USA annulla diritto di aborto. Mentre in Italia ospedali con solo medici obiettori
La Corte suprema americana annulla la sentenza per il diritto sull’aborto, mentre in Italia la legge 194 non fa diminuire la presenza negli ospedali degli obiettori
La Corte Suprema degli Stati Uniti, nella giornata di ieri 24 giugno, ha annullato la sentenza Roe contro Wade che sanciva dal 1973 il diritto delle donne all’interruzione di gravidanza. Con un’approvazione di 6 giudici favorevoli e 3 contrari, in America ogni singolo stato avrà il nulla osta nelle decisioni per la legge sull’aborto. “È un tragico errore che riporta l’America indietro di 150 anni”. Queste le parole del presidente Joe Biden, mentre l’ex presidente Donald Trump la considera “una vittoria per la vita”.
L’arrivo del via libera senza regolamentazione da parte di un’istituzione come la Corte Suprema ha suscitato diverse reazioni spaccando ancora una volta l’opinione pubblica sul tema. Nel nostro Paese è in vigore dal 1978 la legge 194 che garantisce il diritto d’aborto alle donne. Ma il problema degli obiettori di coscienza tra i medici fa ancora molto discutere.
Secondo il report dell’Associazione Luca Coscioni, sono ben 31 le strutture sanitarie italiane ad avere il 100% dei medici obiettori di coscienza tra ginecologi, anestesisti, infermieri o operatori sociosanitari. Di queste, 24 sono ospedali e 7 sono consultori. Mentre per 50 strutture la percentuale è superiore a 90% e 80 hanno un tasso superiore all’80%.
Il resoconto è il risultato dell’indagine Mai Dati, condotta da Chiara Lalli, docente di Storia della Medicina all’Università La Sapienza, e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, e aveva lo scopo di constatare lo stato di applicazione della legge 194.
Questo è un grande traguardo poiché, come dichiara la stessa Associazione, “solo se i dati sono aperti sono utili e ci offrono informazione e conoscenza”. Questi, infatti, permetterebbero alle donne di poter scegliere una struttura rispetto ad un’altra sapendo prima qual è la percentuale di obiettori di coscienza. Fino ad allora i dati riportati nella relazione di attuazione del Ministero della Salute sono chiusi poiché sono presenti solo quelli nazionali e regionali aggiornati al 2020.
Italia: paese con minori aborti nel 2020, mentre gli ospedali pullulano di obiettori
Nel documento pubblicato dal Ministero le interruzioni di gravidanza riportate sono 66mila. Un dato che registra il 9,3% in meno di IVG (Interruzione volontaria di gravidanza) rispetto al 2019.
Attualmente la legge 194/1978 in vigore garantirebbe a ogni donna di abortire entro i 90 giorni, ossia 12 settimane, di gestazione per motivi di salute, economici, sociali e familiari. Secondo i dati riportati dal Ministero, l’Italia si registra come il Paese con tassi di abortività minori al mondo. Nelle donne tra i 15 e i 49 anni l’interruzione è di 5,4 ogni mille donne. La fascia in cui si registrano i tassi più elevati è tra i 30 e i 34 anni, ossia il 9,4 per mille donne. Mentre al di sotto dei 20 anni si registra il calo più importante con il 18,3% in meno rispetto al 2019. Per quanto, invece, riguarda le cittadine internazionali continuano ad avere tassi di abortività più alti rispetto alle 12 italiane per mille.
È importante analizzare quali potrebbero essere i possibili motivi per cui in Italia si è registrato un calo, nonostante la notevole percentuale di obiettori di coscienza in alcune regioni del paese.
Innanzitutto, negli anni sono notevolmente migliorate le tempistiche dell’interruzione di gravidanza. Questo ha portato un aumento notevole delle percentuali di interventi precoci, riducendo così anche il tasso di rischi e complicanze. Il 56% dell’IVG è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione, rispetto al 53,5% del 2019. Il 26,5% tra le 9 e le 10 settimane e il 10,9% tra le 11 e le 12 settimane. Mentre soltanto il 6,5% si è registrato dopo la 12esima settimana.
Queste percentuali potrebbero essere dovute all’incremento del ricorso all’aborto farmacologico. Infatti questa procedura viene adoperata, come riporta dall’articolo di Skytg24, nel 31,9% dei casi rispetto al 24,9% del 2019. L’aumento di questa percentuale sicuramente è dovuto all’abolizione dell’obbligo della prescrizione medica per la pillola di 5 giorni dopo, ulipistral acetato (EllanOne). Oltretutto diventa accessibile nel 2020 anche per le ragazze minorenni. Ma già nel 2018, come riporta il Ministero della Salute, l’eliminazione dell’obbligo aveva “inciso positivamente sulla riduzione delle interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), che è in continua progressiva diminuzione dal 1983”.
Tuttavia, nonostante l’aumento delle vendite dei contraccettivi di emergenza, rimane ancora troppo alta la percentuale di obiettori presenti negli ospedali pubblici. In ben 11 regioni, come l’Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto, varie strutture di servizio sanitario hanno un personale composto al 100% di obiettori. Le più inadempienti sono le regioni della Sardegna e Sicilia che hanno più dell’80% di mancata risposta all’accesso civico generalizzato.
“L’accesso a servizi di aborto sicuro è un diritto umano. Il diritto internazionale dei diritti umani chiarisce che le decisioni sul proprio corpo devono essere fatte dal singolo nel rispetto del diritto all’autonomia e all’integrità corporea. Costringere qualcuno a condurre una gravidanza indesiderata, o costringerlo a cercare un aborto non sicuro, è una violazione dei diritti umani. Inclusi i diritti alla privacy, all’autonomia e all’integrità corporea“. Come viene riportato da Amnesty International.
In questa situazione ad altro rischio la legge 194 non basta. E campagne come Libera di Abortire lottano ogni giorno affinché sia sancita una legge per regolamentare la presenza di obiettori all’interno del servizio pubblico sanitario.