Un piccolo qui pro quo
Dramma e commedia possono essere così vicini da confondersi. E’ questo il caso di un nonno, una nipotina, una scuola materna e il caldo sopra la media stagionale
Non credo nella garanzia; cioè nella reale possibilità di garantire qualcosa – a meno che non sia già nelle nostre mani – a chicchessia. Sicché, mentre qualcun altro si strappa i capelli e pronuncia anatemi e fatwā all’indirizzo del reprobo di turno, reo di non aver rispettato il sacro giuramento, io non mi accanisco; non approvo ma comprendo.
E poiché tutto è bene quel che finisce bene, vi riferisco senza affrettate conclusioni una notizia che a me fa buon sangue, ripresa da un quotidiano di oggi.
Il fatto
Arezzo. Nonno si reca all’asilo a prendere la nipotina. Gliela portano e i due se ne tornano, mano nella mano.
A casa li aspettano i genitori della piccola. Ma quando la vedono sobbalzano: chi è questa?
Nessuno si perde d’animo, e con flemma più che inglese i genitori rimandano il nonno, da solo con la bambina sbagliata, a scuola a fare il cambio.
Lì giunto, il nonno trova fermento: la baby sitter della bambina scambiata è andata nel frattempo a prelevarla ma, come voi sapete, non l’ha trovata. Ha chiamato il padre che ha chiamato la polizia e già minaccia di denunciare la struttura. Mezz’ora di panico e accuse incrociate, fino a che all’orizzonte non si profila la coppia di ritorno. “Mi dispiace, mi avete dato un’altra bambina”.
La spiegazione
I portoni della struttura sono due, affiancati: uno è quello della materna, a cui il nonno era correttamente diretto; l’altro, a fianco, quello dell’asilo nido. Il nonno aveva suonato al campanello sbagliato. Aveva pronunciato il nome della bambina, era incappato – ahimé – in un’omonimia (cosa al giorno d’oggi nella norma, avendo quasi tutti i bambini di una stessa fascia d’età e genere lo stesso nome, uno dei 4-5 di volta in volta di moda). La piccola, due anni, gli era stata consegnata, e lo aveva seguito di buon grado; come senza batter ciglio il non-nonno l’aveva accolta.
Epilogo
E la nipotina autentica? Sta a far le ragnatele, nella sua aula della materna (è appena più grande dell’altra), chiedendosi se non si siano dimenticati di lei; o più probabilmente giocando ignara.
Qualcuno vuole una testa. Scattano gli accertamenti disciplinari nei confronti di un educatore e un custode della struttura.
Ma anche se i regolamenti su questo sono chiari, non mi accanirei contro di loro, probabilmente vittime di un incastro di sfortunati, dannati malintesi che prima o poi sono capitati anche a chi ora punta il dito.
Il commento, se proprio volete
La storia è carina (non così la pensano i genitori delle due bambine, nè quelli della scuola). Ed è cinematografica; alla francese, direi.
Raccomando la scena del primo ritorno a casa, i gesti e i primi piani dei due genitori e, in controcampo, la faccia del nonno.
Poi c’è la gag molto british, in cui, ripresisi, detti genitori rimandano il nonno a farsi sostituire il pacco sbagliato. Nessuno chiama la scuola come prima cosa.
Si riguardi ancora la scena del ritorno di non-nonno e non-nipote all’asilo nido, con le facce in rapida successione al pronunciamento della frase “Mi dispiace, mi avete dato un’altra bambina”.
Omonimia e – viene da pensare – somiglianza. Escluderei demenza senile o altri fenomeni collegati all’età: oggi il nonno di una bambina di tre anni è in genere un uomo di 50-55 o meno, presente a se stesso. E allora mi si affaccia un’altra suggestione cinematografica: quel nonno è un artista, uno svagato, o uno molto preso da mille impegni di lavoro, o magari assorbito ancora da liaisons sentimentali. Conosco persone che potrebbero essere scelte per il ruolo e lo assolverebbero con naturalezza. E ho memoria di un episodio in cui, dopo un pranzo fuori con mia sorella e mio figlio bambino, pagammo, ce ne andammo e, solo dopo un bel po’ di chiacchiere e un girovagare di vari isolati, realizzammo che l’infante Giorgio Ivan era rimasto felicemente parcheggiato nel gabbione dei giochi installato nel giardino del ristorante. Eppure siamo un padre e una zia amorosi.