Ucraina, un anno di guerra (e nessuno parla di pace…)
Sono passati 12 mesi dallo scoppio del conflitto con la Russia: ma né Mosca, né Kiev, e nemmeno l’Occidente sembrano sforzarsi di giungere al sospirato cessate il fuoco
Sono passati esattamente 12 mesi dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Un anniversario “celebrato” in modi diversamente simili dai leader delle Nazioni belligeranti e dai loro alleati. I quali si sono prodotti in discorsi apocalittici e densi di retorica, in cui tuttavia spiccava – ahinoi – una grande assente: la pace.
Un anno fa scoppiava la guerra in Ucraina
Era il 24 febbraio 2022 quando il Presidente russo Vladimir Putin annunciava l’avvio dell’offensiva contro l’Ucraina. Un conflitto che, pur essendo “solo” uno degli oltre 110 attualmente in corso, come mai prima è stato caratterizzato da un “manicheismo bellico” inteso a separare draconianamente Bene e Male.
Merito (si fa per dire) soprattutto della dedizione dei media mainstream nel diffondere una narrazione a senso unico che non ammette dissenso o anche solo perplessità. Che pure si sono manifestati fin dall’inizio, in modo particolare su un punto ben preciso: gli sforzi per giungere al sospirato cessate il fuoco.
«Putin non vuole la pace» ha dichiarato, come riferisce l’ANSA, Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO. Probabilmente ha ragione, ma non sembra proprio che l’Occidente ragioni in modo tanto diverso.
I pregressi del conflitto tra Russia e Ucraina
Si pensi alla promessa di non espandere l’Alleanza Atlantica verso est, fatta nel 1990 al leader sovietico Michail Gorbačëv dalle controparti euro-americane. Una promessa verbale che, come sottolinea Panorama, negli anni è stata ripetutamente disattesa, sovente su input a stelle e strisce. Tant’è che per vari analisti la guerra oppone in realtà Usa e Russia, benché venga combattuta in Ucraina.
C’è poi un mistero che continua ad aleggiare da poco più di un anno, dal doppio viaggio compiuto a Mosca e Kiev dal Presidente francese Emmanuel Macron. Il quale, come rilevava Kyiv Independent, annunciò in conferenza stampa che sia l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky che lo Zar si impegnavano a onorare gli Accordi di Minsk. Un protocollo datato 2014 che, tra l’altro, prevedeva uno status speciale per le Repubbliche autonome del Donbass, e la creazione di una zona cuscinetto tra queste e l’Ucraina.
Tuttavia, secondo RIA Novosti le autorità di Kiev cambiarono idea dopo neanche 24 ore. Va da sé che un’agenzia di stampa russa non è probabilmente il massimo dell’affidabilità: ma è altrettanto vero che a essere ostile ai Trattati bielorussi, da sempre, è l’Ucraina.
Nessuno parla di pace…
Tutto questo, si badi, non toglie nulla alle responsabilità del Cremlino. Ma serve forse a capire meglio cosa c’è in ballo, e le difficoltà che sta incontrando il processo per far tacere le armi. Per dire, solo pochi giorni fa, come riporta TGCom24, il Premier Giorgia Meloni affermava che «chi sostiene anche militarmente l’Ucraina è chi lavora per la pace».
Spiace contraddire l’inquilino di Palazzo Chigi, ma quest’idea al massimo potrebbe valere in un’ottica riconducibile allo storico latino Publio Cornelio Tacito. Il quale, in riferimento ai suoi connazionali romani, fece dire a un generale britannico che “dove fanno il deserto, lo chiamano pace”.
L’omeopatia militare funziona ancor meno di quella medica. Per le terre martoriate dell’Europa dell’Est osiamo sperare in qualcosa di meglio.