Variante Sudafricana, l’infettivologo dello Spallanzani: “Nessuna prova di inefficacia del vaccino”
Il nuovo ceppo mutante di coronavirus emerso in Sudafrica potrebbe essere resistente ai vaccini?
Dopo l’annuncio della variante inglese, nel mondo si diffonde la preoccupazione per la variante Sudafricana del Sars-coV-2, chiamata 501.V2. L’ immunologo canadese dell’Università di Oxford, Sir John Bell, che fa parte della task force del governo britannico, ha avvertito che il nuovo ceppo mutante di coronavirus emerso in Sudafrica potrebbe essere resistente ai vaccini .
Per fare chiarezza abbiamo ascoltato il dottor Mauro Zaccarelli, infettivologo dell’ospedale Lazzaro Spallanzani, di cui riportiamo le parole.
“Partiamo dal dato che il virus muta come ogni altro e lo fa in relazione a molti fattori: alle terapie escogitate, all’ambiente, agli organismi con cui viene in contatto. Ormai sono tantissime le mutazioni del Sars-coV-2, ma solo alcune sono state identificate in laboratorio. Ad esempio la variante inglese ha almeno 9 mutazioni solo sulla proteina Spike, che vengono monitorate, perché potrebbero rendere meno efficace il vaccino.
Variante Sudafricana, nessuna evidenza che il vaccino sia resistente
La variante africana è in realtà una mutazione della proteina Spike del virus. Il sito è il 501 (per questo si chiama 501.V2), e fa paura perché è vicino al punto di attacco del virus sul recettore della cellula epiteliale del polmone. Essendo vicino, se dovesse mutare, renderebbe inefficace il vaccino. Questa però è solo un’ipotesi, non c’è alcuna evidenza che il vaccino possa esser reso inefficace da tali mutazioni.
Inoltre anche se questa variante trasmette il virus più facilmente, la patologia che ne consegue non sembra essere più grave. In Inghilterra c’è un importante aumento dei casi, che fa pensare che si stiano diffondendo queste varianti. Sono in corso diversi test sull’efficacia dei vaccini anti-Covid. Attendiamo dunque dati più certi”.