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Ucraina, Follini: “Non disperdere impegno profuso”

(Adnkronos) – "L’elenco è lungo, e assai vario. A destra c’è Salvini, sia pure con qualche prudenza in più rispetto al passato. E c’è l’eredità di Berlusconi e il lascito della sua amicizia con Putin. A sinistra, se così si può dire, c’è Conte nella sua ultima versione. Ancora più a sinistra c’è la lista che sta allestendo Michele Santoro con i suoi cari. E poi tutt’intorno ci sono le remore, le perplessità, i tormenti, gli slanci di tante correnti politiche annidate in un pezzo di mondo cattolico, nella sinistra d’antan, nella destra sociale. Insomma un vasto campionario di obiezioni che si riaffacciano ogni volta che la politica italiana è chiamata a prendere parte in qualche modo alla resistenza ucraina. Si tratta di un ordine sparso. Personalità e soggetti politici che non hanno nulla a che vedere gli uni con gli altri e hanno anche modi piuttosto diversi di affrontare la questione. Lega e Fi fanno parte della maggioranza e non possono, né vogliono sottrarsi al voto in favore dell’invio di armi. Il M5S aveva altrettanto votato a favore in passato. Dunque sarebbe improprio accomunare tutti sotto la stessa bandiera, fosse anche quella dell’arcobaleno pacifista. Altrettanto sparso è l’ordine della maggioranza che tiene ferme le nostre alleanze e i nostri obblighi internazionali. Laddove c’è la Meloni. C’è il centro di Renzi e Calenda che almeno su questo punto non hanno modo di dare fiato alle trombe del loro litigio infinito. E c’è il Pd versione Schlein, sia pure con qualche vistosa differenza di accenti tra chi appare, se non contento, almeno convinto di trovarsi idealmente in prima linea e chi invece avverte un briciolo di (crescente) disagio sulla questione delle altre armi da inviare. Resta il fatto che su questo argomento Meloni e Schlein finiscono per avere più punti in comune di quanto forse piacerebbe all’una e all’altra. E in modo speculare Salvini e Conte appaiono magari meno lontani su questo che su altro, anche se non arriveranno i rinverdire i fasti (si fa per dire) della stagione gialloverde. Questione di sfumature, se vogliamo. Ma non prive di significato. Infatti è la prima volta che gli schieramenti ostentano al loro interno qualche vistosa differenza sulla posizione internazionale del paese. Contraddicendo un dogma della Prima Repubblica (ma forse anche della Seconda) che prevedeva l’assoluta precedenza delle affinità geopolitiche rispetto alle diversità elettorali. Si dirà che non siamo certo gli unici a trovarci in questo bailamme. In questi stessi giorni negli Stati Uniti infuria una battaglia congressuale che vede contrapposti i repubblicani e i democratici. Con i primi che bloccano l’attività congressuale anche per evitare altri stanziamenti a Kiev e la Casa Bianca che cerca invece di tirare dritto in nome dei suoi obblighi di solidarietà verso Zelenski. Per non dire del contesto europeo, dove la vittoria di Fico in Slovacchia annuncia il primo ripensamento importante in favore della Russia di Putin. E’ evidente che un anno e mezzo di guerra con un grande sacrificio di vite umane (e di denaro) induce molti ripensamenti e lascia intendere che vi sia un progressivo affievolirsi dei favori popolari verso la causa dell’Ucraina aggredita e devastata dall’aggressione russa. Ed è assai probabile che questa tendenza verso il disimpegno possa accentuarsi qua e là, trovando magari nella contesa per le europee un terreno più che propizio. Senza contare l’effetto del passare del tempo, che in questi casi non è mai troppo benevolo. Così, tutta questa situazione pone ora le forze che sostengono l’impegno a difendere l’Ucraina di fronte a un bivio -anche nel nostro paese. O insistono su questo principio, e allora dovranno disporsi a difendere le loro ragioni in un contesto ancora più difficoltoso. O si dispongono a una progressiva e pur cauta marcia indietro, e allora finiranno per dare qualche ragione al fronte variegato dei loro critici di tutti i colori. Scelta ardua, in un caso e nell’altro. Più onorevole la prima, più comoda la seconda. Non tutto dipenderà solo da noi, e dal nostro -chiamiamolo così- fronte interno. Ma c’è da sperare che l’impegno profuso in tutto questo tempo non venga disperso. A questo bivio si deciderà infatti se nel nostro piccolo (che poi tanto piccolo non è) siamo ancora un alleato affidabile o se invece stiamo tornando ai giri di valzer dell’Italietta che fu".  (di Marco Follini) —politicawebinfo@adnkronos.com (Web Info)