Trattato del ribelle, Ernst Jünger
Il Sabato Lib(e)ro di Livia Filippi
Lo scrittore filosofo tedesco Ernst Jünger assiste alla nascita della società di massa, si arruola volontario in frontiera durante la Prima Guerra Mondiale, vive gli albori del consumismo provando sulla pelle l’impatto dell’era delle macchine e una sorta di abbrutimento dell’uomo del Novecento.
Nel 1952 elabora questo saggio prendendo le mosse dal pensiero di Nietzsche il quale odia in ogni moralismo cristiano o cattolico, la morale del gregge, ossia l’annullamento dell’individuo, dell’indipendente e dell’originale. Le teologie hanno tutte per conseguenza più o meno lontana la sottomissione dell’individuo al principio sociale.
Una volta nati veniamo automaticamente assorbiti dalla società circostante: siamo una figura sociale, una categoria professionale, cittadini di un Paese e parte di una comunità culturale e religiosa. Veniamo spediti verso destinazioni ben precise che non abbiamo scelto noi, mentre qualsiasi indagine di mercato conoscendo i nostri desideri prevederà come ci comporteremo.
Il titolo del libro in tedesco è: ‘Der Waldgang’, letteralmente “colui che passa il bosco”. Un bosco inteso come una condizione spirituale e non un luogo fisico.
La concezione dell’individuo proprietario di se stesso si colloca all’origine della tendenza anarchica, individualista e nichilista. La figura del ribelle Jüngeriano infatti corrisponde a quella dell’anarca, si indentifica con la figura di un nemico, il quale presuppone una natura forte, senza implicare per forza un’accezione negativa; un nemico che si oppone allo Stato e a qualsiasi entità collettiva in cui non si riconosce.
Passare al bosco per lo scrittore significa cercare una nuova via all’esistenza, recuperando valori dimenticati dall’uomo moderno e dal mondo nichilista, globalizzato e materialistico, verso l’affermazione di un Sé a parte e al di là di tutto ciò che lo ha preceduto e seguito, ergo senza simili.
E’ un saggio socio-politico abbastanza emancipato dalle ideologie di destra e di sinistra. Uno spunto molto valido di riflessione è la critica ai sistemi elettorali democratico-dittatoriali che smaschera la trappola celata dietro le “libere elezioni”.
“L’arte del comando consiste semplicemente nel porre la domanda nel modo giusto, essa si rivela altresì nella messa in scena, nella regia di cui detiene il monopolio. L’evento va presentato come un coro assordante che suscita insieme terrore e ammirazione”.
La scelta di dire “No” è la scelta che distingue il Ribelle. La resistenza richiede grandi sacrifici e questo spiega perché la maggior parte delle persone sceglie la strada della costrizione e della subordinazione.
Nascosta come dietro un dito, in poco più di 100 pagine Jünger pone una grande domanda: chi può cambiare il cuore degli uomini?
Un buon inizio per trovare una risposta plausibile a questa domanda è lottare per emanciparsi dalla massa e salvarsi dall’abbrutimento culturale e morale poiché “Uomini e popoli o si dimostrano all’altezza dei tempi o da essi vengono rovinati.”
Ogni società che verrà avrà ai suoi margini dei ribelli, che coscienti della loro libertà non inventata ma riscoperta, saranno capaci di riprendere se stessi. L’incubo dei potenti è che un giorno nel grigio delle pecore, questi lupi, forti in se stessi, trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in branco.