Ucraina, l’informazione asimmetrica e il manicheismo bellico
I media, inflessibili con Mosca, chiudono volentieri un occhio sulle nefandezze di Kiev: come se gli atti di guerra non fossero tutti intrinsecamente da condannare
Parafrasando George Orwell, si potrebbe dire che nella guerra in Ucraina alcuni attacchi sono più (o meno) uguali degli altri. Almeno nella narrazione dei mezzi di comunicazione di massa, da sempre megafoni di un “manicheismo bellico” che separa nettamente il Bene dal Male. Due pesi e due misure che, tuttavia, gli avvenimenti più recenti mettono fortemente in discussione.
Due pesi e due misure
Scrivevamo in tempi non (troppo) sospetti che, in un contesto militare, nessuno è immune da un certo grado di propaganda. Inclusi i media mainstream che, fin dall’inizio del conflitto dei due Vladimiri in Ucraina, vogliono Zelensky “santo subito” mentre dipingono Putin come il diavolo.
Il Riformista l’ha definita «informazione asimmetrica», denunciandone al contempo le distorsioni (non solo ma soprattutto) italiane. Che consistono essenzialmente nel difendere la tesi precostituita anche a scapito delle eventuali evidenze, da silenziare o almeno occultare per quanto possibile.
L’informazione asimmetrica sulla guerra in Ucraina
È ciò che è accaduto, tra l’altro, con l’omicidio di Dar’ja Dugina, figlia del filosofo filo-putiniano Aleksandr Dugin che era il vero bersaglio dell’attentato. Dietro al quale, secondo fonti di intelligence americane citate dal New York Times e mai smentite, c’erano i servizi segreti di Kiev. Stesso schema quando il Presidente ucraino ha minacciato di uccidere i Russi «uno ad uno» se non si fossero ribellati allo Zar. Notizie che, ove se ne è dato conto, sono state accuratamente relegate nelle pagine interne.
Tuttavia, il non minus ultra, come dimostra per esempio Il Manifesto, si è raggiunto negli ultimi giorni. Quando il cosiddetto “quarto potere” si è dimostrato ancora una volta (giustamente) inflessibile verso l’offensiva del Cremlino contro una decina di città ucraine, capitale compresa. Ma ha chiuso volentieri gli occhi sul fatto che si trattasse di una rappresaglia contro l’autobomba che ha danneggiato il ponte di Kerch (che collega Crimea e Russia). Autobomba la cui livrea aveva indiscutibilmente delle tinte gialloblù.
Anzi, in questa circostanza Open, con tutti i suoi fact-checkers, ha dato spazio alla fake news secondo cui l’esplosione sarebbe stata orchestrata da Mosca. Anche se le Poste di Kiev, come riporta il Telegraph, hanno stampato praticamente in tempo reale un francobollo celebrativo del “successo”.
E sì che basterebbe che la stampa si ricordasse che è al servizio della Verità – non della NATO o dell’Europa. E che gli atti di guerra, a prescindere da quale ne sia la matrice, sono tutti, sempre e intrinsecamente, da condannare.