Unicredit vuole cancellare 8mila posti. All’unico scopo di gonfiare i profitti
Gli utili sono già miliardari, ma si mira a espanderli ancora di più. E la maggior parte dei licenziamenti, quasi seimila, riguarda l’Italia
Non lavorate in banca. Non lavorate, in particolare, a Unicredit.
Non importa: la questione dei massicci tagli agli organici di questo colosso bancario, che sul suo sito si definisce orgogliosamente “paneuropeo”, riguarda anche voi. Perché riguarda tutti.
E riguarda tutti – ci riguarda tutti – perché le logiche su cui si basano i piani di licenziamento di massa annunciati ufficialmente dall’ad Jean Pierre Mustier, ma già anticipati nel luglio scorso dall’agenzia Bloomberg, non sono quelle dolorose ma necessarie delle ristrutturazioni nei momenti di crisi.
No: sono quelle autoreferenziali e ciniche del massimo profitto, ottenuto con qualsiasi mezzo. E spesso inseguito/perseguito con il più facile, rozzo e crudele dei metodi: l’abbattimento del costo del lavoro. Ovvero, appunto, il licenziamento di quanti più lavoratori possibile.
Le linee generali dell’operazione sono ben sintetizzate da un articolo del Fatto Quotidiano: “Il piano battezzato ‘Team 23’ prevede che i costi totali di Unicredit ammonteranno a 10,2 miliardi di euro. L’ottimizzazione dei processi, supportata da maggiori investimenti in information technology, consentirà risparmi lordi in Europa occidentale per 1 miliardo, pari al 12% della base di costo 2018. Nel frattempo la banca conta di ‘creare valore per gli azionisti’ per una cifra pari a 16 miliardi di euro nell’arco del piano 2020-2023. In particolare, distribuirà dividendi pari al 40 per cento dell’utile netto sottostante nel periodo 2020-2022, che salirà al 50 per cento nel 2023, tra dividendi cash e riacquisti di azioni. L’ammontare sarà di 8 miliardi: 6 miliardi in forma di dividendi nel periodo 2020-2023 e 2 miliardi in forma di buyback, riacquisti di azioni.”
Cifre da far crescere all’infinito.
Persone da estromettere senza alcuna esitazione.
Efficientissimi, ossia spietati
Lo stesso Mustier, il cui sguardo gelido si commenta da sé, afferma che queste misure draconiane saranno «effettuate in modo sociale e responsabile», ma la frase fa il paio con quelle dei militari sulle “bombe intelligenti” e sui “bombardamenti chirurgici”. Traduzione: distruggeremo tutto quello che ci fa comodo, ma cercando di evitare danni ulteriori. E se poi ci saranno lo stesso, beh, sarà stata una pura fatalità…
Ciò che intende dire il supermanager francese, il quale dovrà comunque vedersela con i sindacati e come è ovvio sa benissimo di dover affrontare una trattativa che almeno all’inizio sarà turbolenta, è probabilmente che per i dipendenti estromessi ci saranno delle “concessioni” superiori agli indennizzi dovuti per legge. Ma questo non ha niente a che vedere con una vera attenzione per le ripercussioni individuali e sociali del maxi taglio in programma: è solo un’altra forma di investimento, allo scopo di minimizzare i fastidi ed evitare strascichi legali.
L’idea (il calcolo) è di perdere qualcosa “una tantum” in cambio di un vantaggio permanente negli anni a venire. Perché è vero che già adesso la gestione di Unicredit è ampiamente in utile, ma nell’ottica speculativa di chi mira a conseguire guadagni sempre più elevati non esiste limite alcuno alla smania di arricchirsi.
Non si accumula per lungimiranza. Si arraffa per cupidigia.
Non si azzanna per bisogno. Si divora per voluttà.