Università gratis per tutti? Gli inglesi pagano solo se guadagnano bene
I ragazzi laureati inglesi pagheranno le tasse solo se e quando inizieranno a guadagnare da una certa soglia di sterline in su
Il Consiglio dei Ministri ha fissato al 4 Marzo 2018 la data per le prossime Elezioni Politiche. E pronti, via, la partenza della campagna elettorale è scattata come l’assalto della cavalleria: con il botto: abolizione delle tasse universitarie, innalzamento delle pensioni minime, modifica o cancellazione della legge Fornero, e via discorrendo: qualcuno è riuscito persino a calcolare il costo di queste prime promesse elettorali. Decine e decine di miliardi snocciolati facile facile come dolci canditi fuoriusciti da un bel panettone al mascarpone. Come non detto: i miei salutari propositi di dieta e le buone risoluzioni per riprendere la linea dovranno cedere il passo davanti alle mitragliate di parole al vento per arraffare qualche voto: e dire che ero appena uscito vivo – per il rotto della cuffia – dalle abbuffate natalizie! Ragazzi, tre mesi così e i livelli di colestero, bile e noia riprenderanno a salire: non ne uscirò vivo: specie considerando che qui in Inghilterra le campagne elettorali durano si e no un modesto, magro mese di talk show piatti e sterili come garze d’ospedale. Più che di aplomb, in confronto alle scorpacciate elettorali italiane, parlerei di anoressia politica britannica.
Buoni, state buoni, ce n’è per tutti.
Berlusconi strizza l’occhio ai pensionati, Salvini promette di restituire giustizia agli esodati, Grasso scende dal secondo scranno più alto della Repubblica e grida:”Universita’ gratis per tutti!” – aggrappandosi ad utopie studentesche sessantottine per accaparrarsi il voto dei più giovani. Una mossa – quella dell’ex Presidente del Senato oggi a capo della Sinistra di Liberi e Uguali, identica a quella di Corbin, il leader maximo laburista che lo scorso Giugno promise di tagliare l’esorbitante costo delle tariffe universitarie alle giovani generazioni, ma alla fine perse, seppur di poco, le elezioni contro la conservatrice Theresa May.
Grasso e Corbin dunque, la strana coppia, in nome e per conto del medesimo slogan: Per tutti e non per pochi. Cameriere, il conto per favore! Cheque please!
Lo sforzo che Grasso richiederebbe al (quel che resta) Tesoro della Repubblica, apparentemente restituirebbe competitività all’Italia. Ma in soldoni? 1.6 Miliardi di Euro il costo per il contribuente. Spiccioli di un conto scritto al volo, fino a cinque volte inferiore rispetto a quello che Corbin avrebbe passato al suo Cancelliere dello Scacchiere. Se avesse vinto. Le tariffe universitarie infatti (reggetevi forte) qui ammontano a circa 9.000 Sterline all’anno, circa 10.000 Euro. Fatte salve le borse di studio agli eletti, o somme di denaro fornite da un’organizzazione privata o pubblica per uno scopo particolare. Che a conti fatti portano oggi uno studente a laurearsi con un macigno sul groppone di oltre 50.000 Euro, calcolando i vari extra. Perché poi molto ancora dipende da dove si chiede di studiare, dove si andrà effettivamente e come il tutto si ripagherà. Ricordiamoci infatti che gli studenti inglesi scappano di casa per studiare e se ne vanno il più lontano possibile dai propri genitori, dovendo ricercare altresì un lavoro part time per mantenersi l’affitto…mentre uno studente italiano – per lo più e con le eccezioni dovute – se ne resta a casa propria, a spese di mamma e papà e magari finisce fuori corso, concetto qui sconosciuto.
Ma uso il condizionale, perché, senza scendere nel dettaglio tecnico e coi limiti di questo articolo, basta infatti analizzare le semplici tabelle progressive sul sito del Governo Britannico, quel mega debito pronti, partenza e via, i ragazzi laureati inglesi (in Scozia la musica cambia) lo pagheranno solo se e quando inizieranno a guadagnare da una certa soglia di sterline in su, (17.000, 21.000, fino ad arrivare alle 25.000 sterline in futuro) in percentuale e con un tasso di interesse (agevolato pare) che varia anno per anno. Come dire, il debito c’è ed è sostanzioso, ma accumulatosi dopo 30 anni verrà automaticamente cancellato – sia se in parte pagato, sia se ancora intatto, per il fatto di non aver trovato un impiego, o appunto, uno sotto una determinata fascia. Nonostante lo spauracchio delle migliaia di sterline da pagare infatti, un recente studio degli Studi Fiscali Inglesi del 2014 ha stimato che circa il 73% dei laureati in GB non ripagherà il debito contratto. Per cui – o si è fortunati di arrivare nel gruppo degli eletti top con super salario – e ce ne sono – o il debito come dicevo si può estinguere. In un certo senso quel debito non conviene pagarlo in anticipo.
Infine vorrei qui aggiungere una cosa, spezzando una lancia in favore dell’eccellente livello di alcune Università italiane, isole felici sparse qua e là nel disastroso panorama nostrano (devo dire che ingegneri, broker o medici italiani qui sono accolti a braccia aperte e ben considerati nonostante tutto) in Inghilterra le Università sono un mondo a parte e le classifiche mondiali lo dimostrano: Cambridge quarto posto, Oxford sesto, Londra ottavo e nono: ancora evidentemente al top. Verissimo, le tariffe universitarie in Gran Bretagna sono effettivamente altissime, (triplicate negli ultimi anni con Cameron) col crescente rischio di veder diminuito il numero degli iscritti e di dover ricorrere a laureati provenienti dall’estero, ma i servizi offerti allo studente qui sono eccellenti: pochi posti a disposizione, merito, basti solo un esempio con le biblioteche che offrono computer portatili agli studenti: con aggiunte di campus sportivi come luoghi di pura fantascienza per un giovane della Sapienza di Roma (quale ero io) abituato a fare la fila per un esame di Diritto Costituzionale con il numeretto – come al supermercato.
Io credo che al di là di proclami, di facili populismi o ridicoli estremismi elitari, il criterio più giusto e democratico per le tariffe o tasse univeristarie resti quello progressivo che la nostra Costituzione mette ben in evidenza. Pagare il dovuto, ma in base ad un reddito familiare. L’educazione di un Paese è fondamentale per il presente e per il futuro, e va garantita a tutti, ma ovviamnete occorre anche valutare il rischio di non promettere più di quello che concretamente si ha in tasca.
E comunque, abolizione, abrogazione, promesse… siamo solo all’inizio di un’estenuante viaggio che molto probabilmente non ci consegnerà nient’altro che un panorama politico più ingarbugliato ancora di quello attuale. Fino a confondersi o a dimenticarsi di ciò che è stato detto. Nei prossimi tre mesi la politica farà il suo mestiere, quello di autosmentirsi un attimo dopo: noi ascoltiamo e prendiamo nota, ma in fondo come davanti ad ogni voto ci allacciamo le cinture per prepararci al solito volo nel simulatore delle promesse…