Vaticano, vento di cambiamenti: modificato anche un passo del “Padre Nostro”
Che storia ha questa antica e sentitissima preghiera? qual è l’iter che sta seguendo? Il passo riguarda la tentazione
Il “Padre Nostro” è una delle preghiere più sentite e a cui si è più legati nella cultura cristiana cattolica. La sua origine in aramaico, (lingua semitica antica forse 3000 anni) è avvolta dalla leggenda e dal mistero, nel sincretismo di un culto che andava formalizzandosi tra altre influenze spirituali del Medio Oriente. Sono almeno due le versioni, che si rifanno ai Vangeli di Luca e Matteo. Tradizionalmente veniva recitato in latino nel rito romano, oggi, un passo di questa ancestrale orazione sta per essere cambiato.
Il passo in questione è la modifica della supplica “non indurci in tentazione” che diventerà “non abbandonarci alla tentazione”. Lo ha comunicato monsignor Bruno Forte, specificando che “l’uso della preghiera modificata sarà introdotto nelle messe dal 29 novembre”, anche se la modifica testuale entrerà in vigore dopo la celebrazione di Pasqua. Questo cambiamento è stato studiato per ben 16 anni e tuttora non mette d’accordo l’intera comunità dei cattolici. L’anno scorso l’iter, che pur portando un messaggio spirituale, deve eseguire i percorsi della burocrazia terrena, era stato approvato dalla Congregazione del Culto Divino, organo che si occupa della regolamentazione della liturgia e soprattutto dei sacramenti.
La scelta ha acceso un dibattito tra i fedeli, che si domandando se sia opportuno cambiare un passo che da secoli viene così recitato. Papa Bergoglio ha spiegato che la decisione è inerente ad una sorta di fraintendimento causato dalla preghiera, nella quale sembra che sia Dio stesso a indurre in tentazione, a invitare all’errore. Una questione complessa perché evoca il mai sopito interrogativo filosofico dell’origine del male, simbolizzato dal diavolo, del suo rapporto con l’onnipotenza divina e con la teodicea, cioè la relazione che intercorre tra la giustizia divina e il peccato originale che si traduce nel male nel corso della storia umana. A favore di entrambe le visioni c’è il fatto che secondo i credenti, le parole veicolate hanno uno specifico effetto, un potere sonoro e interiore che si manifesta al momento in cui vengono proferite con una certa concentrazione e disposizione d’animo.
La questione solleva anche l’interrogativo della liceità dei mutamenti che stanno avvenendo nella Chiesa, voluti da un pontefice progressista e popolare come Francesco a differenza di un conservatore come Ratzinger, i quali si sono già trovati in disaccordo sul celibato dei sacerdoti ma anche su altre questioni squisitamente dottrinali e teoriche. D’altronde il “dottore della Grazia”, Agostino d’Ippona, aveva magistralmente spiegato quanto la “Città di Dio” resti intraducibile nel linguaggio umano, nel mondo terreno, nel potere temporale.