Twitter e Social a pagamento, Mauro Masi: “Per gli utenti è anche un vantaggio”
Per un consumo responsabile e meno maniacale di questi potentissimi mezzi di comunicazione
Elon Musk ha accettato di rinviare le modifiche al servizio di sottoscrizione del social media Twitter a dopo le elezioni di medio termine in programma negli Stati Uniti domani, 8 novembre.
Twitter e altri Social presto a pagamento?
Lo riferisce la stampa Usa, ricordando che tra le altre cose, la società intende introdurre un abbonamento mensile del costo di 7,99 dollari per gli account “ufficiali” con contrassegno blu. Secondo indiscrezioni, il rinvio è dovuto tra le altre cose al timore che gli utenti possano effettuare la sottoscrizione a pagamento per impersonare figure pubbliche.
Il 7 novembre Musk ha avvertito che i furti d’identità sul social media verranno sanzionati con una espulsione permanente, che invece il magnate punta a rimuovere come sanzione per violazioni delle linee guida relative ai contenuti.
Secondo la Repubblica anche Mark Zuckenberg, fondatore di Meta, starebbe pensando a nuovi forme di ricavi e tra le ipotesi c’è quella di introdurre il pagamento per alcune funzioni. Meta ha creato un team interno di ricerca per esaminare vantaggi e svantaggi di una scelta così importante.
Questo perché a luglio 2022 Meta ha accusato per la prima volta un calo dell’uno per cento nei ricavi. Il calo dei ricavi per Facebook e Instagram è legato al crollo delle inserzioni, le quali costituiscono circa la totalità degli introiti, ha spiegato la Repubblica.
L’intervista a Mauro Masi
Secondo alcuni però un pagamento anche minimo per usufruire dei social potrebbe rivelarsi un vantaggio per il consumatore stesso. Rischio di un approccio paternalistico ai media? O una forma di tutela che l’utente stesso potrebbe apprezzare?
Abbiamo chiesto un suo commento al professor Mauro Masi, che si occupa da anni di editoria, comunicazione e informazione, con incarichi istituzionali di primo piano. Dall’aprile 2009 al maggio 2011 ha ricoperto la carica di direttore generale della Rai. Attualmente è amministratore delegato della Consap.
Professore, lei si è espresso in merito alla possibilità di rendere (almeno parzialmente) a pagamento l’utilizzo dei social, per un consumo più responsabile di questi potentissimi mezzi di informazione e comunicazione.
“Nel mio piccolo lo sostengo da tempo. L’utilizzo compulsivo e patologico che caratterizza alcune fasce dei fruitori dei servizi social potrebbe essere arginato da un pagamento. Questo perché il pagamento muta la percezione che l’utente ha del bene di cui sta usufruendo. Il Web e Internet hanno avuto il successo che sappiamo, anche e soprattutto per via di questa gratuità. Gratuità che per alcuni può significare dipendenza e patologia. Penso che il pagamento possa mettere dei confini tra la persona fragile e dipendente dai social e il Social stesso: un accesso più consapevole e un uso meno maniacale. Paradossalmente un contributo in denaro per l’uso dei social potrebbe rivelarsi un vantaggio per gli utenti”.
Inoltre, a dirla tutta, noi i social già li paghiamo, e a caro prezzo, offrendo tutta la nostra privacy. Ci conoscono meglio dei nostri genitori o del nostro psichiatra, possono indirizzare i nostri gusti e anticipare le nostre scelte. Si è instaurato un meccanismo perverso perché questo sembra preoccuparci davvero poco.
Insomma siamo oltre la comunicazione, qui si tratta di un’ibridazione sempre più stretta tra i nostri pensieri e l’intelligenza artificiale.
“Non cambierebbe molto da questo punto di vista perché non appena si accede i dati vengono già consegnati alla piattaforma. Ma certamente questo è un altro aspetto inquietante o quanto meno complesso di questi potentissimi mezzi di comunicazione.
Regolamentare questi aspetti è fondamentale per essere protagonisti di un mondo virtuale che ha enormi potenzialità e comodità ma che tuttavia è sempre più sfuggente ma al contempo invasivo”.