Via Cassia, vigilante arrestato per omicidio: il quartiere si divide tra rabbia e solidarietà
L’arresto del vigilante ha scatenato un’ondata di indignazione nel quartiere, dove commercianti e residenti esprimono solidarietà nei suoi confronti

Un silenzio pesante avvolge il condominio di via Cassia 1004. Qui, pochi giorni fa, Antonio Micarelli, 54 anni, guardia giurata, ha sparato e ucciso Antonio Ciurciumel, un giovane ladro colto in flagrante mentre tentava un furto in un appartamento. L’arresto del vigilante ha scatenato un’ondata di indignazione nel quartiere, dove commercianti e residenti esprimono solidarietà nei suoi confronti, mentre una minoranza più riflessiva invita alla cautela e alla fiducia nella giustizia.
“Che errore hanno fatto i magistrati”
La notizia dell’arresto ha scosso profondamente la comunità. Tra i primi a manifestare il proprio sdegno, una vicina di casa di Micarelli, in lacrime davanti al portone del palazzo: “Mi dispiace, Antonio è una brava persona. Lo hanno arrestato? Che errore hanno fatto i magistrati”. Le sue parole sono il riflesso di un sentimento diffuso tra i residenti, che da tempo denunciano un’escalation di furti nella zona.
Lo stesso sdegno traspare tra i commercianti della Cassia, in particolare tra chi ha già subito rapine. “Il ladro, mi domando, chi lo ha invitato quel giorno? Nessuno. Se ne doveva restare a casa sua e non sarebbe successo nulla” tuona la proprietaria di una tabaccheria, che in passato ha vissuto sulla propria pelle la paura di essere derubata. Un barista della zona, residente da anni nel quartiere, rincara la dose: “Invece di sbattere in prigione ladri e violentatori, mettono dentro il vigilante. In che mondo siamo?”.
Giustizia o autodifesa? Il dibattito si accende
L’arresto di Micarelli divide l’opinione pubblica: è giusto che chi spara a un ladro venga arrestato? La questione è spinosa e va oltre il semplice evento di cronaca, toccando il nodo dell’autodifesa e del diritto alla sicurezza.
Secondo la ricostruzione della Procura, Micarelli avrebbe esploso il colpo mortale quando il rapinatore non rappresentava più una minaccia diretta. Un dettaglio che fa però la differenza tra legittima difesa e eccesso colposo. Tuttavia, per molti residenti il problema è un altro: la crescente sensazione di insicurezza e la percezione che la giustizia italiana non tuteli a sufficienza le vittime di reati predatori.
I precedenti: quando la difesa si trasforma in omicidio
Il caso di Micarelli non è il primo episodio che solleva un dibattito acceso sulla legittima difesa. Nel 2019, a Monterotondo, un gioielliere sparò e uccise un rapinatore che stava fuggendo con il bottino: il caso fu archiviato come legittima difesa putativa. Diversa la sorte di Fredy Pacini, commerciante di Arezzo che nel 2018 uccise un ladro entrato nel suo capannone: per lui l’inchiesta si concluse con un proscioglimento.
Ma non sempre la giustizia ha avuto lo stesso esito. Nel 2020 a Vaprio d’Adda, Mario Cattaneo, ristoratore, uccise un ladro che si era introdotto nel suo locale: fu condannato per eccesso colposo di legittima difesa. Anche a Roma, nel quartiere Cinecittà, nel 2017 un portiere di condominio esplose un colpo contro un giovane che stava tentando un furto, venendo poi condannato per omicidio volontario.
Il futuro di Micarelli e il ruolo della giustizia
Ora spetta alla magistratura stabilire se Antonio Micarelli abbia agito per legittima difesa o se abbia ecceduto nella sua reazione. La vicenda, intanto, ha riacceso il dibattito sulla sicurezza e sulla percezione della giustizia nel tessuto urbano romano, dove i cittadini si sentono sempre più esposti e vulnerabili.
Nel quartiere, intanto, il tempo sembra essersi fermato. Le serrande dell’appartamento dove è avvenuta la tragedia restano abbassate, il tappetino davanti alla porta d’ingresso è rimasto immobile. Ma le domande, quelle no. Quelle restano aperte.