Tutte le leggi, dal 1950 a oggi, che ci hanno fatto raggiungere (quasi) la parità di genere
Dall’accesso alle giurie popolari nel 1956 alla ratifica della Convenzione di Istanbul, il percorso verso la parità di genere
Le leggi che dal 1950 hanno cambiato la realtà e il ruolo sociale e politico delle donne in Italia, ripercorriamo questa storia di lotte giuridiche e sociali verso la parità di genere.
Parità di genere, le tappe a partire dal 1950
Partiamo dal 1950 quando venne varata la legge 26 agosto 1950, n. 860 riguardante la “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”;
nel 1956: le donne hanno accesso alle giurie popolari col limite massimo di tre su sei (la norma rimarrà in vigore fino al 1978) e ai tribunali minorili;
nel 1958: la legge Merlin dichiara definitivamente chiuse le case di tolleranza: legge 20 febbraio 1958, n. 75, «Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui».
A partire poi dagli anni 60’ furono approvate leggi importanti che riconoscevano finalmente la donna non solo come oggetto politico, ma anche e soprattutto come soggetto politico: infatti, il ruolo delle donne all’interno della scena politica ha modificato sostanzialmente il modo di percepire e formulare le leggi.
Nel 1963, il matrimonio non è più ammesso come causa di licenziamento: legge 9 gennaio 1963, n. 7, «Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio e modifiche della legge 26 agosto 1950, n. 860». Le donne sono ammesse alla magistratura: legge 9 febbraio 1963, n. 66, «Ammissione della donna ai pubblici uffici e alle professioni».
Un ulteriore passo avanti nell’effettiva attuazione dell’art.51 della Costituzione: le donne possono accedere a tutti i pubblici uffici senza distinzione di carriere né limitazioni di grado.
Nel 1964 ci fu l’abolizione del “coefficiente Serpieri” nell’agricoltura era stato introdotto nel 1934 e consisteva nella valutazione in base alla quale il lavoro delle donne era considerato pari al 60% rispetto a quello svolto dagli uomini.
L’adulterio femminile non è più un reato
Nel 1968 l’adulterio femminile non è più considerato reato. Con due sentenze del 19 dicembre 1968, la Corte costituzionale abroga l’articolo sul diverso trattamento dell’adulterio maschile e femminile e quello analogo del Codice penale.
Nel 1970 viene approvata la legge sul divorzio: legge 1° dicembre 1970, n. 898, «Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio».
Nel 1971 la Corte costituzionale cancella l’articolo del Codice civile che punisce la propaganda di anticoncezionali. Nel 1971 la Corte Costituzionale abrogò l’art. 535 del Codice penale che vietava la propaganda di qualsiasi mezzo contraccettivo e puniva i trasgressori col carcere.
Nello stesso anno viene approvata la legge sulle lavoratrici madri: legge 30 dicembre 1971, n. 1204, «Tutela delle lavoratrici madri». Sono istituiti gli asili nido comunali: legge 6 dicembre 1971, n. 1044, «Piano quinquennale per l’istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato».
Un grande passo avanti nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia: legge 19 maggio 1975, n. 151, «Riforma del diritto di famiglia». Fino a questa riforma, il peso dell’educazione dei figli gravava, di fatto, sulle madri, ma tale impegno non aveva un adeguato riconoscimento giuridico. La patria potestà spettava a entrambi i genitori, ma il suo esercizio toccava al padre, secondo l’art. 316 del Codice civile. Col nuovo diritto di famiglia, la legge riconosce parità giuridica tra i coniugi e attribuisce a entrambi la patria potestà.
Nel 1976 viene nominata per la prima volta una donna, Tina Anselmi, ministro (Lavoro e previdenza sociale).
Nel 1977 è riconosciuta la parità di trattamento tra donne e uomini nel campo del lavoro: legge 9 dicembre 1977 n. 903, «Parità fra uomini e donne in materia di lavoro».
1978: approvata la legge sull’aborto
Anno 1978, viene approvata la legge sull’aborto.
Nel 1979 viene eletta la prima presidente della Camera nella figura di Nilde Jotti.
In seguito, nel 1981 Il motivo d’onore non è più attenuante nell’omicidio del coniuge infedele.
Nel 1983 la Corte costituzionale stabilisce la parità tra padri e madri circa i congedi dal lavoro per accudire i figli.
Nel 1984 la Presidenza del Consiglio dei Ministri costituisce la Commissione nazionale per la realizzazione delle pari opportunità, presieduta da Elena Marinucci.
Siamo nel 1986 quando la commissione nazionale per la parità uomo e donna elabora il «Programma azioni positive»: aziende e sindacati devono tutelare accesso, carriera e retribuzioni femminili.
E’ il 1989 e le donne sono ammesse alla magistratura militare.
Nel 1990 viene riconosciuta l’ indennità di maternità per le libere professioniste.
Nel 1991: Legge 10 aprile 1991, n. 125, «Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro». La legge dovrebbe essere in grado di intervenire nel rimuovere le discriminazioni e valorizzare la presenza e il lavoro delle donne nella società.
Nel 1992: Legge, 25 febbraio 1992, n. 215, «Azioni positive per l’imprenditorialità femminile». La legge sull’imprenditoria femminile favorisce la nascita d’imprese composte per il 60% da donne, società di capitali gestiti per almeno 2/3 da donne e imprese individuali.
Le quote rosa in merito alle elezioni degli enti locali
Nel 1993 con la legge 25 marzo 1993, n. 81 per la prima volta vengono introdotte le “quote rosa” in merito alle elezioni dei rappresentanti degli enti locali. Si stabilisce che per le elezioni regionali e comunali, i candidati dello stesso sesso non possano essere inseriti nelle liste in misura superiore ai due terzi: ciò riserva, di fatto, un terzo dei posti disponibili al sesso sottorappresentato (cioè le donne). Per le elezioni nazionali, viene introdotta l’alternativa obbligatoria di uomini e donne per il recupero proporzionale ai fini della designazione alla Camera dei deputati.
Nel 1995 questa serie di interventi legislativi è stata annullata con la sentenza n. 422 della Corte costituzionale, avendo il giudice stabilito che, in materia elettorale, debba trovare applicazione solo il principio di uguaglianza formale e che qualsiasi disposizione tendente ad introdurre riferimenti al sesso dei rappresentanti, anche se formulata in modo neutro, sia in contrasto con tale principio.
Nel 1996 la legge 15 febbraio 1996, n. 66, «Norme contro la violenza sessuale», punisce lo stupro come delitto contro la persona e non contro la morale come in precedenza.
Parità di genere dagli anni 2000
Nel 2000: Legge 8 marzo 2000, n. 53, «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città». Sia il padre sia la madre possono chiedere l’aspettativa, da sei a dieci mesi, entro gli otto anni di vita del bambino. La cura dei figli smette di essere, dal punto di vista legislativo, esclusiva prerogativa delle madri.
Nel 2001 legge 5 aprile 2001 n. 154 definisce le misure contro la violenza nelle relazioni familiari.
Nel 2004 la legge sulle elezioni dei membri del Parlamento europeo introduce una norma in materia di “pari opportunità”: legge 8 aprile 2004, n. 90, «Norme in materia di elezioni dei membri del Parlamento europeo e altre disposizioni inerenti a elezioni da svolgersi nell’anno 2004».
2011: legge 21 aprile 2011 n. 62 – Modifiche al codice di procedura penale e alla legge del 1975 n. 354 e altre disposizioni a tutela del rapporto tra le detenute madri e i loro figli minori.
2012: legge 23 novembre 2012 n. 215 – Disposizioni per promuovere il riequilibrio della rappresentanza di genere nei consigli e nelle giunte degli Enti Locali e nei consigli regionali.
2013, ratifica della Convenzione di Istanbul
2013: legge 27 giugno 2013 n. 77 – Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e lotta alla violenza contro le donne.
2015: legge 28 dicembre 2015 n 208 c. 790 – Codice rosa, riguardante il percorso di protezione delle vittime di violenza. Legge 208 del 2015 – Riscatto della maternità facoltativo al di fuori del rapporto di lavoro.
Nel 2016 la legge 20 maggio 2016 n. 76 regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze.
Nel 2017 la legge n. 165 adotta un sistema elettorale misto. Prevede l’alternanza di genere nella sequenza della lista; la quota di genere nelle candidature uninominali; la quota di genere nella posizione di capolista per i collegi plurinominali.
Parità di genere, ottimi risultati ma c’è ancora molto da fare
Per quanto concerne le elezioni europee, si introduce nella legge elettorale, solo per le elezioni del 2014, la cosiddetta tripla preferenza di genere che prevede nel caso in cui l’elettore decida di esprimere tre preferenze, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, pena l’annullamento della terza preferenza. Le norme riguardanti l’equilibrio di genere nella composizione delle liste e, quelle sulle triple preferenze di genere, entrano a pieno regime e hanno piena efficacia nelle elezioni del 25 maggio 2019. La tripla preferenza di genere nel 2014 porta all’elezione di 29 donne elette su 73 seggi spettanti all’Italia al Parlamento europeo, molto vicino al 40%. Nel 2019 la percentuale delle donne elette ha raggiunto il 42%, un grande traguardo se si pensa che fino al 2009 la media si aggirava tra il 10 e il 20%.
A cura di Catia Liburdi