Una capocciata, 6 anni di galera. Condanna bis per Roberto Spada
Confermata anche l’aggravante del metodo mafioso, fondamentale per frenare i clan alla Casamonica
Bene così. Roberto Spada, quello che con una testata spaccò il naso a Daniele Piervincenzi, il giornalista della trasmissione Rai Nemo che lo stava intervistando, è stato condannato anche in appello. Sei anni. Che sono pari pari quello che già gli erano stati affibbiati in primo grado. Sei anni che in parte sono dovuti al reato in sé, che è quello di lesioni, e in parte all’aggravante del metodo mafioso, introdotta dall’articolo 7 del D.L. 152/1991 e che prevede un aumento da un terzo alla metà della pena base.
La sentenza, così come l’abbattimento delle ville dei Casamonica, non ha soltanto l’ovvio valore di sanzionare il colpevole di una condotta illegale. Se si trattasse solo di questo, la soddisfazione e l’interesse sarebbero minori.
L’aspetto di maggior rilievo, sperando che diventi uno standard, è che si inizia a far capire a questo genere di delinquenti che la loro smania di spadroneggiare ha un costo. E che ce l’ha non solo nell’eventualità abbastanza improbabile che li arrestino per delle maxi imputazioni e che vengano effettivamente condannati, al termine di processi che durano un’eternità e sempre che quei galantuomini degli avvocati difensori non trovino qualche cavillo per mandare tutto in vacca. No. Quel prezzo andrà pagato anche per i reati ‘minori’. Quelli che loro sono abituati a commettere così, di slancio, di routine, quasi sovrappensiero. Tipo il raid del maggio scorso in un bar della Romanina, il loro quartiere-feudo, quando i Casamonica aggredirono addirittura una disabile, oltre al titolare romeno del locale.
Roberto Spada: una condanna, un esempio
La bella novità – ripetiamolo: a patto che non si tratti di un fuoco di paglia occasionale – è che anche in questi casi si finisce in galera e ci si sta per svariati anni. Consapevoli che non si è trattato di un ‘colpo di sfortuna’ eccezionale. Ma della norma. Se ti comporti da teppista mafioso, mescolando insieme la violenza spicciola del bullo di strada e l’intimidazione permanente del clan di appartenenza, devi sapere che non te la caverai con una (ennesima) ramanzina da parte delle forze dell’ordine.
Deve diventare un automatismo, nelle loro capocce di delinquenti abituali: toccate un innocente qualsiasi e vi sbattiamo in carcere. E vi ci teniamo il più possibile. Chiaro, semplice e definitivo. Poi, come si dice qui a Roma, vedete un po’ che volete fa’.