“Un giornale deve essere scomodo” intervista ad Antonio Padellaro
Il fondatore de “Il Fatto”, il giornale più interessante degli ultimi anni, racconta oggi la professione del giornalista
Antonio Padellaro, ex direttore de Il Fatto Quotidiano, fondatore di una delle più brillanti iniziative editoriali degli ultimi anni, parla del suo modo di intendere il giornalismo oggi, nell'era del web, ai microfoni di Roma ore 10 proprio nel giorno in cui il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, lascia la redazione di Via Solferino dopo sei anni di direzione. De Bortoli nel suo editoriale di commiato elenca le regole a cui il giornalismo dovrebbe tenere fede. Francesco Vergovich intervista Antonio Padellaro sullo stesso tema.
Ferruccio De Bortoli lascia la direzione del suo giornale con un'affermazione: “Un giornale deve essere scomodo”. Lei condivide che l'essere scomodo debba essere la qualità principale del giornalismo?
Ho lavorato al Corriere della Sera per vent'anni, dal 1971. Sono partito da mozzo fino a raggiungere la posizione di Capo dell'Ufficio Romano. Ferruccio appartiene ad una generazione di giornalisti, a cui appartengo anche io, che ha vissuto negli anni più affascinanti del giornalismo. Ha operato nel periodo più florido, gli anni del rapimento e dell'assassinio di Aldo Moro fino alla caduta delle Torri gemelle nel 2001. Sono tante le regole che oggi Ferruccio ha inserito nel suo editoriale "I giornali devono essere scomodi e anche temuti". A mio avviso, si possono avere delle opinioni, magari molto forti e anche una certa faziosità. La cosa fondamentale è dichiararlo al lettore e rispettarlo, dividendo la notizia dall'opinione.
Qual'è la sua idea di libertà di Stampa in rapporto con il nostro paese?
I condizionamenti alla libertà ci sono e dipendono dalle proprietà. Banchieri, industriali, finanzieri e azionisti di ogni genere sono i padroni, per così dire, delle testate e hanno due esigenze primarie: difendere i propri interessi e difendere gli interessi dei propri protettori politici. Comunque la libertà di stampa è assicurata nel nostro paese e tutelata dalla Legge, abbiamo ancora una costituzione. C'è inoltre possibilità di scelta. I giornali in edicola sono diversi, per non parlare della rete. Il problema della libertà di Stampa risiede soprattutto nel rischio di essere assediati da notizie spesso non verificate e fuorvianti. L'editoria vive un momento di crisi profonda, una crisi strutturale perché i giornali costano molto e vendono poco. In questo senso bisogna prestare attenzione.
Che tipologia di informazione viene offerta oggi al lettore dai giornali?
Ormai andiamo verso un futuro nel quale è evidente che la notizia in sé sarà conosciuta nel corso della giornata. I giornali arrivano, purtroppo, sempre ritardo a causa del processo di produzione lento rispetto agli altri media. Quando escono la mattina, molte notizie sono state già state bruciate dalla rete e dalla Tv. I giornali devono perciò assumere un nuovo ruolo, occuparsi dell'approfondimento. Il vice presidente dell'Associazione Bancaria mi ha raccontato che gli venne l'idea dell'approfondimento durante una cena importante. Una signora chiese cosa fosse la BCE pur conoscendo gli sviluppi economici del paese e da lì ha capito che se non si spiegano le cose fondamentali, noi giornalisti veniamo meno al nostro mestiere.
C'è chi dice che Padellaro ha lasciato la direzione del Fatto per l'arrivo della Lucarelli?
Assolutamente no. Sicuramente porterà una nota di allegria. Ho lasciato la direzione de "Il Fatto Quotidiano" perché, raggiunta una certa età, ho deciso di cedere il posto e Marco Travaglio è senza dubbio all'altezza del ruolo.