Trump a processo, gli Usa ormai sono come le peggiori dittature
Biden cerca di eliminare per via giudiziaria il suo competitor: un metodo che (come anche l’Italia sa bene) concettualmente non differisce molto da quelli in uso nelle autocrazie
Com’è ormai ampiamente risaputo, Donald Trump andrà alla sbarra a Washington il prossimo 4 marzo, giusto il giorno prima del Super Tuesday per le Primarie repubblicane. Una “coincidenza” che rende davvero difficile allontanare il dubbio che siamo di fronte a un processo puramente politico. E fa scendere gli Stati Uniti praticamente sullo stesso livello delle peggiori dittature del cosiddetto “Terzo Mondo”.
Trump-Biden, due pesi e due misure
Nei confronti di Donald Trump e Joe Biden ci sono sempre due pesi e due misure. Non solo sul piano mediatico – che già, comunque, non sarebbe una questione da poco -, ma anche e soprattutto su quello del diritto.
La “gaffe machine”, infatti, è nella bufera per gli scandali risalenti all’epoca in cui era vicepresidente di Barack Obama e riguardanti certi opachi “affari di famiglia”. Tipo i dieci milioni di dollari ricevuti dall’azienda energetica ucraina Burisma Holdings dopo aver fatto licenziare il Procuratore Generale di Kiev Viktor Shokin. Che stava indagando sui vertici della compagnia, tra i cui dirigenti – en passant – figurava lo scapestrato secondogenito Hunter Biden.
Questo schema corruttivo, rivelato da un informatore ritenuto «altamente credibile», è già stato almeno in parte corroborato. Ed è il motivo per cui lo speaker della Camera Kevin McCarthy ha paventato la possibilità di avviare una procedura di impeachment nei confronti di Sleepy Joe.
Il tutto, va da sé, nel silenzio assordante del cosiddetto “quarto potere”, prontissimo invece a solleticare un’ossessione quasi morbosa verso The Donald. E fallendo però nel cogliere un lato della vicenda per nulla marginale.
Gli Usa come le peggiori dittature
Quando si evocano scenari di esautorazione della minoranza, la mente tende a correre lontano dall’Occidente, verso Nazioni non esattamente dotate di una solida tradizione democratica. Tipo il Senegal, il cui Presidente Macky Sall, pur non ricandidandosi, come riporta Le Monde ha fatto arrestare il rivale Ousmane Sonko sciogliendone contestualmente il partito. O il Pakistan, dove l’ex Premier Imran Khan è stato imprigionato due volte in quattro mesi con imputazioni che i suoi seguaci ritengono come minimo pretestuose. O il Gabon, in cui, prima del golpe, l’ormai deposto Presidente Ali Bongo Ondimba, scrive France 24, aveva accusato il competitor Albert Ondo Ossa di alto tradimento.
Tutte autocrazie distanti geograficamente quanto culturalmente, eppure gli Usa sembrano distinguersene solo per la parvenza di legalità con cui ammantano l’eliminazione per via giudiziaria del leader dell’opposizione. Una metodologia, peraltro, tristemente nota anche in Italia, che nel 2011 la vide applicata addirittura contro l’allora inquilino di Palazzo Chigi Silvio Berlusconi. Ciascuno può trarne le proprie conclusioni.