Umbria: trionfo di Salvini. Adesso aprite gli occhi, cari adepti del “vero” M5S
Il centrodestra vince a mani basse. Il M5S parla di un esperimento “che non ha funzionato”: ma è più una autoassoluzione, che un’autocritica
Verdetto annunciato. Verdetto confermato. Anzi: amplificato. A tutto volume, o giù di là.
In Umbria il centrodestra, a fortissima trazione leghista e con Fratelli d’Italia come secondo pilastro, vince con esattamente venti punti percentuali di vantaggio. Infliggendo una durissima sconfitta a quello che per contrasto viene automatico chiamare il centrosinistra, ma che in effetti è un ibrido talmente pasticciato da sfuggire alle consuete definizioni.
Occhio: etichettarlo così, “pasticciato”, è quasi un atto di benevolenza nei confronti del M5S, intendendolo non già come il suo pessimo gruppo dirigente ma come i tantissimi militanti ed elettori in buona fede che gli hanno dato credito. E che spesso vi si sono identificati visceralmente sull’onda di un’ansia (sacrosanta) di rigenerazione morale, prima ancora che politica. E che perciò non si sono mai riconosciuti nell’orrido sodalizio con il PD.
Se il MoVimento potrà avere un futuro autenticamente innovativo, anziché ridursi all’ennesimo ingranaggio del Sistema, dipenderà da questi suoi sostenitori che hanno sempre aspirato a ben altro che a qualche ruolo più o meno collaterale al fianco dell’establishment. Quello italiano, accanto ai vari Renzi e Zingaretti e Boldrini. Quello europeo, in linea con una presidente della Commissione UE come Ursula von der Leyen e una governatrice della Banca Centrale come Christine Lagarde.
Nell’immediatezza della debacle umbra, sul sito ufficiale dei Cinquestelle è apparso un comunicato che va letto con estrema attenzione. Perché cerca di destreggiarsi tra l’inevitabile ammissione del fallimento e l’autoassoluzione per aver dovuto operare in condizioni obbligate.
È un testo che vale la pena di riportare quasi per intero. E mantenendone le parti in grassetto, per restituirne appieno i toni. I toni: ossia i punti chiave della comunicazione. O della retorica.
“Il patto civico per l’Umbria lo abbiamo sempre considerato un laboratorio, ma l’esperimento non ha funzionato.
Il Movimento nella sua storia non aveva mai provato una strada simile. E questa esperienza testimonia che potremo davvero rappresentare la terza via solo guardando oltre i due poli contrapposti.
Abbiamo provato a dare a questa regione una alternativa che non prevedesse le solite dinamiche politiche, vista l’emergenza che sta attraversando.
Dalla formazione del primo esecutivo ci è stato subito chiaro che stare al Governo con un’altra forza politica – che sia la Lega o che sia il Pd – sacrifica il consenso del Movimento 5 Stelle.
Ma noi non siamo nati per inseguire il consenso, bensì per portare a casa i risultati, come il carcere per gli evasori di questa settimana e il taglio dei parlamentari della settimana precedente.
Senza raggiungere il 51% imposto dalla legge elettorale, abbiamo avuto bisogno necessariamente di trovare altre forze politiche per governare.”
M5S: o si ritrova lo spirito originario…
Ci si destreggia, appunto. Con una pseudo autocritica che dice e non dice. E che quindi non affonda il coltello (il bisturi) come dovrebbe. Anzi, mira a legittimare le scelte fatte per restare a Palazzo Chigi rifugiandosi nella logica, quanto mai fuorviante, dello stato di necessità: siccome da soli non potevamo governare, siamo stati costretti ad allearci con chi ci stava.
Come no? Meglio un uovo oggi che una gallina domani. Ma a patto che l’uovo non sia quello di un uccello di tutt’altra specie: invece di un onesto pollo di cortile, un avvoltoio rapace e perennemente in cerca di prede.
Fuor di metafora, ci si è lasciati risucchiare nei meccanismi del modello dominante. Nella sua classica e ingannevole pretesa di pragmatismo: il mondo è quello che è, mica possiamo stravolgerlo noi… Appellandosi alla volontà/necessità di “portare a casa i risultati” ci si è alleati con quelle stesse oligarchie politiche e finanziarie che ci hanno portati alla situazione odierna.
Delle due l’una: o si è talmente ingenui, per non dire ottusi, da non capire che in questo tipo di operazioni si finisce fatalmente con l’accontentarsi di modifiche secondarie, e quindi con l’assecondare le linee strategiche dello statu quo, oppure si è consapevoli di questa inevitabile subordinazione e la si è accettata deliberatamente, vuoi per smanie personali di carriera, vuoi (ancora peggio) perché questa era fin dall’inizio la mission di Grillo & Casaleggio. Imbrigliare il malcontento e poi riversarlo, piano piano, nei “canali di irrigazione” del capitalismo europeista e filo USA.
La verità è nitida e terribile: il sistema non si può cambiare dall’interno. Per il semplice e insormontabile motivo che i suoi capifila e i suoi guardiani non hanno nessuna intenzione di farsi da parte, o anche solo di fare qualche sostanziale passo indietro. Prima lo si capisce, prima si smette di lasciarsi strumentalizzare.
Ripetiamolo: il M5S dei Di Maio & C. è la degenerazione delle istanze originarie del MoVimento, ossia dei meetup che ne sono stati gli antecedenti. Non era per andare a braccetto con il PD che tante persone si erano riunite a suo tempo e avevano profuso energie e speranze.
Sia benedetto il voto in Umbria, se servirà a recuperare quello spirito infuocato e rivoluzionario.