Voto sul Mes, rebus M5S: i grillini salveranno la poltrona o la faccia?
Domani si vota in Senato la riforma del Fondo salva-Stati, e il Governo torna a rischio. Conte teme le trappole di Renzi, e Mattarella agita lo spauracchio delle elezioni anticipate
Alla vigilia dell’attesissimo e temutissimo voto sul Mes, il rebus M5S continua ad agitare i sonni del Governo e della maggioranza. I pentastellati sono infatti alle prese con l’ennesimo psicodramma, stretti tra le ragioni della coerenza e quelle della realpolitik, che alla fine dovrebbero comunque prevalere. Portando il MoVimento ad ammainare un’altra bandiera, sacrificando ancora una volta i propri ideali sull’altare del “tengo famiglia”.
Verso il voto sul Mes
È mercoledì 9 dicembre la data cerchiata di rosso sul calendario. Domani, infatti, il Senato si esprimerà sulle euro-modifiche al Fondo salva-Stati, in un crescendo di tensione che riguarda soprattutto i Cinque Stelle e Italia Viva.
Tutto nasce dalla lettera di 58 parlamentari 5S che annunciavano il loro no nell’imminente voto sul Mes. Atto seguito poi dalla stroncatura del garante Beppe Grillo, che ha liquidato il Meccanismo Europeo di Stabilità come «inadatto» e «inutile».
Così facendo, peraltro, l’Elevato ha smentito seccamente quell’ala “governista” rappresentata sia dall’ex capo politico Luigi Di Maio che dall’attuale reggente Vito Crimi. I quali erano – e sono tuttora – in pressing su coloro che sono stati definiti ribelli, dissidenti, frondisti (e perfino minacciati di espulsione). E la cui unica colpa, a ben vedere, è non voler derogare ai princìpi, a costo di una crisi di Governo.
Di bombe, del resto, ne stanno cadendo a bizzeffe, praticamente tutte targate Pd. A partire dal segretario Nicola Zingaretti, secondo cui «non dobbiamo tirare a campare». Un avvertimento è arrivato anche dal capodelegazione Dario Franceschini. «Quando il quadro è troppo fragile basta un incidente parlamentare per far crollare tutto ». Ancora più esplicito è stato il capogruppo alla Camera Graziano Delrio. «Le alleanze si fanno per raggiungere degli obiettivi» ha scandito, aggiungendo che «l’europeismo per noi è irrinunciabile».
Anche dal Colle, poi, è giunto un monito. Se l’esecutivo dovesse cadere su un tema fondante di politica estera ed economica, per il Capo dello Stato Sergio Mattarella l’unica strada sarebbero le elezioni anticipate.
Eppure, il bi-Premier Giuseppe Conte ha spavaldamente affermato che «non temo il voto sul Mes». Anche se a Palazzo Madama i numeri sono sempre ballerini, e la moral suasion demo-grillina potrebbe non bastare.
Le mosse di Renzi
Voci di corridoio danno comunque il Signor Frattanto inquieto, malgrado le rodomontate. A preoccuparlo, però, sarebbero – forse paradossalmente, o forse no – le mosse del suo predecessore Matteo Renzi.
L’ex Rottamatore, già irritato con Giuseppi per le questioni del (non) rimpasto e della task force per il Recovery Fund, nei giorni scorsi era stato sibillino. Dicendosi certo che il voto sul Mes non riserverà sorprese ma, in caso contrario, «è naturale che Conte si dovrebbe dimettere».
In realtà, quello dell’altro Matteo è un rovesciamento di prospettiva. Il fu Avvocato del popolo, infatti, non ha mai fatto del salva-Stati una questione di vita o di morte. Perciò, nell’eventualità prospettata, quello che sarebbe veramente naturale è che Iv togliesse l’appoggio alla maggioranza rosso-gialla, decretando così la fine del Conte-bis. Ma il Nostro si ispira a Niccolò Machiavelli, e un regicidio – o meglio, un conticidio esplicito non sarebbe nel suo stile.
Piuttosto, nello staff del leguleio volturarese si sussurra con apprensione che il senatore fiorentino potrebbe «inventarsi qualche trappola parlamentare». Per esempio, facendo inserire nella risoluzione di maggioranza una formula che farebbe esplodere tutte le contraddizioni in seno al M5S. Tipo la richiesta di ricorrere immediatamente ai 37 miliardi del Mes pandemico. Che, è bene precisarlo, non c’entra niente con la riforma su cui il Parlamento si accinge a esprimersi. La quale riguarda il Meccanismo Europeo di Stabilità in quanto organizzazione internazionale, non come strumento anti-crisi.
Strumento di cui, oltretutto, non v’è alcuna necessità – e a certificarlo è stato nientemeno che il Ministero dell’Economia e delle Finanze. Che ha recentemente annullato le aste per i titoli di Stato a medio-lungo termine «in considerazione dell’ampia disponibilità di cassa e delle ridotte esigenze di finanziamento».
Voto sul Mes, le incognite
Il percorso parlamentare, dunque, resta ricco di insidie, che pure, verosimilmente, alla fine verranno superate. Gli onorevoli appartenenti alla forza politica che ha promosso il Reddito di cittadinanza, infatti, non sembrano così ansiosi di beneficiarne.
È per questo che i riflettori sono puntati soprattutto sui grillini e sul loro dilemma atavico: salvare la poltrona o salvare la faccia? Considerando i precedenti, l’inquilino di Palazzo Chigi dovrebbe poter dormire sonni tranquilli. O meglio, renzianamente, può stare sereno.