Vaccini anti-Covid, la linea (dura) di Draghi che mette a nudo l’Europa
Accelerazione sui sieri (anche extra-Ue come il russo Sputnik) e inflessibilità coi Big Pharma: la ricetta del Premier mentre la politica italiana discute di riaperture e lockdown
C’erano, non sorprendentemente, i vaccini anti-Covid al centro del primo importante appuntamento europeo del neo-Premier Mario Draghi. Il quale ha sciorinato le proprie ricette, senza però risparmiare stoccate alla gestione della crisi sanitaria attuata finora dai vertici comunitari. Come del resto hanno iniziato a fare personaggi insospettabili – e di certo non tacciabili di euroscetticismo.
Draghi e i vaccini anti-Covid
«Un’accelerazione sull’autorizzazione, la produzione, e la distribuzione» dei vaccini anti-Covid. È quanto si legge nella dichiarazione congiunta dei capi di Stato e di Governo comunitari stilata dopo il primo Consiglio europeo dell’era Draghi. Ed è un passaggio in cui c’è molto dell’ex Governatore della Bce, che ha sollecitato un approccio più concreto e deciso per quanto concerne la campagna vaccinale.
Una frecciata a Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea – e non è stata l’unica. Anche perché l’alta papavera è la principale responsabile dell’attuale caos, avendo firmato coi Big Pharma contratti che non prevedono penali in caso di ritardo nelle consegne.
«Le aziende che non rispettano gli impegni non dovrebbero essere scusate» ha tuonato SuperMario, ipotizzando per i colossi farmaceutici una sorta di divieto di export fuori dall’Europa. E «non solo nel periodo in cui non rispettano gli accordi, ma anche per un certo periodo dopo che riprendono a rispettarli».
Una proposta praticabile, che en passant fa emergere l’abissale differenza (in toni e prestigio) tra l’inquilino di Palazzo Chigi e il resto del panorama istituzionale. Basti pensare che Roberto Speranza, Ministro nomen omen della Salute, in Senato si era limitato a frignare che «non accettiamo tagli nelle forniture dei vaccini».
Quasi ad auto-assolversi, la numero uno dell’esecutivo comunitario ha comunque provato a esibire dei grafici sulle dosi in arrivo nel secondo e nel terzo trimestre dell’anno. Diapositive fumose e corredate di “potrebbe” e “dovrebbe”, che l’ex Presidente della Banca Centrale Europea ha liquidato tranchant: «non sono rassicuranti, perché non danno certezze».
Il condizionale è un conto, la “libertà condizionale” tutt’altro. Come l’economista romano sa bene, essendo l’argomento principe del dibattito politico italiano.
La discussione in Italia
«Mi rifiuto di pensare ad altre settimane e altri mesi, addirittura, di chiusura e di paura. Se ci sono situazioni locali a rischio, si intervenga a livello locale. Però parlare già oggi di una Pasqua chiusi in casa non mi sembra rispettoso degli Italiani».
Questo l’attacco sferrato dal segretario del Carroccio Matteo Salvini di fronte alle recenti ipotesi di un lockdown-bis. Una linea anti-rigorista sposata anche dagli enti locali, che premono per le aperture serali di bar e ristoranti almeno nelle zone gialle.
Il cambio di passo, che per ora il Governo ecumenico non contempla, non è d’altronde auspicato solamente dalla Lega. Ha un peso specifico notevole, per esempio, l’endorsement (parziale) di Stefano Bonaccini, che oltre a essere Presidente dell’Emilia-Romagna è un esponente di punta del Pd.
Comunque poi è arrivato il controcanto pavloviano del segretario dem Nicola Zingaretti, secondo cui «sulla pandemia Salvini purtroppo continua a sbagliare e rischia di portare fuori strada l’Italia». Idea quantomeno ardita, visto che nuovi arresti domiciliari a un anno dallo scoppio dell’emergenza coronavirus certificherebbero la débâcle totale del suo precedente esecutivo.
La realtà è che l’unico vero antidoto è quello che il Presidente del Consiglio ha prospettato ai suoi euro-omologhi. «Dobbiamo andare più veloci, molto più veloci» sui vaccini anti-Covid. Se necessario, acquistando anche altri sieri sviluppati al di fuori della Ue. Per esempio il russo Sputnik, come consigliava qualche giorno fa un euroinomane come Romano Prodi, aggiungendo che «il fallimento dell’Europa in ambito sanitario è evidente». E, per dirlo un ex Presidente della Commissione europea, significa proprio che il re è nudo.
Vaccini anti-Covid, le ricette italiane
Draghi ha anche suggerito, con tanto di citazione della letteratura scientifica, di dare priorità alle prime dosi di siero, per espandere più rapidamente la copertura vaccinale della popolazione. Di fatto è stato un (mezzo) autogol, perché una delle principali riviste specializzate, l’inglese The Lancet, ha da poco pubblicato uno studio che va nella direzione opposta. Evidenziando come un ritardo nella somministrazione della seconda dose di antidoto oltre il ventunesimo giorno dalla prima faccia crollare il potere immunizzante intorno al 50%.
Resta comunque una pura questione di approvvigionamenti – nonché di realpolitik. Bruxelles ha infatti aderito al programma Covax, volto a condividere i vaccini anti-Covid con i Paesi a basso reddito. Iniziativa lodevolissima, ma di difficile attuazione in un momento in cui i sieri non bastano neppure per i cittadini del Vecchio Continente. Tanto che il Capo del Governo ha ricordato che Usa e Regno Unito tengono per sé le proprie dosi, esortando l’Europa a fare altrettanto.
Viceversa, diventerebbe quasi una chimera raggiungere il traguardo del 70% della popolazione europea adulta immunizzato entro l’estate, come auspicato dalla von der Leyen. Che pure ha assicurato che «siamo fiduciosi di poter raggiungere il nostro obiettivo». Come a dire che non è solo l’Italia ad avere un problema di… Speranza.