Vaccino anti-Covid, la corsa della ricerca italiana per sconfiggere il virus
In Veneto e in Lombardia si prepara la sperimentazione dei candidati sull’uomo, senza dimenticare la partnership italo-inglese. E anche i raggi UV distruggono il coronavirus
La ricerca italiana ha fatto un altro importante passo avanti in direzione del vaccino anti-Covid. Due diversi gruppi hanno infatti ottenuto l’autorizzazione ad avviare la sperimentazione dei rispettivi candidati sull’uomo. E intanto un altro studio tutto tricolore ha verificato che anche la luce ultravioletta ha effetti letali sul virus.
Vaccino anti-Covid, l’annuncio della Regione Veneto
Era una conferenza stampa attesissima, soprattutto dopo le anticipazioni di Palazzo Balbi, quella presieduta dal Governatore del Veneto Luca Zaia. Il quale, dopo aver ricordato che «il virus continua ad essere fra noi», ha presentato l’avvio della sperimentazione del vaccino anti-Covid in Regione.
Accanto a lui il Rettore dell’Università di Verona Pier Francesco Nocini e i ricercatori del Centro Ricerche Cliniche (CRC) scaligero. E proprio dalla città di Romeo e Giulietta partirà la prima delle tre fasi tipiche dello sviluppo di un farmaco. Quella relativa ai test sui volontari sani che permetteranno di valutare l’effetto terapeutico e le eventuali reazioni collaterali del vaccino.
Il candidato si chiama GRAd-COV2, e ha ottenuto il placet dell’Istituto Superiore di Sanità e del Comitato etico dell’Istituto Spallanzani di Roma. Lo sta sviluppando l’azienda di biotecnologie ReiThera, che ha sede a Castel Romano, a partire da un virus respiratorio (un adenovirus del gorilla) geneticamente modificato.
Il DNA del patogeno è stato sostituito per accrescere la risposta immunitaria contro una specifica proteina, di nome Spike. Il grimaldello che consente al microrganismo di introdursi nelle cellule dell’organismo contagiato. Praticamente, si fornisce al sistema immunitario una “foto segnaletica” del nemico, onde poterlo distruggere agli albori dell’eventuale infezione.
il protocollo clinico della Fase 1 è stato illustrato dal professor Stefano Milleri, direttore medico-scientifico del CRC. «Si parte con la somministrazione a 90 volontari sani – 70 a Verona e 20 a Roma – di tre dosi diverse del vaccino». Inizialmente, i volontari saranno 45, di età compresa tra i 18 e i 55 anni. Poi, in assenza di controindicazioni, il candidato vaccino verrà somministrato «a soggetti potenzialmente più fragili, e quindi di età anche superiore ai 65 anni». Ed è possibile che il sospirato vaccino anti-Covid sarà disponibile per il Natale 2021.
Gli altri progressi della ricerca italiana
Nel frattempo, anche in Lombardia ci si prepara alla sperimentazione di Fase 1 di un altro candidato vaccino, dalle caratteristiche del tutto differenti. Si chiama COVID-eVax, ed è il frutto di una collaborazione tra Takis, un’altra azienda biotech situata a Castel Romano, e alcune realtà cliniche napoletane. La sperimentazione coinvolgerà 80 volontari sani, e dovrebbe essere avviata a dicembre presso l’Ospedale San Gerardo di Monza, l’Asst di Monza e l’Università di Milano-Bicocca.
La particolarità di questo vaccino è che non si basa su un virus disattivato, bensì su un frammento di DNA sintetico. Il quale, come ha spiegato il professor Paolo Bonfanti, «una volta iniettato nel muscolo stimola una reazione immunitaria» che previene l’infezione. Inoltre, a differenza delle altre vaccinazioni, questa può essere ripetuta qualora la risposta immunitaria dovesse diminuire col tempo.
Sempre a Milano, poi, alcuni scienziati hanno studiato più a fondo gli effetti letali della luce ultravioletta sul coronavirus Sars-CoV-2. La ricerca è stata condotta dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, dall’Ospedale Luigi Sacco, dall’Istituto Nazionale Tumori e dall’Irccs Fondazione Don Gnocchi.
Il potere germicida dei raggi UV era già noto, ma non se ne conosceva la quantità necessaria a inibire il Covid-19. Ebbene, come ha evidenziato la professoressa Mara Biasin, del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche del Sacco, basta «una dose molto piccola». Una dose «equivalente a quella erogata per qualche secondo da una lampada UV-C posta a qualche centimetro dal bersaglio» è infatti sufficiente a rendere innocuo il patogeno.
Vaccino anti-Covid, ragioni di Speranza
«Sono 25 i vaccini testati al mondo in questo momento, cinque sono già in Fase 3» ha sottolineato il Rettore veronese Nocini. Uno di questi ultimi è quello messo a punto dall’Università di Oxford in collaborazione con il colosso farmaceutico britannico AstraZeneca e la società IRBM di Pomezia.
I risultati preliminari relativi alle prime fasi, pubblicati sulla prestigiosa rivista The Lancet, sono molto promettenti. Il vaccino, dall’impronunciabile nome ChAdOx1 nCoV-19, ha infatti indotto una forte risposta immunitaria e degli effetti avversi moderati e limitati. Se gli studi clinici saranno positivi, potrebbe essere disponibile «in qualsiasi momento a partire da settembre», ha dichiarato Mene Pangalos, neuroscienziato e dirigente di AstraZeneca.
Insomma, gli scienziati italiani continuano a farsi valere. Come ha cinguettato il titolare della Salute Roberto Speranza, «i nostri ricercatori sono al lavoro senza sosta per vincere la sfida al virus».
Non c’è, naturalmente, grande rivalità in una competizione con un obiettivo così importante, ma una volta di più possiamo essere orgogliosi delle nostre eccellenze. A maggior ragione perché abbiamo anche molte ragioni di ottimismo. O meglio, in omaggio al Ministro nomen omen, abbiamo molte ragioni di Speranza.