Vergine Giurata
Regia di Laura Bispuri, Premio Firebird Award all’Hong Kong International film
Il bianco copre il fango e la nebbia nasconde gli occhi tristi di donne invisibili. Una madre vittima di una follia senza tempo, guarda sua figlia per l’ultima volta. La neve tutto intorno fa da cornice ad un mondo sospeso e chiuso da muri invalicabili. Un padre simbolo dell’orgoglio di un popolo, imbraccia fiero il fucile e sorride.
“Giuro. Nessuna mano mi sfiorerà. Come Iddio mi ha creato la vita mi conserverà. Giuro la mia verginità eterna”.
Un rumore sordo rompe il silenzio tra le montagne albanesi: uno sparo avverte che quella casa ora ha un figlio maschio.
Vergine giurata alza il sipario su uno spettacolo con infinite repliche, di attrici pronte a recitare tutta una vita. Una pellicola dura fatta di immagini taglienti e profonde, silenziosa e grigia.
Hana diventa Mark nel teatro dell’assurdo, reprimendo i suoi istinti e la sua femminilità, per sempre ladra di una vita che mai le apparterrà davvero. Mortificante e deprimente credere che un taglio di capelli e un nome da uomo possano rappresentare la massima aspirazione o l’unica soluzione per un vita migliore.
Siamo di fronte ad una forma di schiavitù moderna e non è possibile parlare di “scelta” o di “opportunità”. E’ tragico e svilente cancellare la propria natura per disperazione, ed è umiliante soprattutto. Anima sommersa e sensualità segreta: giurare di non amare e giurare quindi di non essere.
Una battaglia per la conquista del potere, quando forza e virilità sono in realtà fittizie, falsi amici in una prigione quotidiana di false aspettative. Tutto quello per cui vale la pena imporsi o combattere viene annullato dalla possibilità di uniformarsi e di omologarsi, sacrificando non solo se stessi ma anche concetti e valori più profondi, che influenzeranno le generazioni future.
Terre lontane di un’Albania nascosta come metropoli illuminate: identica necessità di sentirsi liberi di non essere per forza qualcosa.