Vannini, il perito: “Marco era inizialmente cosciente, perché non fu aiutato?”
Secondo l’esperto di armi la connivenza della famiglia ha forse impedito a Marco Vannini di salvarsi
L’omicidio di Marco Vannini, vede il processo d’appello su tutti gli imputati della famiglia Ciontoli da rifare. Marco, ventenne di Cerveteri, è stato ucciso da un proiettile il 18 maggio del 2015 a Ladispoli, nella casa della ragazza che amava, della sua fidanzata, un luogo dove avrebbe dovuto essere accolto e protetto. Anche l’avvocato di difesa degli indiziati ha affermato che il ragazzo poteva salvarsi, se solo i soccorsi fossero arrivati in tempo.
Soccorsi che sono arrivati solo quando il padre della fidanzata Martina, dopo aver dichiarato che il ragazzo si era solo spaventato per uno scherzo, poi in una seconda chiamata che era caduto su un pettine, ha richiamato il 118, ben 110 minuti dopo un misterioso sparo. Antonio Ciontoli, il principale indiziato è sottufficiale della Marina militare distaccato ai servizi segreti, ha infine dichiarato che il colpo è partito per errore, mentre mostrava a Marco la sua pistola.
Uno degli elementi emersi in questa storia, che ha visto alternasi versioni diverse, è quello della gelosia della fidanzata Martina, che secondo Marina, la mamma della vittima, aveva causato la rottura tra i due fidanzati. Martina infatti era molto possessiva e contrariata che il ragazzo potesse intraprendere una carriera militare la quale secondo lei li avrebbe divisi.
I due si erano lasciati e poi erano tornati insieme solo due settimane prima del soggiorno di Marco nella casa dei genitori della ragazza, quando è stato ucciso. Ricordiamo che le intercettazioni ambientali hanno registrato Martina affermare “Io ho visto papà quando gli ha puntato la pistola”, versione mai confermata in tribunale.
Massimiliano Burri, esperto d’armi e perito balistico del Tribunale Penale di Roma, si è già occupato del caso Vannini, ci spiega perché la Beretta 84 con cui è stato ucciso Marco è un’arma tra le più sicure in produzione, una pistola a “prova di stupido”, così conosciuta negli ambienti dagli appassionati.
“Noi non abbiamo gli angoli di tiro, non abbiamo potuto visionare i documenti dell’autopsia e altre fonti indispensabili per fare indagini, ma da quello che trapela il signor Ciontoli teneva una pistola carica in bagno; un’imprudenza folle e già punibile penalmente. Coloro che per lavoro detengono queste armi sono responsabili della loro custodia e della salvaguardia di coloro che possono entrare nell’abitazione dove viene conservata. Ricordiamo che l’omessa custodia d’armaè persegubile penalmente. Quest’arma, che sarebbe dovuta essere strettamente custodita dal proprietario, era staat lasciata nel bagno di casa, un luogo di accesso generalizzato ai componenti della famiglia e di eventuali ospiti. Un altro elemento che costituisce una gravissima imprudenza è quello di maneggiare l’arma mentre c’era una persona all’interno del bagno. Arma che era, inoltre, carica, come dichiarato dall’imputato.
Le assicuro che per caricare un’arma, una beretta 84 ci vuole una certa forza sulle mani. Infatti è stata scelta proprio perché è un arma da cui è difficile partano colpi per errore. Ho avuto la facoltà di scegliere questa arma per i vigili urbani di Roma, proprio per la sua sicurezza. Inoltre una pistola deve essere caricata volontariamente perché possa partire un proiettile. Altro elemento che rende davvero flebile la versione dell’incidente”.
Per quanto riguarda il movente? Sembra essere l’elemento più misterioso in questa vicenda.
“Il ritardato intervento dei soccorsi complica questo tassello, forse il più importante in un omicidio. Ciò che dobbiamo chiederci è cosa è successo nei 110 minuti che intercorrono dal momento dallo sparo a quello dell’arrivo del 118. Se un proiettile non colpisce un organo vitale lampersona resta vigil e cosciente. Perché non riuscì a chiamare aiuto? perché se non ascoltato non riuscì a chiamare qualcuno? Cosa successe in quei 110 minuti? Questo ragazzo, all’inizio almeno, era cosciente, ma non è riuscito a correre sul pianerottolo e gridare, a prendere il telefono e chiamare aiuto. Un ragazzo prestante che fa anche il bagnino. Questo fa pensare che più di una persona glielo abbia impedito. La connivenza ha impedito che il ragazzo si salvasse? Forse Antonio Ciontoli ha protetto qualcuno della famiglia?
L’indiziato, che sembra essere un membro del nucleo dei servizi segreti, sapeva certamente usare le armi in modo esperto e il maneggio delle armi è la prima cosa che viene insegnata. I tentativi di occultare l’accaduto sono stati ridicoli e crudeli, come poteva pensare che nessuno si sarebbe accorto che la vittima era stata colpita da un proiettile?
Da omicidio colposo a volontario, il confine sembrerebbe essere molto labile; a dimostrazione di ciò il rinvio del processo da parte della Cassazione”.