Vaccino AstraZeneca, lo stop è doveroso, l’isteria (per ora) è ingiustificata
L’Aifa, che prima straparlava di “ingiustificato allarme”, sospende il siero dopo alcune morti sospette che comunque non dovrebbero essere correlate: una chance per fare chiarezza
Alla fine, com’è ormai noto, anche l’Italia ha optato per lo stop cautelativo al vaccino AstraZeneca. Decisione doverosa in seguito al verificarsi di eventi avversi, che potrebbero comprendere anche alcune morti sospette. Che con tutta probabilità non hanno nessun legame con il siero, ma su cui è dignum et iustum indagare a fondo. Possibilmente con un rigore scientifico equidistante dagli opposti estremismi di chi idolatra l’antidoto a prescindere e di chi invece, sempre a prescindere, lo aborrisce.
La sospensione del vaccino AstraZeneca
L’annuncio era arrivato attraverso uno scarno e laconico cinguettio pomeridiano dell’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco). Che aveva comunicato la sospensione del vaccino AstraZeneca «in via del tutto precauzionale e temporanea, in attesa dei pronunciamenti dell’Ema». La European Medicines Agency, che si riunirà d’urgenza giovedì 18 per esprimere un nuovo parere sul siero britannico.
La scelta è stata presa «in linea con analoghi provvedimenti adottati da altri Paesi europei», tra cui Germania, Olanda e Francia. Avevano comunque fatto da apripista Danimarca, Islanda e Norvegia, i primi Stati a rilevare problemi di coagulazione successivi alla somministrazione del preparato dell’azienda anglo-svedese.
L’Agenzia Danese per i Medicinali ha addirittura comunicato a quanti avevano ricevuto il vaccino AstraZeneca i sintomi per i quali potrebbe essere necessario contattare un medico. Che includono «forte mal di testa, forte mal di stomaco, il raffreddamento di una gamba, dolore improvviso e inaspettato in parti del corpo, difficoltà respiratorie, paralisi di un lato del corpo». Nonché il sanguinamento della pelle o delle mucose e la comparsa di lividi (eccezion fatta per il punto dell’iniezione) o di piccole macchie rosse sulla pelle.
In realtà, come ha precisato Giorgio Palù, virologo e presidente dell’Aifa, al momento tra i casi in esame e l’inoculazione della dose c’è una relazione esclusivamente temporale. «È improbabile un nesso causale diretto tra vaccinazione e decessi. Al massimo potrebbe esserci una concausa nel senso che i problemi potrebbero riguardare solo persone predisposte a sviluppare queste patologie», le sue parole.
La scienza però necessita di certezze – soprattutto quando ci sono in ballo delle vite -, quindi ben venga il supplemento di indagine. Che dovrà servire a sgombrare il campo da equivoci, accantonando dicotomie apocalittiche e facendo parlare solamente i numeri.
Gli opposti eccessi
Il primo eccesso, in effetti, non ha risparmiato neppure l’Aifa, benché sopra vi sia a caratteri cubitali la firma dei manutengoli del pandemicamente corretto. Eppure, perfino il leader italovivo Matteo Renzi ha stigmatizzato «la posizione contraddittoria» di via del Tritone. Che, neanche ventiquattr’ore prima del blocco, blaterava di «ingiustificato allarme» sul vaccino AstraZeneca.
Senza volerne scandagliare le motivazioni, è pacifico che un atteggiamento così ondivago porti acqua al mulino del fanatismo alternativo – quello complottista. Che en passant è il fratello gemello del primo, con cui condivide la discendenza dalla pretesa di un “pericolo zero” che in realtà è pura utopia. Tanto è vero che si parla di un rapporto rischi/benefici che, come ha notato Palù, anche sul vaccino AstraZeneca è tuttora ampiamente favorevole.
Di fatto, pure questa isteria uguale e contraria è (almeno al momento) del tutto ingiustificata. Come ha dimostrato il caso che aveva inquietato l’Italia – quello del professore venuto a mancare a diciassette ore dall’assunzione dell’antidoto -, sgonfiato ora dall’autopsia. Che, secondo le prime informazioni, ha rilevato come causa della dipartita «un problema cardiaco improvviso», senza però «nessun segno che permetta di collegare la morte alla vaccinazione».
Forse, quindi, è il caso di fare tutti un bel respiro e aspettare i dati, senza cadere né nel culto del vaccino né nella sua demonizzazione. Con un argomento così delicato e divisivo, infatti, se intanto si ottenesse l’immunizzazione dall’emotività ne guadagneremmo certamente tutti – in primis proprio in salute.