Usa, arriva l’allarme: la solitudine è la nuova epidemia
Dopo aver affrontato la pandemia da Covid 19, ora dagli Usa arriva un nuovo allarme; la solitudine sta uccidendo le persone
Dopo aver affrontato l’isolamento per colpa della pandemia da Covid 19, ora dagli Usa arriva un nuovo allarme; la solitudine sta uccidendo le persone.
Stare soli può essere una scelta, ma in molti casi non lo è! Torniamo a parlare di solitudine, dopo aver più volte trattato questo problema nei nostri articoli di psicologia. Oggi però affrontiamo questo problema con un dato ancor più inquietante che ci arriva dagli USA.
Non parliamo solo di solitudine nella terza età ma di un fenomeno che si sta allargando sensibilmente anche tra i giovani e gli adulti in piena attività lavorativa. La solitudine cambia veste: da problema sociale sta diventando un vero problema sanitario. Dagli Stati uniti arriva un allarme: “Di solitudine si muore, è la nuova epidemia”.
Solitudine, l’allarme della Vivek Murthy
Il comunicato viene lanciato da Vivek Murthy che è la più alta carica della sanità in America quale Surgon General ovvero il chirurgo generale degli Usa e capo esecutivo dello United States Public Health Service Commissioned Corps è il responsabile delle questioni riguardanti la salute del paese che viene scelto dal presidente eletto e resta in carica quattro anni.
Murthy, nel suo report di 81 pagine afferma che soffre di solitudine il 50% degli adulti ed è mortale come il fumo. La solitudine può aumentare il rischio di morte prematura del 30%. Murthy ritiene che abbiamo bisogno di essere con gli altri così come abbiamo bisogno i bere e di mangiare.
Come in Europa anche in America oggi non esistono più le famiglie patriarcali e milioni di persone vivono sole.
I sintomi fisici e il ministero della solitudine
La solitudine porta una serie di eventi psicosomatici quali insonnia, malnutrizione, ansia, dipendenza da fumo, alcol e sostanze varie; tutti fattori che determinano un rischio più alto di malattie croniche che necessitano di assistenza continua da parte di caregiver formali e informali, con grande dispendio di denaro pubblico e privato e di energie da parte dei familiari spesso soli e a rischio di burn out.
Alcuni paesi come la Gran Bretagna e il Giappone hanno istituito da qualche anno il Ministero della solitudine per far fronte a questo fenomeno in forte crescita mondiale. La solitudine porta alla depressione e alla chiusura rispetto agli altri e a ogni forma di relazione.
Nelle grandi città sarebbero necessari controlli capillari degli anziani soli, anche attraverso figure importanti già presenti nel territorio (portieri, medici di base, farmacisti) che potrebbero funzionare da sentinelle in grado di mantenere contatti costanti con il servizio sociale di zona, che dovrebbe essere allertato nel caso si ravvisi la necessità.
Prevenire i rischi per gli anziani ma anche sensibilizzare i giovani
Sensibilizzare la comunità significa prevenire il rischio di trovare l’anziano morto in casa. L’indifferenza verso il prossimo è sintomo di una società malata; viviamo in un tempo fluido, in un vortice di relazioni veloci e in continuo cambiamento, dove non c’è spazio per il racconto di un anziano, ma se trascuriamo i nostri vecchi, oscuriamo la memoria e senza memoria del passato non saremo in grado di migliorare il nostro futuro.
La solitudine dei nostri vecchi rispecchia la solitudine dei nostri tempi. La solitudine rappresenta una sconfitta di una società che chiamiamo, erroneamente, “moderna”. (tratto dal libro “La memoria negata” 2020). Nei soggetti ultrasessantacinquenni il senso di isolamento e d’inadeguatezza si manifesta soprattutto dopo il pensionamento. Molti saranno i nuovi pensionati e tra qualche anno la popolazione anziana raggiungerà un numero mai sperimentato nella storia.
I nuovi anziani si presenteranno in massa a chiedere aiuti economici e sociali e questo nuovo quadro demografico ci obbliga a ripensare il sistema di welfare adottato fino a oggi oppure l’alternativa saranno le case di riposo.
Papa Francesco: “la società non si è allargata alla vita”.
Ripensare un sistema di welfare a partire dall’invecchiamento attivo, ovvero prevenire eventi devastanti attraverso un monitoraggio continuo e gratuito dello stato di salute nei luoghi più frequentati dalle persone più fragili.
“Grazie ai progressi della medicina la vita si è allungata: ma la società non si è allargata alla vita! Il numero degli anziani si è moltiplicato, ma le nostre società non si sono organizzate abbastanza per fare posto a loro, con giusto rispetto e concreta considerazione per le loro fragilità e la loro dignità” Papa Francesco 2015.