Ue e GIMBE, bagno di realtà per i fanatici del pandemicamente corretto
La Fondazione scientifica smentisce la narrazione catastrofista sul Covid-19 nel silenzio dei media. E a Bruxelles le euro-liti bloccano ancora l’iter del Recovery not-F(o)und
E fu così che, a inizio ottobre, Ue e GIMBE riportarono i moderni don Chisciotte del politicamente corretto con i piedi per terra. Da un lato, infatti, Bruxelles ha confermato una volta di più di essere tutto, fuorché il Nirvana di cui vaneggiano i nostri “euroinomani”. Dall’altro, i dati dell’associazione Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze hanno smentito seccamente la vulgata sul coronavirus che motiverebbe lo stato di eccezione. Nel silenzio complice dei megafoni del pensiero unico, ça va sans dire.
La lezione di Ue e GIMBE
Ue e GIMBE hanno assestato un doppio, durissimo colpo agli adepti della branca clinica del politically correct – ovvero il pandemicamente corretto. Cronologicamente, il primo è arrivato dalla Fondazione che punta a promuovere e realizzare attività di formazione e ricerca in ambito sanitario.
Mercoledì scorso, l’ente ha diffuso un comunicato relativo al monitoraggio dell’epidemia di SARS-CoV-2 in Italia. La nota è stata ripresa anche dai media mainstream, che però ne hanno fornito un resoconto parziale volto soprattutto a confermarne la narrazione catastrofista.
Così c’è chi ha sottolineato il «picco dei nuovi casi», cresciuti del 42,4% in una settimana, e chi ha puntato sull’impennata della curva dei contagi. Numeri che secondo alcuni sfaterebbero delle «false sicurezze», e secondo altri suonano «la sveglia».
Queste cifre, intendiamoci, sono realmente presenti nel rapporto, che dà conto anche della crescita della percentuale positivi/casi testati, giunta al 4%. Solo che ce ne sono anche altre, che però curiosamente i manutengoli del sistema si sono scordati di menzionare.
«La composizione percentuale dei casi attualmente positivi si mantiene costante dai primi di luglio» ha dichiarato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE. «Mediamente il 93-94% dei positivi sono in isolamento domiciliare perché asintomatici/oligosintomatici; il 5-6% ricoverati con sintomi e lo 0,5% in terapia intensiva».
Statisticamente significa che, per esempio, sui 5.372 nuovi casi registrati venerdì 9 ottobre, quelli davvero gravi non arrivano nemmeno a trenta. Mentre oltre 5.000 hanno pochi o nessun sintomo. E, considerando anche il significativo aumento della quantità di tamponi giornalieri, significa che siamo “semplicemente” diventati più bravi a tracciare i contatti dei contagiati.
Cosa che, en passant, l’Istituto Superiore di Sanità aveva già evidenziato un paio di mesi fa. E che non giustifica minimamente alcun allarmismo, a meno che non sia funzionale a extra-disegni. Il che non è possibile, giusto?
Il Recovery not-F(o)und
Poi c’è il discorso sull’Europa e sul mitologico Recovery Fund, che da mesi gli intelliggenti con-due-gi spacciano per la panacea di tutti i mali. Magari sarà anche vero, ma non se i finanziamenti arriveranno alle calende greche.
In effetti, il nome Next Generation Eu avrebbe dovuto far subodorare qualcosina. E, per non smentirsi, gli euroburocrati hanno pensato male di far scoppiare uno scontro istituzionale tutto interno all’Unione Europea. Che ha già avuto l’effetto di paralizzare l’iter relativo al Bilancio pluriennale della Ue, da cui dipende il Fondo per la Ripresa.
Casus belli è stata la proposta del Consiglio europeo – cioè degli Stati membri – che doveva servire come base di discussione sul budget 2021-27 dell’Unione. La presidenza di turno tedesca, stretta tra i vari diktat incrociati, ha stilato un piano fondato sul taglio delle risorse destinate ad alcuni programmi. A cominciare dall’Erasmus e dalle politiche di vicinato e per l’asilo, che lasciano indifferenti (eufemismo) i cittadini comunitari, ma sono imprescindibili per il Parlamento Ue. Tanto per smentire l’idea, così stranamente radicata, che Bruxelles sia solo un carrozzone “con le regine, i suoi fanti e i suoi re”. Sensibilissimo alle istanze delle élites, e lontanissimo dai bisogni della gente.
«È deplorevole che l’Europarlamento abbia perso l’occasione di portare avanti i negoziati», ha dato fuoco alle polveri Sebastian Fischer, portavoce della rappresentanza teutonica.
A stretto giro di posta è arrivato il cinguettio di replica dell’araldo dell’Eurocamera, lo spagnolo Jaume Duch Guillot, che ha confermato l’interruzione dei colloqui. «Senza una valida proposta da parte della presidenza tedesca dell’Ue per aumentare i massimali, è impossibile andare avanti. I margini e la flessibilità sono per esigenze impreviste, non per trucchi di bilancio».
D’altronde, dal Recovery Fund al Recovery not-F(o)und è un attimo.
Da Ue e GIMBE un benvenuto nel mondo reale
Fin qui la cronaca, poi ci sono le implicazioni, soprattutto politiche. Proprio pochi giorni fa, infatti, raccontavamo delle indiscrezioni riguardo alle perplessità del Quirinale e dell’Ufficio parlamentare di bilancio sulla Nadef. In cui il Governo rosso-giallo aveva già ottimisticamente inserito i fondi europei, e poco mancava che se li fosse anche già spesi.
I dubbi, a quanto pare, attanagliavano anche il Pd, che però se li era fatti passare una volta ottenuto lo smantellamento dei salviniani Decreti sicurezza. Barattando così la solidità dei conti con la solidità di Conte, ulteriormente garantita dalla proroga dei pieni poteri correlati allo stato di emergenza.
Peccato che poi Ue e GIMBE abbiano svelato che queste trame avevano la consistenza di un gigante dai piedi d’argilla. Dando così ai fanatici del nuovo ordine sanitario un ennesimo, salutare benvenuto nel mondo reale.