopravvivenza stessa dello sciopero come strumento di contrattazione collettiva efficace.
Il diritto di sciopero sotto attacco: un sistema che spinge i lavoratori al silenzio
Per chi lavora nel settore dei trasporti, scioperare non è mai una scelta facile. Ogni giornata di protesta significa una perdita economica diretta per il lavoratore, la pressione di un sistema mediatico e politico ostile, e il rischio di non ottenere risultati immediati.
Ma soprattutto, scioperare oggi significa dover fare i conti con regole sempre più restrittive, imposte per limitare il reale impatto delle proteste. Se scioperiamo ci accusano di bloccare il Paese. Se non scioperiamo, ci dicono che non abbiamo strumenti di contrattazione. È un paradosso inaccettabile.
La realtà è che, senza scioperi incisivi, i contratti restano fermi per anni, i salari vengono erosi dall’inflazione e le condizioni lavorative peggiorano progressivamente.
Il blocco dei rinnovi contrattuali è ormai un problema strutturale: mentre in Germania i salari sono aumentati del 14% tra il 2021 e il 2023, e in Francia dell’11%, in Italia la crescita è stata quasi nulla negli ultimi trent’anni.
Eppure, chi sciopera viene sempre più spesso dipinto come un nemico del servizio pubblico, anziché come un lavoratore che chiede semplicemente una retribuzione equa e condizioni dignitose.
Scioperi di poche ore: una protesta simbolica che non incide davvero
L’Italia è uno dei pochi Paesi occidentali in cui uno sciopero dei trasporti può durare solo poche ore, spesso senza la possibilità di essere ripetuto a breve distanza.
Negli Stati Uniti, i lavoratori possono fermarsi per settimane fino a quando non ottengono aumenti salariali concreti.
In Germania, i ferrovieri hanno recentemente bloccato il Paese per più giorni, strappando condizioni migliorative sui salari e sugli orari di lavoro.
In Italia, invece, il sistema è stato modellato in modo tale da impedire scioperi veramente efficaci. Otto ore di stop creano disagi per gli utenti, ma non sufficienti da costringere aziende e istituzioni a negoziare seriamente.
Ecco perché l’ultima delibera della Commissione di Garanzia viene percepita come l’ennesimo tentativo di depotenziare il diritto di sciopero, un diritto riconosciuto dalla Costituzione, ma progressivamente svuotato di significato.
Il nodo trasporti: se i lavoratori si fermano, si ferma l’Italia
Chi lavora nel settore dei trasporti sa bene quanto sia strategico il proprio ruolo: senza autobus, treni e aerei, l’intero Paese va in tilt.
Non si tratta di un ricatto, ma di una realtà strutturale. E proprio per questo, i sindacati del settore hanno ancora una forza contrattuale che in altri comparti è ormai evaporata.
Mentre il mondo del lavoro è sempre più frammentato e precario, i trasporti restano uno degli ultimi bastioni della contrattazione collettiva, con lavoratori ancora in grado di farsi sentire.
Non possiamo lasciare che lo sciopero diventi solo un gesto simbolico. Se non possiamo scioperare davvero, allora non possiamo più negoziare nulla. Ogni sciopero dei trasporti divide la popolazione tra chi si schiera con i lavoratori e chi, esasperato dai disagi, li accusa di bloccare il Paese. Ma la vera domanda dovrebbe essere un’altra:
Perché i lavoratori sono costretti a scioperare per ottenere condizioni dignitose?
Se gli autisti, i macchinisti, i controllori, i dipendenti aeroportuali decidono di fermarsi, non è per capriccio, ma perché spesso non hanno altre alternative. Cosa accadrebbe se nessuno scioperasse più
Ma questa forza è messa in discussione dalle nuove normative: se scioperare diventa impossibile o inutile, il settore trasporti rischia di perdere l’unico strumento davvero efficace per difendere i suoi lavoratori.
Cosa accadrebbe se nessuno scioperasse più?
- I contratti si rinnoverebbero con anni di ritardo
- I salari resterebbero fermi mentre il costo della vita continua a salire
- Le condizioni di lavoro peggiorerebbero progressivamente
In un mondo ideale, non dovrebbe essere necessario scioperare per ottenere un contratto equo. Ma la realtà italiana racconta un’altra storia: senza scioperi incisivi, i lavoratori vengono ignorati.
Il futuro del lavoro passa dai trasporti
Il settore trasporti è uno dei pochi in cui la battaglia sindacale ha ancora un peso reale. Se anche qui il diritto di sciopero viene progressivamente limitato, allora sarà sempre più difficile per i lavoratori di qualsiasi comparto ottenere miglioramenti salariali e contrattuali.
Questa non è solo una battaglia dei ferrovieri, degli autisti o dei lavoratori aeroportuali. È una battaglia per l’intero mondo del lavoro.
Se scioperare diventerà impossibile, allora il messaggio è chiaro: il lavoro vale sempre meno e chi lavora ha sempre meno voce in capitolo.
La protesta del 23 febbraio non è solo uno sciopero. È un grido di allarme che riguarda tutti. Perché senza scioperi efficaci, non ci sono conquiste. E senza conquiste, il lavoro perde valore.