Un murale per Massimo Marino, il Don Chisciotte della Tv romana
Massimo Marino era un outsider: veniva dalla borgata, aveva un forte accento romano e non era laureato a Cambridge ma aveva un fiuto televisivo straordinario
Oggi viene inaugurata la nuova opera di street art dedicata a Massimo Marino, scomparso nel 2019. Il murale, realizzato dagli artisti Diamond e Solo, campeggia in via Aversa 11, nel quartiere Prenestino a Roma.
Questa notizia ci ha fatto particolarmente piacere perché testimonia l’affetto che molte persone, oltre me, nutrono ancora per Massimo Marino a qualche anno dalla sua scomparsa. Per chi non lo conoscesse cogliamo l’occasione per presentarglielo.
Chi era Massimo Marino
Massimo Marino: a molti questo nome non dirà niente e nemmeno la sua faccia. Per me e per i tanti che l’hanno apprezzato invece rappresenta tante notti divertenti davanti alla tv ma, al tempo stesso, anche l’ingiustizia di un mondo, quello televisivo, immolato al politically correct e dominato dall’ipocrisia di lupi travestiti da Cappuccetto Rosso. Un mondo al quale lui non avrebbe mai avuto accesso, fosse anche vissuto cento anni.
Del resto Massimo era un outsider: veniva dalla borgata, aveva un forte accento romano e non era laureato a Cambridge. A lui non sarebbe mai stato consentito l’ingresso nel mondo della televisione dalla porta principale. Ma quelli come lui questo lo capiscono e, in un certo senso, lo accettano. Invece di rinunciare trovano la strada, si rimboccano le maniche e ce la mettono tutta.
Così Massimo Marino, dopo mezzanotte, per vent’anni, dominò il circuito delle tv romane col suo programma “Vivi Roma Television”. Come farebbe un documentarista ci ha raccontato il mondo di serie B, fatto di locali di periferia, di aspiranti attrici, di ruffiani, di guitti e d’improbabili sosia di Celentano. Di gente della notte, di “localari”, di spogliarelliste di seconda categoria, di club privè e discoteche trash.
Un Don Chisciotte televisivo
Questo faceva Massimo Marino e lo faceva con una tale dignità da rendere tutta questa galleria di “mostri” meno volgare di quanto si possa immaginare. Per più di vent’anni ha lottato con un microfono in mano come un Don Chisciotte televisivo, con la ferma consapevolezza di chi sa di non poter mai uscire dal suo mondo di seconda mano.
Inutile dirvi che l’umanità che riusciva ad esprimere in ogni singola puntata del suo programma, non l’avreste trovata in nessuno show dei network nazionali. E questo, solo per merito suo e della sua intelligenza e sensibilità. Sono certo che Pasolini lo avrebbe amato e coinvolto per raccontare quella purezza che talvolta trasforma il brutto in bello.
Qualcuno lo notò e anche lui ebbe il suo momento buono. Carlo Verdone l’inserì in uno dei suoi peggiori film (il destino ineluttabile di certi eterni secondi) e poi qualcun altro, a cascata, l’ingaggiò per qualche caratterizzazione. Ma come tutti quelli che non sono nati con la camicia non ebbe mai, in vita, il suo vero riscatto.
Il murale al Pigneto
Non vide premiata col successo una vita spesa combattendo contro i suoi mulini vento. Ha sempre resistito col sorriso sulle labbra e forse non gli è neanche pesato cosi tanto (quelli come lui sono di bocca buona). Il fatto che vestisse come Califano e parlasse la lingua della strada non vuol dire che non fosse un signore, elegante nella sua apparente volgarità.
Solo gli stupidi e i presuntuosi si saranno fermati di fronte alla sua immagine e non avranno notato la sua gentilezza d’animo, la forza, la purezza e il suo talento innato per la verità. Del resto, certe perle, non sono per tutti. Non vogliamo fare l’apologia di Massimo Marino, ma semplicemente, per chi non l’abbia conosciuto, descriverlo per quella brava persona che era. Vogliamo solo ricordarlo, a pochi anni dalla sua morte, perché lo meritava.
Sapere che gli abbiano dedicato un murale al Pigneto e che tanta gente lo ricorda ancora con affetto ci fa pensare che lui, al cuore delle persone, seppe arrivarci (pur a tarda notte su canali impossibili) ed evidentemente, restarci. Questo, aldilà del murale, è senza dubbio, la prova del suo riscatto.