Ucraina, così la “strategia” dell’Occidente rende la pace un miraggio
L’Ue, da BoJo al blocco di Kaliningrad allo status di candidato concesso a Kiev, pare voler solo provocare la Russia: che risponde rafforzando l’alleanza con Cina e Africa
Qual è esattamente la strategia dell’Occidente per arrivare alla pace in Ucraina? Viene da chiederselo anche alla luce degli ultimi avvenimenti, che sembrano volti a inasprire, più che a stemperare le tensioni con la Russia. Spingendo, forse, il Presidente Vladimir Putin verso un pericoloso esaurimento nervoso, e sicuramente a tentare di ridisegnare l’intero quadro geopolitico internazionale vigente.
Qual è la strategia dell’Occidente riguardo alla guerra in Ucraina?
«Putin deve fallire» riguardo alla guerra in Ucraina. Questa è una delle diplomatiche dichiarazioni rilasciate, nel corso di un’intervista al Corsera, dal Premier britannico Boris Johnson. In linea, peraltro, con il blocco imposto, come ricorda l’Adnkronos, all’enclave russa di Kaliningrad da parte della Lituania. E, in misura minore, con lo status di candidato all’ingresso nella Ue accordato, come riporta RaiNews, a Kiev (e anche alla Moldavia) dal Consiglio Europeo.
Quest’ultima presa di posizione, scrive l’ANSA, è stata liquidata dal Cremlino come «un affare interno dell’Europa». Le altre suonano invece come delle provocazioni di cui non si sentiva minimamente la necessità (e non è certo la prima volta).
L’aspetto paradossale è che i leader comunitari sono realmente convinti che queste manovre possano ripristinare le «condizioni di pace» (vedasi alla voce Sergio Mattarella). Dimostrando così una volta di più, semmai ce ne fosse stato bisogno, la loro atavica, innata brevimiranza.
#condizionatore #draghi #guerra #Ucraina pic.twitter.com/qtmlWXahD5
— Le frasi di Osho (@lefrasidiosho) June 24, 2022
La Russia non resta a guardare
Lo Zar non è tipo da incassare senza reagire, e infatti ha reagito – secondo due direttrici. La prima delle quali, riferisce la Reuters, lo ha portato a incontrare il Presidente del Senegal Macky Sall. Il quale è anche Presidente di turno dell’Unione Africana, dunque il più alto rappresentante del Continente che, come raccontavamo, soffre maggiormente la crisi del grano.
Putin attribuisce questa emergenza alle sanzioni euro-americane e, come ha twittato il numero uno di Dakar, si è detto disponibile «a facilitare l’esportazione dei cereali ucraini». E poco importa, in questo caso, se sia verità o propaganda: a livello di realpolitik, conta di più che il leader senegalese creda all’omologo russo.
President #Putin expressed to us his readiness to facilitate Ukrainian wheat exports. Russia is ready to ensure the export of its wheat and fertilisers. I call on all partners to lift sanctions targeting wheat and fertilizer. https://t.co/i38urYl01o
— Macky Sall (@Macky_Sall) June 3, 2022
L’altra strada porta – e non a caso – verso la Cina che, come rileva QuiFinanza, da un lato acquista il petrolio e il gas di Mosca. E dall’altro collabora col Cremlino e con gli altri “BRICS” (Brasile, India e Sudafrica) per creare una nuova moneta finalizzata a rovesciare l’egemonia del dollaro.
D’altronde, non ci voleva molto a immaginare che la Russia non sarebbe rimasta a guardare. Bastava non essere… NATO coi paraocchi.