Vujadin Boskov, emblema di un calcio puro e sincero
Si è spento ieri, a quasi 83 anni l’allenatore che fece esordire il sedicenne Francesco Totti
Dopo la prematura scomparsa di Tito Vilanova, compianto allenatore del Barça, avvenuta soltanto pochi giorni fa, ieri il mondo del calcio si è trovato ad affrontare un altro triste lutto: si è spento Vujadin Boskov, a quasi ottantatré anni (li avrebbe compiuti il prossimo 16 maggio, ndr), a Begec, sua città natale.
Vujadin Boskov era un calciatore ed allenatore serbo. Nel rettangolo verde, dove giocava come centrocampista, si è tolto alcune soddisfazioni, come la vittoria dell’argento olimpico nel 1952 ad Helsinki con la maglia della sua nazionale yugoslava. E’ però nel ruolo di allenatore che Boskov ha raggiunto i suoi maggiori successi: quando ha smesso di calcare i campi da gioco, nel 1962, ha iniziato ad allenare lo Young Boys di Berna e, successivamente, è approdato in Olanda, al Den Haag, squadra con cui ha vinto il suo primo trofeo, conquistando nel 1975 la coppa nazionale. Dopo aver allenato Feyenoord e Real Saragozza, nel 1979 è arrivato sulla panchina del Real Madrid, che ha allenato fino al 1982, aggiudicandosi una campionato, due Coppe di Spagna ed arrivando a disputare una finale dell’allora Coppa dei Campioni, persa però (1 a 0) contro il Liverpool. Dal 1985 Boskov si è spostato in Italia, prima all’Ascoli, con il quale ha raggiunto la promozione in serie a; in seguito a Genova, sponda blucerchiata. Non sarà mai dimenticato dai tifosi doriani, che con lui hanno avuto un periodo d’oro (dal 1986 al 1992), con la vittoria dello scudetto (1990/1991), della Supercoppa Italiana contro la Roma, di cui l’anno dopo ha occupato la panchina facendo esordire il sedicenne Francesco Totti, e due Coppe Italia. Con la Samp ha conquistato anche la sua seconda finale di Coppa Campioni, essendo però nuovamente sconfitto (dal Barça, ai rigori). Ha guidato, poi, il Napoli, prima di tornare alla Sampdoria (1997/1998), per poi spostarsi a Perugia, ultima sua tappa italiana, dove ha salvato la squadra dalla retrocessione.
Ma Boskov non è passato alla storia del calcio soltanto per gli innumerevoli traguardi raggiunti in carriera: nessuno potrà mai dimenticare l’ironia, la spontaneità e la simpatia espresse nelle infinite perle di saggezza un po’ sgrammaticate che ha regalato a tutti noi. Massime che strappavano sorrisi, esprimendo verità lapalissiane come: “Gli allenatori sono come i cantanti lirici. Sono molti e anche bravi, ma soltanto due o tre possono cantare alla scala di Milano”; “Nel calcio c'è una legge contro gli allenatori: giocatori vincono, allenatori perdono”; “Pallone entra quando Dio vuole”; “Partita finisce quando arbitro fischia”; “Squadra che vince scudetto è quella che ha fatto più punti”, resteranno per sempre nel cuore di tutti i calciofili, come emblema di un calcio puro e sincero, che ormai è solo un ricordo.