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Vogliamo i satelliti? C’è solo lo Starlink di Musk

Se nel prossimo futuro l’Italia vuole appoggiarsi a una rete satellitare di vaste dimensioni le opzioni sono… una sola: Starlink di Elon Musk

Elon Musk

Elon Musk (© Trevor Cokley - U.S. Air Force / Wikimedia Commons)

Cominciamo dai dati. Che non saranno tutto ma dai quali certo non si può prescindere, se si vuole ragionare sulla realtà.

I dati dicono questo: i satelliti operativi di Starlink, il sistema di cui è proprietaria la Space X di Elon Musk, sono già adesso 6.176 e arriveranno, quando lo sviluppo sarà a pieno regime, a ben 35 mila.

Di contro Oneweb, che è nata come azienda britannica ma è passata nelle mani della francese Eutelsat, ne conta solo 627. Mentre il progetto Iris², che aspira a essere un’alternativa tutta europea e che infatti verrà finanziata in misura prevalente proprio dalla UE, ha in progetto di lanciarne appena 290. Con l’aggravante, decisiva, che per ora si tratta appunto di un progetto, che avrebbe dovuto partire nel 2027 ma il cui avvio è scivolato al 2030.

Insomma: il quadro è chiarissimo e porta alla conclusione, elementare, che abbiamo sintetizzato nel titolo. Se nel prossimo futuro l’Italia vuole appoggiarsi a una rete satellitare di vaste dimensioni le opzioni sono… una sola. Che si identifica nella persona, e nella personalità, di Elon Musk.

Questo vulcanico super miliardario che invece di accontentarsi delle sue immense ricchezze, compiacendosi della propria abilità nel fare soldi a palate e degli innumerevoli lussi che si potrebbe concedere, nutre l’ambizione di incidere massicciamente sui processi sociali in corso. Assumendo una posizione sempre più attiva ed esplicita, come nel caso dell’appoggio assicurato a Donald Trump nella recentissima sfida per il ritorno del tycoon newyorkese alla Casa Bianca.

Oops: i capitali dominano il mondo

La contropartita, a quanto pare, sarà un incarico specifico nella nascente nuova amministrazione USA. A meno che l’antica ostilità di Steve Bannon non riesca a mettergli il bastone tra le ruote e a bloccare la nomina.

L’aspetto davvero cruciale, però, è un altro. È il sodalizio strategico tra due figure di enorme rilievo: il presidente della principale superpotenza planetaria e l’uomo più ricco del mondo.

Il potere politico del primo che si salda a quello economico del secondo. In una vicinanza, in una commistione, che in America e altrove non sono affatto inedite ma che diventano più che mai evidenti.

È un intreccio patologico e pieno di rischi? Non c’è dubbio.

Ma chi lo scopre solo adesso dovrebbe dire perché. Non era abbastanza acuto? O viceversa faceva finta di nulla?

Brutta figura con poca spesa

Sbraitare, che passione.

Lo fa innanzitutto Elly Schlein: «Se 1,5 miliardi di soldi degli italiani per portare i satelliti del miliardario americano nel nostro Paese è il prezzo che dobbiamo pagare per la sua amicizia noi non ci stiamo, l’Italia non si svende».

I punti esclamativi non ci sono, perlomeno nel virgolettato di Repubblica, ma è facile immaginarseli: noi non ci stiamo! L’Italia non si svende!

Gli altri “leader” dell’opposizione seguono a ruota.

Matteo Renzi se la cava in formato sms: «se Musk vuole i soldi dei contribuenti italiani, Meloni deve spiegare perché, come e quando».

Carlo Calenda aggiunge uno o due mestoli di brodo: «Trovo estremamente pericoloso siglare contratti con Starlink mettendo pezzi della nostra sicurezza in mano a un pazzo sempre più fuori controllo, che si intromette puntualmente e violentemente nelle questioni europee di politica interna».

Giuseppe Conte, da buon avvocato, si lancia nella requisitoria e paventa i supremi pericoli: «Si tratta di questioni della massima rilevanza, tutela delle nostre aziende, protezione dei dati personali, della privacy, della identità personale, cybersicurezza. E tante altre questioni che coinvolgono direttamente la qualità dei nostri processi democratici. Tutto questo non può essere deciso sulla base di rapporti personali tra la nostra premier e uno degli aspiranti padroni del mondo».

Voilà. La malattia endemica della politica – della cattiva politica – ha colpito ancora: al posto delle analisi, il comizietto. Anziché fare i conti con le situazioni effettive e individuare le relative responsabilità, a cominciare dai motivi per cui noi i nostri governanti di Bruxelles sono così in ritardo su aspetti tanto importanti, si preferisce il repertorio di routine. L’intimazione low cost (“Meloni venga a riferire in aula”) e l’arringa altisonante appesa al nulla (“non svendiamo l’Italia”, “la qualità dei processi democratici” e via cianciando).

Tolti i paraocchi…

Una ricognizione lucida arriva invece dal sito difesaonline.it.

Molto chiaro fin dal titolo (Starlink: se non esistono alternative, ben venga Musk. È sicurezza nazionale non “amichettismo”) l’articolo centra l’aspetto fondamentale.

“La questione è oggettiva: le Forze Armate italiane hanno una priorità – anche perché il quadro dottrinario di riferimento, quello delle operazioni multidominio, per essere efficacemente trasposto dalla teoria alla prassi ha nella connettività efficace, diffusa e sicura uno dei pilastri – ed è che non possono attendere l’evoluzione del progetto europeo (a guida francese) Iris2, che sarà operativo dal 2030”.

La chiave di volta, dunque, è il divario che si è venuto a determinare in quest’ambito. Stante che prima di cinque anni è esclusa l’attivazione di una rete europea, le scelte a disposizione non sono chissà quante: o si rimane inerti, confidando che le tensioni internazionali non sfocino in conflitti aperti nei quali l’Italia sia risucchiata con un impegno diretto, oppure intanto ci si appoggia alla rete di Elon Musk.

Pensare a un futuro migliore e più autonomo dagli USA è del tutto legittimo e persino augurabile. Ma la precondizione è che ci si lavori sul serio e in modo ben più assiduo e tempestivo di quanto si sia fatto finora.

Gerardo Valentini – presidente Movimento Cantiere Italia